sabato 5 settembre 2015
varie 15/594
1 CARUSO, MELLUSO, MIETTE 'A CAPA ‘INT' Ô PERTUSO, E PPO VÈNE 'O SCARRAFONE E TTE ROSECA 'O MELLONE...
Filastrocca quasi intraducibile ad litteram, ma che si può rendere opportunamente con:”Pelato, tosato poni la testa nel buco e poi arriva una blatta che ti rode la testa calva”. Con tale filastrocca, recitata con tono canzonatorio, a Napoli un tempo si soleva prendere in giro i ragazzi che - per igiene - portavano la testa completamente rapata; li si insolentiva preconizzando per loro che avrebbero avuto la testa rosicchiata da uno scarafaggio.Per il vero in origine la filastrocca era usata per insolentire non solo i ragazzi, ma soprattutto quegli adulti che in preda a furiose emicranie si radevano completamente il capo e lo introducevano auspicandone una miracolosa guarigione, in un foro esistente sul muro di cinta della chiesa di S. Aspreno al Porto, nota anche come chiesa di Sant'Aspreno ai Tintori,antico luogo di culto di Napoli; l'edificio è situato nei pressi del porto, in via Sant'Aspreno, a fianco del Palazzo della Borsa nel luogo dove esisteva una grotta che la tradizione volle dimora del santo vescovo; prima dell'VIII secolo venne realizzata la chiesa che successivamente, nel XVII secolo, fu restaurata su commissione del mercante Salvatore Perrella per grazie ricevute; nel 1895 fu ulteriormente rimaneggiata e inglobata nel Palazzo della Borsa.Tornando alla filastrocca c’è da notare che, essendo il foro presente sul muro di cinta della chiesa (ubicata in una zona insalubre) molto umido, era ricettacolo di blatte,insetti notoriamente avidi di liquidi e non era improbabile che qualche scarafaggio assalisse il cranio rapato di chi l’introduceva nel foro.
Linguisticamente parlando faccio notare che i termini d’attacco della filastrocca: caruso, melluso altro non sono che giocosi sinonimi e valgono ambedue “testa rapata”: caruso è un s.vo. m.le deverbale di carusà= rapare; trattasi di voce etimologicamente da collegarsi al verbo greco kéirō = tosare verbo in cui è ravvisabile la radice kar presente in kara= testa;
melluso è un s.vo. m.le adattamento, per cambio di desinenza, di comodo (per rimare con caruso e con pertuso) di un originario mell-one→mell-uso che 1 in primis vale cocomero, anguria; 2 per traslato testa calva, testa rapata; voce dall’acc.vo tardo lat. melone(m) con raddoppiamento espressivo della consonante laterale alveolare (L).
scarrafone s.vo. m.le = 1 in primis scarafaggio, blatta; 2per traslato individuo brutto, repellente; voce da un acc.vo lat. scarabaeu-m + un suff. accrescitivo one , raddoppiamento espressivo della consonante liquida vibrante (R) ed esito d’influsso osco di ba in fa (cfr. runfà←rhombus, scrofola←scrobula-m).
2QUANNO 'O PARENTE CORRE, 'O VICINO È GGIÀ CURRUTO.
Ad litterram: quando il parente accorre, il vicino lo à già fatto. Id est: bisogna aspettarsi maggior aiuto da un vicino che da un parente, che viene a prestarti aiuto meno sollecitamente di un vicino: questo - almeno - accade in Campania dove esiste ancora la cultura del buon vicinato; per la restante parte d'Italia non so, né mi pare sia dato sapere...
3 'O FIGLIO MUTO 'A MAMMA 'O 'NTENNE.
Il figlio muto lo comprende la madre. Nell’espressione si afferma [pur senza alcuna reale prova...] che nessuno, se non la di lei madre,che l’à generata e quindi la conosce bene, sia in grado di comprendere ciò di cui à bisogno una persona che non si sappia esprimere.
4'O PUORCO FÈTE 'A VIVO, MA ADDORA QUANNO È MMUORTO, LL'OMMO ADDORA 'A VIVO E FFÈTE 'A MUORTO, 'A FEMMENA FÈTE VIVA O MORTA.
Ad litteram: il maiale puzza da vivo, ma odora da morto(quando è ben cucinato), l'uomo odora da vivo e puzza da morto, la donna - invece puzza sia da viva che da morta; id est: la donna è comunque unessere da evitare, essendo l'unico essere inaffidabile e, figurativamente, maleodorante sia da vivo che da morto.
5 SI 'E CCORNE FOSSENO PURTUALLE, 'A CAPA TOJA FÓSSE PALERMO.
Ad litteram: Se le corna fossero arance, la tua testa(che ne è molto fornita) sarebbe la città di Palermo.Icastica e colorita offesa con la quale a Napoli si suole rammentare a taluno i continui tradimenti operati dalla di lui consorte, al segno che qualora le corna fossero arance, la testa del malcapitato cui è diretta l'offesa, sarebbe la città di Palermo, zona in cui si producono estesamente saporitissime e grosse arance.
6 'O PUORCO PULITO NUN SE 'NGRASSA MAJE
Ad litteram: un porco pulito non si ingrassa mai. Id est:Chi si comporta in maniera netta e scevra di colpe, non otterrà mai grandi risultati nella propria vita, dove -invece- per poter primeggiare - occorre spesso commetter nefandezze, come accade per il maiale che solo se vive rotolandosi nella melma del porcile, prospera e s'ingrassa.
7'O CUONCIO ACCONCIA.
Ad litteram: il condimento aggiusta. Id est: basta un buon condimento per migliorare le pietanze meno appetitose. Per traslato: ogni cosa diviene bene accetta se è presentata bene o agghindata con grazia.
8 CHI TENE 'E MMANE 'MPASTA, NUN METTE 'E DDETE 'NCULO Â GALLINA.
Ad litteram: chi sta impastando, non mette le dita nel sedere della gallina. Il proverbio non adombra una norma igienico - sanitaria, ma vuol significare che chi sta nel mondo degli affari deve tener sempre nascoste le proprie mosse per non appalesare ai concorrenti quali sono le sue intenzioni prossime; non deve comportarsi cioè come la contadina che - tastando il sedere alle galline per accertarsi della presenza dell'uovo - dà ingenuamente a vedere a tutti ciò che le sta per accadere.
9 'O CAVALLO ZUOPPO E 'O CIUCCIO VIECCHIO, MORONO Â CASA D''O FESSO.
Ad litteram: il cavallo zoppo e l'asino vecchio muoiono in casa dello sciocco. Id est: dello sciocco ognuno si approfitta; nella fattispecie allo sciocco vengono venduti il cavallo azzoppato e l'asino vecchio ormai inadatti al lavoro.
10 L L'AMICO È COMME Ô 'MBRELLO: QUANNE CHIOVE NUN 'O TRUOVE MAJE.
Ad litteram: l'amico è come l'ombrello; quando piove non lo trovi mai; id est:l'amico - che nei momenti di bisogno dovrebbe essere il primo a soccorrerti-, accade che, proprio allora sparisce e non si fa trovare...
11 'A TONACA NUN FA 'O MONACO, 'A CHIERECA NUN FA 'O PREVETO, NÈ 'A VARVA FA 'O FILOSOFO.
Ad litteram: la tonaca non fa un monaco, la tonsura non fa un prete né la barba fa il filosofo; id est: l'apparenza può ingannare: infatti non sono sufficienti piccoli segni esteriori per decretare la vera essenza o personalità di un uomo.
12 ME PARENO 'E CCAPE D''A VECARIA.
Ad litteram: mi sembrano le teste della Vicaria. Lo si suole dire di chi è smagrito per lunga fame, al segno di averne il volto affilato e scavato quasi come le teste dei giustiziati, teste che tra il 1500 ed il 1600 venivano esposte per ammonimento infilzate su lunghe lance o esposte in gabbie metalliche e tenute per giorni e giorni all'esterno dei portoni del tribunale della Vicaria, massima corte del Reame di Napoli.
13 ARIA NETTA NN’ AVE PAURA 'E TRÒNNELE.
Ad litteram: aria pulita non teme i tuoni; infatti quando l'aria è tersa e priva di nuvole, i tuoni che si dovessero udire non sono annunzio di temporale. Per traslato: l'uomo che à la coscienza pulita non teme che possa ricevere danno dalle sue azioni, che - improntate al bene - non potranno portare conseguenze negative .
14 ASCÍ DÂ VOCCA D’’E CANE E FFERNÍ 'MMOCCA Ê LUPE
Ad litteram: uscire dalla bocca dei cani e finire in quella dei lupi.Id est: evitare la bocca dei cani e finire in quella dei lupi. Maniera un po' piú drammatica di rendere l'italiano: cader dalla padella nella brace: essere azzannati da un cane è cosa bruttissima, ma finire nella bocca molto piú vorace di un lupo, è cosa ben peggiore.
15 RROBBA 'E MANGIATORIO, NUN SE PORTA A CUNFESSORIO.
Ad litteram: faccende inerenti il cibarsi, non vanno riferite in confessione. Id est: il peccato di gola... non è da ritenersi un autentico peccato. A malgrado che la gola sia uno dei vizi capitali,per il popolo napoletano, atavicamente perseguitato dalla fame, non si riesce a comprendere come sia possibile ritener peccato lo sfamarsi anche lautamente... ed in maniera eccessiva.
16 CU LL'EVERA MOLLA, OGNEDUNO S'ANNETTA 'O CULO.
Ad litteram: con l'erba tenera, ognuno si pulisce il sedere; per traslato: chi è privo di forza morale o di carattere non è tenuto in nessuna considerazione , anzi di lui ci si approfitta, delegandogli persino i compiti piú ingrati
17 T'AMMERETAVE 'A CROCE GGIÀ 'A PARICCHIO..
Ad litteram: avresti meritato lo croce già da parecchio tempo. A Napoli, la locuzione in epigrafe è sarcasticamente usata per prendersi gioco di coloro che, ottenuta la croce di cavaliere o di commendatore, montano in superbia e si gloriano eccessivamente per il traguardo raggiunto; ebbene a costoro, con la locuzione in epigrafe, si vuol rammentare che ben altra croce e già da gran tempo, avrebbero meritato intendendendo che li si ritiene malfattori, delinquenti, masnadieri tali da meritare il supplizio della crocefissione quella cui, temporibus illis, erano condannati tutti i ladroni...
18 LL'AVVOCATO À DDA ESSERE 'MBRUGLIONE.
Ad litteram: l'avvocato deve essere imbroglione. A Napoli - terra per altro di eccellentissimi principi del foro, si è convinti che un buono avvocato debba esser necessariamente un imbroglione, capace cioè di trovare argomentazioni e cavilli giuridici tali da fare assolvere anche un reo confesso o - in sede civilistica - far vincere una causa anche a chi avesse palesemente torto
19 LL'AVVOCATO FESSO È CCHILLO CA VA A LEGGERE DINT'Ô CODICE.
Ad litteram: l'avvocato sciocco è quello che compulsa il codice; id est: non è affidabile colui che davanti ad una questione invece di adoprarsi a comporla pacificamente consiglia di adire rapidamente le vie legali; ad ulteriore conferma dell'enunciato in epigrafe, altrove - nella filosofia partenopea - si suole affermare che è preferibile un cattivo accordo che una causa vinta, che - certamente - sarà stata piú dispendiosa e lungamente portata avanti rispetto all'accordo.
20 Â GGATTA CA ALLICCA 'O SPITO, NUN CE LASSÀ CARNE P'ARROSTERE.
Ad litteram: alla gatta che lecca lo spiedo, non lasciar carne da arrostire. Id est: non aver fiducia di chi ti à dato modo di capire di che cattiva pasta è fatto, come non sarebbe opportuno lasciare della carne buona per essere arrostita, a portata di zampe di un gatto che è solito leccare gli spiedi su cui la carne viene arrostita...
21 'O FRIDDO 'E BBUONE 'E SCUTULÉA, I 'E MALAMENTE S''E CARRÉA.
Ad litteram: il freddo percuote chi gode buona salute e porta via con sé chi sta male. Id est: i rigori invernali fanno comunque danno; per solito, in inverno, chi gode buona salute, finisce per ammalarsi, mentre chi è già malato corre il grave rischio di morire.
22 RUMMANÉ Â PREVETINA COMME A DON PAULINO.
Ad litteram: restare alla "prevetina" come don Paolino prete nolano(celebre, altrove, per la sua indigenza cosí grande da non permettergli l'acquisto di ceri per le funzioni religiose, che era costretto a celebrare usando i piú economici tizzoni di carboni ardenti). Id est: ridursi in gran miseria al punto di possedere solo una prevetina, moneta che valeva appena 13 grana, ossia molto poco, e che prendeva questo nome perché con la "prevetina" moneta del valore appunto di 13 grana ci si pagava la celebrazione di una santa Messa piana. Un sacerdote che lucrasse in una giornata una sola prevetina con la quale avrebbe dovuto far fronte a tutte le esigenze quotidiane, non aveva certo di che stare allegro...
23 È MMEGLIO FÀ 'MMIDIA CA PIETÀ.
Ad litteram: è meglio essere invidiati che essere oggetto di commiserazione; ed il perché è intuitivo, comportando l'invidia uno status di opulenza,tale da meritarsi l'invidia del prossimo, mentre il commiserato versa - per solito - in pessime condizioni.
24 'NU STRUNZO CA CADETTE A MMARE, VEDENNO 'NU PURTUALLO CA LLA GALLIGGIAVA, DICETTE: SIMMO TUTTE PURTUALLE!
Uno stronzo che cadde in mare, vedendo un'arancia che ivi galleggiava, easclamò: siamo tutti arance! A Napoli si suole ripetere questo proverbio per sarcasticamente canzonare e commentare le azioni di tutti gli sciocchi, i supponenti e gli stupidi che pretendono di farsi considerare per ciò che non sono...
25 Ô RICCO LLE MORE 'A MUGLIERA, Ô PEZZENTE LLE MORE 'O CIUCCIO.
Ad litteram: al ricco viene a mancare la moglie, al povero, l'asino... Id est:Il povero è sempre quello piú bersagliato dalla mala sorte: infatti al povero viene a mancare l'asino che era la fonte del suo sostentamento, mentre al ricco viene a mancare la moglie, colei che gli dilapidava il patrimonio; morta la moglie il ricco non à da temere rivolgimenti di fortuna, mentre il povero che à perso l'asino sarà sempre piú in miseria.
26 SI COMME TIENE 'A VOCCA, TENISSE 'O CULO, FACÍSSE CIENTO PÉRETE E NUN TE N'ADDUNASSE.
Ad litteram: se come tieni la bocca, avessi il sedere faresti cento peti e non te n'accorgeresti; il proverbio è usato per bollare l'eccessiva verbosità di taluni, specie di chi è logorroico e parla a vanvera, senza alcun costrutto, di chi - come si dice - apre la bocca per prendere aria, non per esprimere concetti sensati.
27 SI 'ARENA È RROSSA, NUN CE METTERE NASSE.
Ad litteram: se la sabbia(il fondale del mare) è rossa, non mettervi le nasse(perché sarebbe inutile!) Id est: Se il fondale marino è rosso - magari per la presenza di corallo, non provare a pescare, ché non prenderesti nulla. Per traslato il proverbio significa che se un uomo o una donna ànno inclinazioni cattive, è inutile tentare di crear con loro un qualsiasi rapporto: non si otterrebbero buoni risultati.
28 SI 'A TAVERNARA È BBONA, 'O CUNTO È SSEMPE CARO.
Ad litteram: se l'ostessa è procace, il conto risulterà sempre salato. Lo si dice a mo' d'ammonimento a tutti coloro che si ostinano a frequentare donne lascive e procaci, che per il sol fatto di mostrar le loro grazie pretendono di esser remunerate in maniera eccessiva...
29 NUN TE DÀ MALINCUNÌA, NÈ PPE MMALU TIEMPO, NÈ PPE MMALA SIGNURÍA.
Ad litteram: non preoccuparti nè per cattivo tempo, nè per pessimi governanti. Id est: sia il cattivo tempo, che i governanti cattivi prima o poi cambiano o spariscono per cui non te ne devi preoccupare eccessivamente fino a prenderne malinconia...
30.È 'NA BBELLA JURNATA E NNISCIUNO SE 'MPENNE.
Ad litteram: È una bella giornata e nessuno viene impiccato.Con la frase in epigrafe, un tempo erano soliti lamentarsi i commercianti che aprivano bottega a Napoli nei pressi di piazza Mercato dove erano innalzate le forche per le esecuzioni capitali; i commercianti si dolevano che in presenza di una bella giornata non ci fossero esecuzioni cosa che, richiamando gran pubblico, poteva far aumentare il numero dei possibili clienti. Oggi la locuzione viene usata quando si voglia significare che ci si trova in una situazione a cui mancano purtroppo le necessarie premesse per il conseguimento di un risultato positivo.
31. 'E MEGLIO AFFARE SO' CCHILLE CA NUN SE FANNO.
Ad litteram: i migliori affari sono quelli che non vengono portati a compimento; siccome gli affari - in ispecie quelli grossi - comportano una aleatorietà, spesso pericolosa, è piú conveniente non principiarne o non portarne a compimento alcuno.
32. QUANNO 'E FIGLIE FÒTTENO, 'E PATE SO' FFUTTUTE.
Ad litteram: quando i figli copulano, i padri restano buggerati Id est: quando i figli conducono una vita dissoluta e perciò dispendiosa, i padri ne sopportano le conseguenze o ne portano il peso; va da sé che con la parola fòtteno (voce verbale 3ª p. pl. ind. pres. dell’infinito fóttere dal lat. futúere)non si deve intendere il semplice, naturale, atto sessuale, ma piú chiaramente quello compiuto a pagamento per divertimento o vizio; il medesimo atto compiuto nell’àmbito del rapporto coniugale esula da quanto affermato in epigrafe.
33. PRIMMA T'AGGI''A 'MPARÀ E PPO T'AGGI''A PERDERE....
Ad litteram: prima devo insegnarti(il mestiere) e poi devo perderti. Cosí son soliti lamentarsi, dolendosene, gli artigiani partenopei davanti ad un fatto incontrovertibile: prima devono impegnarsi per insegnare il mestiere agli apprendisti, e poi devono sopportare il fatto che costoro, diventati provetti, lasciano la bottega dove ànno imparato il mestiere e si mettono in proprio, magari facendo concorrenza al vecchio maestro.
34.'NA MELA VERMENOSA NE 'NFRACETA 'NU MUNTONE
Basta una sola mela marcia per render marce tutte quelle con cui sia a contatto. Id est: in una cerchia di persone, basta che ve ne sia una sola cattiva, sleale, di indole malvagia o peggiore, per rovinare tutti gli altri.
35. CHELLA CA LL'AÍZA 'NA VOTA, LL'AÍZA SEMPE.
Ad litteram: quella che la solleva una volta, la solleverà sempre. Id est: una donna che, per darsi, tiri su le gonne una volta, le tirerà su sempre; piú estesamente: chi commette una cattiva azione, la ripeterà per sempre; non bisogna mai principiare a delinquere, o a comportarsi male altrimenti si corre il rischio di farlo sempre.
36. CHELLA CAMMISA CA NUN VO' STÀ CU TTE, PIGLIALA E STRÀCCIALA!
Ad litteram: quella camicia che non vuole star con te, strappala! Id est: allontana, anche violentemente, da te chi non accetta la tua amicizia o la tua vicinanza.
37. Â SERA SO' BASTIMIENTE, Â MATINA SO' VARCHETELLE.
Ad litteram: a sera sono grosse navi, di mattina piccole barche.Con il mutare delle ore del giorno, mutano le prospettive o le proporzioni delle cose; cosí quegli accadimenti che di sera sembrano insormontabili problemi, passata la notte, alla luce del giorno, si rivelano per piccoli insignificanti intoppi.
38. O CHESTO, O CHESTE!
Ad litteram: o questo, o queste.La locuzione viene profferita, a Napoli quando si voglia schernire qualcuno con riferimento alla sua ottima posizione economica-finanziaria; alle parole devono essere accompagnati però precisi gesti: e cioè: pronunciando la parola chesto bisogna far sfarfallare le dita tese delle mano destra con moto rotatorio principiando dal dito mignolo e terminando col pollice nel gesto significante il rubare; pronunciando la parola cheste bisogna agitare la mano destra atteggiandola a mo' di corna,(tenendo cioè tesi e distesi indice e mignolo e serrate contro il palmo le altre dita) per significare complessivamente che le fortune di chi è preso in giro sono state procurate o con il furto o con le disonorevoli azioni della di lui moglie, figlia, o sorella, inclini a farsi possedere per danaro.
39.CU 'O FURASTIERO, 'A FRUSTA E CCU 'O PAISANO 'ARRUSTO.
Ad litteram: con il forestiero occorre usare la frusta (per scacciarlo)mentre con il compaesano bisogna servirlo di adeguato sostentamento, proverbio che viene di lontano ed è attualissimo, quantunque proverbio un po’ strano per la filosofia comportamentale del popolo napoletano,abituato da sempre ad accogliere chicchessia e per solito ligio ai precetti divini del soccorso e dell’aiuto fraterno anche verso gli stranieri.
Furastiero s.vo ed agg.vo m.le= che, chi proviene da un altro paese; voce che è dal fr. ant. forestier, deriv. del lat. foris 'fuori';
paisano s.vo ed agg.vo m.le =1 abitante di paese (talora con sfumatura spreg.)
2 e qui compaesano; voce derivata del sost. paese (che a sua volta è dal lat. *pagensis agg.vo, der. di pagus «villaggio») con l’aggiunta del suff. di appartenenza aneus→ano.
40. A LLUME 'E CANNELA SPEDOCCHIAME 'O PETTENALE.
Ad litteram: a lume di candela, spidocchiami il pettinale (id est: monte di Venere). Il proverbio è usato per prendersi giuoco o sarcasticamente redarguire chi, per ignavia, rimanda alle ore notturne ciò che potrebbe fare piú agevolmente e proficuamente alla luce diurna.
pettenale s.m. = monte di Venere, pube, pettignone dal lat. pectinale(m).
41.CHI TÈNE MALI CCEREVELLE, À DA TENÉ BBONI CCOSCE.
Ad litteram: chi à cattiva testa, deve avere buone gambe. Id est: chi è incline a delinquere, deve avere buone gambe per potersi sottrarre con la fuga al castigo che dovesse seguire al delitto.Inteso in senso meno grave il proverbio significa che chi dimentica di operare alcunché deve sopperirvi con buone gambe per recarsi a pigliare o a fare ciò che si è dimenticato di fare o prendere.
42.QUANNO 'E MULINARE FANNO A PPONIE, STRIGNE 'E SACCHE.
Ad litteram: quando litigano gli addetti al mulino, conviene stringere le bocche dei sacchi. Id est: non conviene lasciarsi coinvolgere nelle altrui lotte, altrimenti si finisce per rimetterci del proprio.
43.MEGLIO MAGNÀ POCO E SPISSO CA FÀ UNU MUORZO.
Ad litteram: meglio mangiar poco e spesso che consumar tutto in un solo boccone. Contrariamente a quel che si possa pensare, il proverbio non è una norma statuita da qualche scuola medica che consigli di alimentarsi parcamente senza dar fondo alle vettovaglie; è invece un consiglio epicureo che spinge a piluccare, (per estendere al massimo - nel tempo -il piacere della tavola), piuttosto che esaurirlo in pochissimo spazio di tempo.
44.TRE SONGO 'E CCOSE CA STRUDONO 'NA CASA: ZEPPOLE, PANE CAUDO E MACCARUNE.
Ad litteram:Tre sono le cose che mandano alla rovina una casa: focaccine dolci, pane caldo, maccheroni. Da sempre a Napoli, le spese per l'alimentazione ànno costituito un grosso problema; il proverbio in epigrafe elenca quali furono una volta gli alimenti molto cari, che producevano grossi problemi alle vuote tasche dei napoletani; essi alimenti erano: le focaccine dolci, molto appetite dai golosi, il pane caldo cioè fresco che veniva consumato in quantità maggiore di quello raffermo, ed i famosi maccheroni che all'epoca costavano molto piú della verdura; oggi tutto costa di piú, per cui è difficile fare un elenco delle cose che posson mandare in malora l'economia di una casa.
45.ADDÓ HÊ FATTO 'O PALUMMARO? DINTO Â VASCA D''E CAPITUNE?!
Ad litteram: dove ài imparato a fare il sommozzatore? Nella tinozza dei capitoni?!La frase è usata sarcasticamente quando ci si voglia prender giuoco di qualcuno che si atteggi a baldanzoso esperto di qualcosa di cui in realtà non à esperienza, come di un operaio subacqueo che, in luogo delle profondità marine, manichette o pompe idrovore abbia avuto rapporti con la sola acqua contenuta nelle tinozze dove vengono messi le anguille o i piú grossi capitoni.
Palummaro s.vo m.le = Chi fa il mestiere di scendere sott’acqua, completamente immerso, per compiere una determinata operazione; voce napoletana, voce poi pervenuta nell’italiano come palombaro, usata come ò detto per indicare chi esegue lavori sott'acqua (pesca, ricerche, ricuperi ecc.) munito di scafandro; è voce che deriva per metafora da un lat. tardo *palumbariu(m) 'sparviero', perché chi fa tale mestiere, immergendosi richiama l'immagine dello sparviero che cali sulla preda.
46. 'A VIPERA CA MUZZECAJE A CCHELLA MURETTE 'E TUOSSECO.
Ad litteram: la vipera che morsicò quella donna, perí di veleno; per significare che persino la vipera che è solita avvelenare con i suoi morsi le persone, dovette cedere e soccombere davanti alla cattiveria e alla perversione di una donna molto piú pericolosa di essa vipera.
47. E SSEMPE CARULINA, E SSEMPE CARULINA...
Ad litteram Sempre Carolina... sempre Carolina Id est: a consumare sempre la stessa pietanza, ci si stufa. La frase in epigrafe veniva pronunciata dal re Ferdinando I Borbone Napoli quando volesse giustificarsi delle frequenti scappatelle fatte a tutto danno di sua moglie Maria Carolina d'Austria, che - però, si dice - lo ripagava con la medesima moneta; per traslato la locuzione è usata a mo' di giustificazione, in tutte le occasioni in cui qualcuno abbia svicolato dalla consueta strada o condotta di vita, per evidente scocciatura di far sempre le medesime cose.
48.TRE COSE STANNO MALE A 'STU MUNNO: N'AUCIELLO 'MMANO A 'NU PICCERILLO, 'NU FIASCO 'MMANO A 'NU TERISCO, 'NA ZITA 'MMANO A 'NU VIECCHIO.
Ad litteram: tre cose sono sbagliate nel mondo: un uccello nelle mani di un bambino, un fiasco in mano ad un tedesco e una giovane donna in mano ad un vecchio; in effetti l'esperienza dimostra che i bambini sono, sia pure involontariamente, crudeli e finirebbero per ammazzare l'uccellino che gli fosse stato affidato,il tedesco, notoriamente crapulone, finirebbe per ubriacarsi ed il vecchio, per definizione lussurioso, finirebbe per nuocere ad una giovane donna che egli possedesse.
49.UOVO 'E N'ORA, PANE 'E 'NU JUORNO, VINO 'E N'ANNO E GGUAGLIONA 'E VINT'ANNE.
Ad litteram: uovo di un'ora, pane di un giorno, vino di un anno, e ragazza di vent'anni. Questa è la ricetta di una vita sana e contenutamente epicurea. Ad essa non devono mancare uova freschissime, pane riposato per lo meno un giorno, quando pur mantenendo la sua fragranza à avuto tempo di rilasciare tutta l'umidità dovuta alla cottura, vino giovane che è il piú dolce e il meno alcoolico, ed una ragazza ancora nel fior degli anni,capace di concedere tutte le sue grazie ancora intatte.
50.A CCHI PIACE LU SPITO, NUN PIACE LA SPATA.
Ad litteram: a chi piace lo spiedo, non piace la spada. Id est: chi ama le riunioni conviviali(adombrate - nel proverbio - dal termine "spito" cioè spiedo), tenute intorno ad un desco imbandito, è di spirito ed indole pacifici, per cui rifugge dalla guerra (la spata cioè spada del proverbio).
51.ADDÓ NUN MIETTE LL'ACO, NCE MIETTE 'A CAPA.
Ad litteram: dove non metti l'ago, ci metterai il capo.Id est: occorre porre subito riparo anche ai piccoli danni, ché - se lasciati a se stessi - possono ingigantirsi al punto di dare gran nocumento; come un piccolo buco su di un abito, se non riparato in fretta può diventare cosí grande da lasciar passare il capo, cosí un qualsiasi piccolo e fugace danno va riparato subito, prima che ingrandendosi, non produca effetti irreparabili.
52. ZITTO CHI SAPE 'O JUOCO!
Ad litteram: zitto chi conosce il giuoco! Id est: faccia silenzio chi è a conoscenza del trucco o dell'imbroglio. Con la frase in epigrafe olim si solevano raccomandare ai monelli spettatori dei loro giochi, i prestigitatori di strada, affinché non rivelassero il trucco compromettendo la buona riuscita del giuoco da cui dipendeva una piú o meno congrua raccolta di moneta.La locuzione fu in origine sulla bocca dei saltimbanchi che si esibivano a nelle strade adiacenti la piazza Mercato e/o Ferrovia, nel bel mezzo di una cerchia di monelli e/o adulti perdigiorno che non potendosi permettere il pur esiguo costo di un biglietto per accedere ai teatrini zonali ed assistervi a gli spettacoli, si accontentavano di quelli fatti in istrada da girovaghi saltimbanchi che si esibivano su palcoscenici di fortuna ottenuti poggiando delle assi di legno su quattro o piú botti vuote. Spesso tali spettatori abituali, per il fatto stesso di aver visto e rivisto i giochi fatti da quei saltimbanchi/ prestigitatori di strada avevano capito o carpito il trucco che sottostava ai giochi ed allora i saltimbanchi/ prestigitatori che si esibivano con la locuzione zitto chi sape 'o juoco! invitavano ad una sorta di omertà gli astanti affinché non svelassero ciò che sapevano o avevano carpito facendo perdere l’interesse per il gioco in esecuzione, vanificando la rappresentazione e compromettendo la chétta, la raccolta di monete operata tra gli spettatori, raccolta che costituiva la magra ricompensa per lo spettacolo dato. Per traslato cosí, con la medesima espressione son soliti raccomandarsi tutti coloro che temendo che qualcuno possa svelare imprudentemente taciti accordi, quando non occultati trucchi, chiedono a tutti un generale, complice silenzio.Rammento infine a completamento dell’illustrazione della locuzione un’altra espressione che accompagnava quella in esame: ‘a fora ‘o singo! e cioè: Fuori dal segno! Che era quello che tracciato con un pezzo di gesso rappresentava il limite invalicabile che gli spettatori non dovevano oltrepassare accostandosi troppo al palcoscenico, cosa che se fosse avvenuta poteva consentire ai contravventori di osservare piú da presso le manovre dei saltimbanchi/ prestigitatori, scoprendo trucchi e manovre sottesi ai giochi, con tutte le conseguenze già détte.
53.VUÓ CAMPÀ LIBBERO E VVIATO? MEGLIO SULO CA MALE ACCUMPAGNATO.
Ad litteram: vuoi vivere libero e beato? Meglio solo che male accompagnato. Il proverbio in epigrafe, in fondo rende l'adagio latino: beata solitudo, oh sola beatitudo!
54.QUANNO 'NA FEMMENA S'ACCONCIA 'O QUARTO 'E COPPA, VO' AFFITTÀ CHILLO 'E SOTTO.
Ad litteram: quando una donna cura eccessivamente il suo aspetto esteriore, magari esponendo le grazie di cui è portatrice, lo fa nella speranza di trovar partito sotto forma o di marito o di uno che le soddisfi le voglie sessuali.
55.LL'UOCCHIE SO' FFATTE PE GGUARDÀ, MA 'E MMANE PE TTUCCÀ.
Ad litteram: gli occhi sono fatti per guardare, ma le mani (son fatte) per toccare. Con questo proverbio, a Napoli, sogliono difendere (quasi a mo' di giustificazione) il proprio operato, quelli che - giovani o vecchi che siano - sogliono azzardare palpeggiamenti delle rotondità femminili.
56. ZAPPA 'E FEMMENA E SURCO 'E VACCA, MALA CHELLA TERRA CA L'ANCAPPA.
Ad litteram:Povera quella terra che sopporta una zappatura operata da una donna ed un solco prodotto dal lavoro di una mucca(invece che di un bue).Proverbio marcatamente maschilista, nato in ambito contadino, nel quale è adombrata la convinzione che il lavoro femmineo, non produce buoni frutti e sia anzi deleterio per la terra.
57.'AMICE E VVINO ÀNNO 'A ESSERE VIECCHIE!
Ad litteram: gli amici ed il vino (per essere veramente buoni) devono essere di antica data.
58.'A MEGLIA VITA È CCHELLA D''E VACCARE PECCHÉ, TUTTA 'A JURNATA, MANEJANO ZIZZE E DENARE.
Ad litteram: la vita migliore è quella degli allevatori di bovini perché trascorrono l'intera giornata palpando mammelle (per la mungitura delle vacche)e contando il denaro (guadagnato con la vendita dei prodotti caseari); per traslato: la vita migliore è quella che si trascorre tra donne e danaro.
Brak
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