1
-ZITTO CHI SAPE 'O JUOCO!
Ad
litteram: zitto chi conosce il giuoco! Id est: faccia silenzio chi è a
conoscenza del trucco o dell'imbroglio. Con la frase in epigrafe olim si
solevano raccomandare ai monelli spettatori dei loro giochi, i prestigitatori di
strada, affinché non rivelassero il trucco compromettendo la buona riuscita del
giuoco da cui dipendeva una piú o meno congrua raccolta di moneta.
2
- VUÓ CAMPÀ LIBBERO E BBIATO: MEGLIO SULO CA MALE ACCUMPAGNATO.
Ad
litteram: vuoi vivere libero e beato: meglio solo che male accompagnato Il
proverbio in epigrafe, in fondo traduce l'adagio latino: beata solitudo, oh
sola beatitudo.
3
-QUANNO 'NA FEMMENA S'ACCONCIA 'O QUARTO 'E COPPA, VO' AFFITTÀ CHILLO 'E SOTTO.
Ad
litteram: quando una donna cura eccessivamente il suo aspetto esteriore, magari
esponendo le grazie di cui è portatrice, lo fa nella speranza di trovar partito
sotto forma o di marito o di uno che soddisfi le sue voglie sessuali.
4
- LL'UOCCHIE SO' FFATTE PE GUARDÀ, MA 'E MMANE PE TTUCCÀ.
Ad
litteram: gli occhi sono fatti per guardare, ma le mani (son fatte) per
toccare. Con questo proverbio, a Napoli, sogliono difendere (quasi a mo' di
giustificazione) il proprio operato, quelli che - giovani o vecchi che siano -
sogliono azzardare palpeggiamenti delle rotondità femminili.
5
- ZAPPA 'E FEMMENA E SSURCO 'E VACCA, MALA CHELLA TERRA CA L'ANCAPPA.
Ad
litteram:Povera quella terra che sopporta una zappatura operata da una donna ed
un solco prodotto dal lavoro di una mucca(invece che di un bue).Proverbio
marcatamente maschilista, nato in ambito contadino, nel quale è adombrata la
convinzione che il lavoro femmineo, non produce buoni frutti e sia anzi
deleterio per la terra.
6
- 'AMICE E VVINO ÀNNO 'A ESSERE VIECCHIE!
Ad
litteram: gli amici ed il vino (per essere buoni) devono essere di antica data.
7-
'A MEGLIA VITA È CCHELLA D''E VACCARE PECCHÉ, TUTTA 'A JURNATA, MANEJANO ZIZZE
E DDENARE.
Ad
litteram: la vita migliore è quella degli allevatori di bovini perché
trascorrono l'intera giornata palpando mammelle (per la mungitura delle
vacche)e contando il denaro (guadagnato con la vendita dei prodotti caseari);
per traslato: la vita migliore è quella che si trascorre tra donne e danaro.
8 -'O PATATERNO ADDÓ VEDE 'A CULATA, LLA SPANNE 'O SOLE
Ad
litteram: il Padreterno dove vede un bucato sciorinato, lí invia il sole. Id
est: la bontà e la provvidenza del Cielo sono sempre presenti là dove occorre.
9-'O
GALANTOMMO APPEZZENTÚTO, ADDEVENTA 'NU CHIAVECO.
Ad
litteram: il galantumo che va in miseria, diventa un essere spregevole. In
effetti la disincantata osservazione della realtà dimostra che chi perde onori
e gloria, diventa il peggior degli uomini giacché si lascia vincere dall'astio
e dal livore verso coloro che il suo precedente status gli consentiva di tenere
sottomessi e che nella nuova situazione possono permettersi di alzare la testa
e contrattare alla pari con lui.
10
- 'E FRAVECATURE, CACANO 'NU POCO PE PPARTE E NNUN PULEZZANO MAJE A NNISCIUNU
PIZZO.
Ad
litteram: i muratori defecano un po' per parte, ma non nettano nessun luogo che
hanno imbrattato. Il proverbio, oltre che nel suo significato letterale è usato
a Napoli per condannare l'operato di chi inizia ad occuparsi di cento faccende,
ma non ne porta a compimento nessuna, lasciando ovunque le tracce del proprio passaggio.
11
-'E VRUOCCOLE SO' BBUONE DINT’Ô LIETTO.
Letteralmente:
i broccoli sono buoni nel letto. Per intendere il significato del proverbio
bisogna rammentare che a Napoli con la parola vruoccole si intendono sia la
tipica verdura che per secoli i napoletani mangiarono,tanto da esser ricordati
come "mangiafoglie", sia le moine, le carezze che gli innamorati son
soliti scambiarsi specie nell'intimità; il proverbio sembra ripudiare ormai la
verdura per apprezzare solo i vezzi degli innamorati.
12
-STATTE BBUONO Ê SANTE: È ZUMPATA 'A VACCA 'NCUOLLO Ô VOJO!
Letteralmente:
buonanotte!la vacca ha montato il bue. Id est: Accidenti: il mondo sta andando
alla rovescia e non v'è rimedio: ci troviamo davanti a situazioni cosí
contrarie alla norma che è impossibile raddrizzare.
13
-QUANNO 'O VINO È DDOCE, SE FA CCHIÚ FORTE ‘ACÌTO.
Letteralmente:
quando il vino è dolce si muta in un aceto piú forte, piú aspro.Id est: quando una persona è d'indole
buona e remissiva e paziente, nel momento che dovesse inalberarsi, diventerebbe
così cattiva, dura ed impaziente da produrre su i terzi effetti devastanti.
14-
'O DULORE È DDE CHI 'O SENTE, NO 'E CHI PASSA E TTÈNE MENTE.
Letteralmente:
il dolore è di chi lo avverte, non di coloro che assistono alle manifestazioni
del dolente.Id est:per aver esatta contezza di un quid qualsiasi - in ispecie
di un dolore - occorre riferirsi a chi prova sulla propria pelle quel dolore,
non riferirsi al parere, spesso gratuito e non supportato da alcuna pratica
esperienza, degli astanti che - per solito - o si limitano ad una fugace
commiserazione del dolente , o - peggio! - affermano che chi si duole lo fa
esagerando le ragioni del proprio dolere.
15
- 'O FATTO D''E QUATTE SURDE.
Letteralmente:
il racconto dei quattro sordi. Il raccontino che qui di seguito si narra,
adombra il dramma della incomunicabilità e la locuzione in epigrafe viene
pronunciata a Napoli a sapido commento in una situazione nella quale non ci si
riesca a capire alla stregua di quei quattro sordi che viaggiatori del medesimo
treno, giunti ad una stazione, così dialogarono: Il primo: Scusate simmo
arrivate a Napule? (Scusate, siamo giunti a Napoli?) Il secondo: Nonzignore,
cca è Napule!(Nossignore, qua è Napoli!) Il terzo: I' me penzavo ca stevamo a
Napule (Io credevo che stessimo a Napoli). Il quarto concluse: Maje pe cumanno,
quanno stammo a Napule, m'avvisate? (Per cortesia, quando saremo a Napoli, mi
terrete informato?).
16
-A 'NU CETRANGOLO SPREMMUTO, CHIAVECE 'NU CAUCIO 'NCOPPA.
Schiaccia
con una pedata una melarancia premuta.Id est: il danno e la beffa; la locuzione
cattivissima nel suo enunciato, consiglia di calpestare un frutto già spremuto;
ossia bisogna vilipendere e ridurre a mal partito chi sia già vilipeso e
sfruttato, per modo che costui non abbia né la forza, nè il tempo di
risollevarsi e riprendersi.Il tristo consiglio è dato nel convincimento che se
si lascia ad uno sfruttato la maniera o l'occasione di riprendersi, costui si
vendicherà in maniera violenta e allora sarà impossibile contrastarlo; per cui
conviene infeierire e non dar quartiere, addirittura ponendoselo sotto i tacchi
come un frutto spremuto ed inutile ormai.
17
-CHI VA PE CCHISTI MARE, CHISTI PISCE PIGLIA.
Letteralmente:
chi corre questi mari può pescare solo questo tipo di pesce. Id est: chi si
sofferma a compiere un tipo di operazione difficile e/o pericolosa, non può che
sopportarne le conseguenze, né può attendersi risultati diversi o migliori.
18
-AMMORE E RROGNA NUN SE PONNO ANNASCONNERE.
Amore,
tosse e scabbia non si posson celare; le manifestazioni di queste tre
situazioni sono così eclatanti che nessuno può nasconderle; per quanto ci si
ingegni in senso opposto amore, tosse e scabbia saranno sempre palesi; la
locuzione è usata sempre che si voglia alludere a situazioni non celabili.
19-
'MPÀRATE A PPARLÀ, NO A FATICÀ.
Letteralmente:
impara a parlare, non a lavorare. Amaroed ironico, ammiccante proverbio
napoletano dal quale è facile comprendere la disistima tenuta dai napoletani
per tutti coloro che non si guadagnano da vivere con un serio e duro lavoro, ma
fondono la propria esistenza sul fumo dell'eloquio, ritenuto però estremamente
utile al conseguimento di mezzi di sussistenza, molto piú dell'onesto e duro lavoro (FATICA)in fondo
la vita è dei furbi di quelli capaci di riempirti la testa di vuote chiacchiere
e di non lavorare mai vivendo ugualmente benissimo.
20-
CHI TROPPO S''O SPARAGNA, VENE 'A 'ATTA E SSE LLU MAGNA.
Letteralmente:
chi troppo risparmia,viene la gatta e lo mangia. Il proverbio- che nella
traduzione toscana assume l'aspetto di un anacoluto sta a significare che non
conviene eccedere nel risparmiare, perché spesso ciò che è stato risparmiato
viene dilapidato da un terzo profittatore che disperde o consuma tutto il messo
da parte.
21
-'A SOTTO P''E CCHIANCARELLE.
Letteralmente:
attenti ai panconcelli! Esclamazione usata a sapido commento di una narrazione
di fatti paurosi o misteriosi un po' piú
colorita del toscano: accidenti!Essa esclamazione richiama l'avviso
rivolto dagli operai che demoliscono un fabbricato affinché i passanti stiano
attenti alle accidentali cadute di panconcelli(chiancarelle)le sottili assi
trasversali di legno di castagno, assi che poste di traverso sulle travi
portanti facevano olim da supporto ai solai e alle pavimentazione delle
stanze.Al proposito a Napoli è noto l'aneddoto relativo al nobile cavaliere
settecentesco Ferdinando Sanfelice che fattosi erigere un palazzo nella zona
detta della Sanità, vi appose un'epigrafe dittante: eques Ferdinandus
Sanfelicius fecit(il cav. Ferdinando Sanfelice edificò) ed un bello spirito
partenopeo per irridere il Sanfelice paventando il crollo dello stabile,
aggiunse a lettere cubitali Levàteve 'a sotto (toglietevi di sotto! ).
22
-SPARTERSE 'A CAMMISA 'E CRISTO.
Letteralmente:
dividersi la tunica di Cristo. Così a Napoli si dice di chi, esoso al massimo,
si accanisca a fare proprie porzioni o parti di cose già di per sé esigue, come
i quattro soldati che spogliato Cristo sul Golgota , divisero in quattro parti
l'unica tunica di cui era ricoperto il Signore.
23
-ESSERE AURIO 'E CHIAZZA E TRÍBBULO 'E CASA.
Letteralmente:
aver modi cordiali in piazza e lamentarsi in casa. Cosí a Napoli si suole dire
di coloro - specialmente uomini - che in piazza si mostrano divertenti e
disposti al colloquio aperto simpatico, mentre in casa sono musoni e lamentosi
dediti al piagnisteo continuo, anche immotivato.
24
-AVENNO, PUTENNO, PAVANNO.
Letteralmente:
avendo, potendo, pagando. Strana
locuzione napoletana che si compendia in una sequela di tre gerundi e che a
tutta prima pare ellittica di verbo reggente, ma che sta a significare che un
debito contratto, ben difficilmente verrà soddisfatto essendone la
soddisfazione sottoposta a troppe condizioni ostative quali l'avere ed il
potere ed un sottinteso volere, per cui piú correttamente il terzo gerundio
della locuzione dovrebbe assumere la veste di verbo reggente di modo finito;
ossia: pagherò quando (e se) avrò i mezzi occorrenti e quando (e se) potrò.
25- AMMESÚRATE 'A PALLA!
Letteralmente:
Misúrati la palla; id est: misura preventivamente ciò che stai per fare cosí
eviterai di incorrere in grossolani errori; non fare il gradasso!: Rènditi
conto di e con chi stai contrattando o con chi ti stai misurando per non
trovarti davanti ad esiti poco convenienti per te, derivanti dalle tue errate
azioni. La locuzione originariamente - pronunciata, però, con diverso
accento ossia: Ammesuràte (misurate!)era il perentorio ordine rivolto dagli
artiglieri ai serventi ai pezzi affinché portassero proiettili di esatto
calibro adatti alle bocche da fuoco in azione.
RAFFAELE
BRACALE
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