sabato 3 dicembre 2016

BABÀ NAPOLETANO

BABÀ NAPOLETANO NOTA Il babà, come è universalmente conosciuto, è un dolce soffice e cedevole monoporzione di forma tronco-conica sormontata da un gonfio cappello, dolce soffice e cedevole principe, accanto alla sfogliatella ed alla mitica pastiera, della cucina partenopea. Esso dolce pur essendo originario della Polonia pervenne a Napoli (divenendo uno dei dolci piú graditi della pasticceria partenopea) attraverso i cuochi francesi (i famosissimi monzú[voce corruttiva del fr. monsieur]) chiamati a Napoli dalla regina Maria Carolina d’Asburgo (sorella della notissima Maria Antonietta, quella che finí i suoi giorni ghigliottinata con il consorte Luigi XVI al tempo (1793 rispettivamente 21/1 il re e 16/10 la regina) della rivoluzione francese) in occasione delle proprie nozze ( 7 aprile 1768) con Ferdinando IV Borbone – Napoli. Il dolce deve il suo nome alla morbidezza e cedevolezza dell’impasto atto alla malferma dentatura delle persone anziane;baba in lingua polacca vale:nonna,donna vecchia; quando poi il baba polacco, al seguito del re Stanislao Leszczinski, (che qualcuno vuole ne sia stato casualmente l’inventore)re di Polonia dal 1704 al 1735, giunse in Francia dapprima a Luneville e di lí a Parigi alla pasticceria Sthorer, dove tutti lo conobbero ed apprezzarono, esso vide il suo nome pronunciato alla francese con la a finale accentata babà e tale fu anche a Napoli (che anzi ne raddoppiò espressivamente la seconda esplosiva labiale e babà diventò babbà e preceduto dall’articolo addirittura ‘o bbabbà); nella città partenopea , come ò détto, prese stabile dimora per il tramite dei monzú francesi (cuochi di corte); anzi a Napoli vide raddoppiata b intervocalica diventando babbà e fu dolce tanto amato ed apprezzato da pervenire in talune locuzioni napoletane; Cito,ad es. : Sî ‘nu bbabbà! (Sei un babà) détto di persona (uomo) d’indole buona e mansueta fino alla prona accondiscenza, mentre riferito ad una donna Sî ‘nu bbabbà vale Sei tanto bella e buona (che meriteresti d’esser mangiata, come un babà!). Rammento altresí che soprattutto nell’ icastico parlato della città bassa la voce bbabbà è usata quale traslato furbesco e giocoso per indicare il pene, il membro virile con riferimento semantico alla forma del dolce monoporzione. Esiste poi una diverte espressione partenopea che recita: Aje voglia ‘e mettere rumma: ‘nu strunzo nun addiventa maje bbabbà Puoi irrorarlo con quanto rhum tu voglia, uno stronzo non diverrà mai un babà. Id est: Per quanto tu tenti di edulcorarlo, uno stronzo non potrà mai diventare un dolce saporito come un babà; alla stessa stregua: per quanto lo si cerchi di migliorare uno sciocco non potrà mai cambiare in meglio la propria natura. Veniamo alla ricetta: 1)Versione normale per la pasta 500 g farina americana (manitoba), 50 g zucchero, 150 g burro ammorbidito a temperatura ambiente, oppure 1 etto di strutto, sale fino – un cucchiaino da caffè, 8 uova, 2 panetti di lievito di birra. 2)Versione con l’uvetta 500 g farina americana (manitoba), 50 g zucchero, 150 g burro ammorbidito a temperatura ambiente, oppure 1 etto di strutto, sale fino – un cucchiaino da caffè, 8 uova, 150 gr. di uvetta ammollata nella bagna calda e poi strizzata, 2 panetti di lievito di birra. per la bagna 2 litri di acqua 600 g di zucchero 1 buccia intera di limone non trattato, rum q.s. Procedimento Mettere nella ciotola girevole dell’ impastatrice la farina, lo zucchero, il burro a pezzettini o lo strutto, il sale ed il lievito sbriciolato. Avviare le fruste e miscelare il tutto. Aggiungere le uova ad uno ad uno ( e solo quando il precedente sia stato ben assorbito). La pasta dovrà risultare elastica e rimanere attaccata alle fruste. Per ottenere ciò è importante la quantità di uova: evitare di sceglierle troppo grandi; se lo fossero mettere i primi sette, sempre uno alla volta, ed eventualmente aggiungerne solo metà dell’ultimo. Impastare con le fruste fino a che la pasta non salga sulle fruste sino a ricoprirne quasi le astine e non risulti gommosa. Nella versione con l’uvetta, a questo punto aggiungere all’impasto le uvette ammollate nella bagna calda, strizzate e leggermente infarinate e continuare l’impastatura per alcuni minuti. Per verificare che la pasta sia cresciuta a dovere, prendere un pizzichino di pasta tra l'indice e il pollice ed allargare le dita: se risulta elastica e quasi gommosa è pronta. Far crescere la pasta nella ciotola stessa sino a che non raggiunga il bordo. Trasferire in un unico stampo con buco centrale imburrato (o in piú stampi piccoli ed a tronco di cono) e far crescere di nuovo fino a raggiungere i bordi del/déi contenitore/i. Infornare in forno caldo a 180°C per circa 20 minuti. Preparare la bagna: Scaldare l'acqua, lo zucchero, la buccia di limone ed il rum (la quantità dipenderà dai gusti) fino a far sciogliere lo zucchero. Eliminare la buccia del limone. Mettere il babà su una grata (va bene quella del forno) e poggiarla su una teglia o un recipiente abbastanza grande. Praticare dei fori con uno stuzzicadenti sulla superfice superiore del babà (quella piú lucida) e cominciare a bagnare usando un mestolo. Girare il babà e continuare a bagnare piú volte. Quando il bagno termina recuperarlo dalla teglia su cui poggia la grata (serve a questo), eventualmente riscaldarlo nuovamente e continuare a bagnare il babà. Lasciare poi gocciolare il babà sulla grata per qualche ora. Servire le fettine di babà aggiungendo ancora altro liquido (che sarà stato messo a parte) se necessario o gradito.Qualora si siano usati piccoli stampi tronco-conici da 7 cm. di altezza (in ognuno dei quali andrà messa pasta per 35 o 50 grammi) i babà risultanti potranno esser bagnati immergendoli rapidamente per intero nel bagno e recuperandoli con una schiumarola. Il babà può essere indifferentemente accompagnato da liquori dolci (rosolî) o secchi (cognac e/o brandy) Mangia Napoli: bbona salute! Raffaele Bracale

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