ESSERE ‘A TINA ‘E MIEZOLetteralmente: essere il tino di mezzo. Id est: essere la massima somma di quanto piú sporco, piú laido, piú lercio possa esistere. Offesa gravissima che si rivolge a persona ritenuta cosí massimamente sporca, laida e lercia (sia dal punto di vista fisico che – ancor di piú - da quello morale) da essere paragonata al grosso tino di legno posto al centro del carro per la raccolta dei liquami da usare come fertilizzanti, nel quale tino venivano versati i liquami raccolti con due tini piú piccoli posti ai lati del tino di mezzo dove veniva riposto il letame raccolto. Tale raccolta oggi pressocché desueta, era tipica dei paesi campestri napoletani.
tina sost. femm.le = tino: grande recipiente di legno a doghe che serve in primis per la pigiatura dell'uva e la fermentazione del vino; nome di recipienti di forma simile, usati per altre operazioni sia artigianali che industriali in tintoria, vasca con una parete alquanto inclinata su cui viene deposto il tessuto contemporaneamente all'immissione del bagno di tintura; l’etimo di tino è dal tardo lat. tinu(m), affine a tina 'bottiglia', di orig. greca; la voce napoletana tina è voce ricalcata sul masch. tino ed è stata resa femm.le in quanto con il femm.l, in napoletano si indicano oggetti piú grandi dei corrispondenti maschili (vedi alibi: cucchiara piú grande di cucchiaro, tammorra piú grande di tammurro etc.).
‘e miezo = di mezzo, posto al centro; l’etimo di miezo è dal lat. mediu(m) con normale dittongazione nella sillaba d’avvio.
raffaele bracale
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