martedì 3 marzo 2009

‘NZUVARATO, ‘NZUARATO

‘NZUVARATO, ‘NZUARATO
Le voci in epigrafe sono morfologicamente due forme leggermente diverse di un unico part. passato del verbo ‘nzuvarà/’nzuarà = allappare, allegare i denti (riferito a della frutta( e su tutta rammenterò il cachi) che non avendo raggiunto la dovuta maturità, risulti alla masticazione aspro e legnoso tale appunto da allappare, allegare i denti; da notare che stranamente le voci in epigrafe pur essendo un participio passato, si traducono come se si trattasse di un participio presente per cui ‘nzuvarato, ‘nzuarato si rendono non con allappato, allegato ma con allappante, allegante i denti, mentre in senso traslato valgono che rende trascurabile cosa che semanticamente si spiega con il fatto che un frutto non maturo poco si presta ad esser gustato rendendosi cosí quasi inavvertibile, trascurabile da parte di chi evita di mangiarne .
E passiamo alla questione morfologica ed etimologica.
Comincerò col dire che due dei piú consultati calepini della lingua napoletana ( il D’Ascoli e l’ Altamura) stranamente (che si siano copiati pedissequamente l’un, l’altro?...) accanto alle corrette voci in epigrafe, elencano uno scorretto e – reputo - inesistente infinito ‘nzuvarí/‘nzuarí donde deriverebbero (che pretese!) nzuvarato, ‘nzuarato laddove chi appena appena mastichi di lingua napoletana può cogliere l’incongruenza di voler ottenere un participio passato in ato da un verbo della terza coniugazione in ire che al massimo avrebbe potuto generare nzuvarito, ‘nzuarito, non certamente nzuvarato, ‘nzuarato che son figli dell’infinito ‘nzuvarà/‘nzuarà della 1° coniugazione.
Quanto all’etimologia una comune corrente di pensiero cui peraltro aderiscono sia il D’Ascoli che l’amico prof. Carlo Iandolo, parla di una derivazione dal lat.in (illativo) + suber = sughero, arzigogolando che un sughero addendato produca sui denti e tutta la bocca una sensazione spiacevole, tal quale quella che produce un frutto non maturo se addentato. Mi spiace per l’amico Iandolo, ma la strada semantica che propone mi pare impervia e perciò non percorribile (chi o perché mai dovrebbe addentare (per assaporarlo) un sughero?); reputo che sia piú corretto e semanticamente vicino al vero pensare per ‘nzuvarà/‘nzuarà, una derivazione dal lat.in (illativo) + una lettura metatetica di sorbum = sorbo il cui frutto sorba raccolta ancòra acerba è messa a maturare su di un letto di paglia e qualora questo frutto venga addentato prima della dovuta maturazione risulta (questo sí!) allappante ed allegante denti e bocca. Ò comunicato, per le vie brevi, all’amico Iandolo questa mia ipotesi e l’à riconosciuta piú corretta e semanticamente vicina al vero di quella sposata da lui e dal D’Ascoli.
Un ultima precisazione; mi si chiede quale delle due voci in epigrafe sia la piú corretta; dirò che nel linguaggio popolare sono usatissime ambedue, epperò la prima: ‘nzuvarato la si ritrova maggiormente nello scritto e mi appare quella morfologicamente piú rispondente all’etimo (sia pure con la tipica alternanza partenopea b/v) , laddove la seconda: ‘nzuarato è dell’àmbito del parlato con sincope della v ritenuta pleonastica e retaggio forse di un’antica epentesi eufonica.
raffaele bracale

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