mercoledì 4 febbraio 2009

varie 85

1.Taglià ‘o strunzo cu ‘o filo 'e seta
Tagliare lo sterco col filo di seta. Riferito ad una persona noiosa, pedante ed inutilmente precisa che usa metodi raffinati e/o costosi per cose di scarso valore.



2. Aje voglia ‘e mettere rumma: ‘nu strunzo
nun addiventa maje bbabbà
È inutile aggiungere rum, uno stronzo non diverrà mai un babà.
Id est: Per quanto tu tenti di edulcorarlo, uno stronzo non potrà mai diventare un dolce saporito come un babà; alla stessa stregua: per quanto lo si cerchi di migliorare, uno sciocco non potrà mai cambiare in meglio la propria natura;
aje voglia ‘e locuzione verbale, in uso anche nella lingua italiana nella valenza di insistere inutilmente in un tentativo: ài voglia a (o di) strillare, tanto non ti sente nessuno, per quanto tu possa strillare, non ti sentirà nessuno; anche ellittico: ài voglia!: è inutile;
mettere = mettere, porre, aggiungere, disporre collocare dal Lat. mittere 'mandare' e 'porre, mettere';
rumma = rum acquavite ottenuta per lo più dalla distillazione della melassa di canna da zucchero fermentata.la voce inglese rum è derivata da rum- bustious 'chiassoso, violento', con allusione al comportamento degli ubriachi bevitori della suddetta acquavita; la voce napoletana rumma è coniata su quella inglese con una tipica paragoge, ma qui di una a finale (invece della consueta e semimuta) e raddoppiamemento della m etimologica fino a formare la seconda sillaba ma della voce rumma, come altrove tramme←tram,barre←bar etc.
strunzo = stronzo, escremento solido di forma cilindrica e figuratamente persona stupida, odiosa etimologicamente dal longobardo strunz 'sterco';
addiventa =diventa voce verbale (3° pers. sing. ind. pres.) dell’infinito addiventà = divenire, venire a essere, trasformarsi in derivato dal lat. volg. ad+ *deventare, forma rafforzata (vedi prep. ad) di quella intensiva deventare del lat. devenire = divenire; da notare la particolarità che la voce verbale a margine (indicativo presente) è resa in italiano con il futuro, tempo che – quantunque esistente nelle coniugazioni dei verbi napoletani – è pochissimo usato, preferendogli un presente in funzione futura o altrove costruzioni del tipo aggi’ ‘a = devo da;
maje = mai, in nessun tempo, in nessun caso derivato dal latino mag(is)= piú con caduta della g intervocalica sostituita da una j e con paragoge della semimuta finale ;
babbà = babà tipico dolce partenopeo (pare importato a Napoli, sotto il regno di Ferdinando I di Borbone da pasticcieri francesi (chiamati a Napoli da Maria Carolina e richiesti a sua sorella Maria Antonietta)che l’avevano mutuato da dolcieri polacchi) di pasta soffice e lievitata, intrisa di uno sciroppo al rum. La voce è dal fr. baba, che è dal polacco baba '(donna vecchia').
3. Vene meno dint' ê cuseture
Viene meno(id est: cede, si allenta) nelle cuciture. Modo di dire usato per mettere alla berlina chi cura più l’apparire che l’essere; è riferito infatti ad una persona che si presenti apparentemente molto bene ma che dimostri poca consistenza e contenuto (tal, quale un bel
vestito, ma di scarsa qualità che appena indossato corre il rischio di scucirsi).
Cuseture s.vo f.le pl. di cusetura= cucitura, l'insieme dei punti che tengono unite le parti cucite; il luogo stesso dove passa la cucitura; quanto all’etimo è un deverbale di cósere= cucire dal lat volg. *cósere per il class. consuere;
la voce a margine non va confusa con l’omofona ed omografa cuseture s.vo m.le pl. metafonetico di cusetóre = cucitore, colui che cuce; che è per l’etimo anche esso un deverbale del lat volg. *cósere per il class. consuere.


Raffaele Bracale

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