STUPIDO E DINTORNI
Pochi giorni or sono due giovani miei nipoti avevano in
corso una loro disputa per non ricordo bene quale questioncella; nel durante il
piú grande dei due gratificò l’altro d’una serie di contumelie dandogli in
rapida successione dello scemo, stupido, cretino, imbecille, deficiente;
sentendosi vilipeso il ragazzo mi chiese di intervenire per redarguire
l’offensore, ma io non seppi dir di piú che:”Porta pazienza e consolati
pensando che ti à offeso in lingua italiana; lo avesse fatto in napoletano,
avrebbe potuto sotterrarti sotto una ben piú vasta e pesante coltre di
contumelie!”
E per tener dietro con degli esempi presi ad illustrare le
voci partenopee che traducono le cennate voci italiane;lo faccio anche adesso
qui di sèguito.
Al solito diamo prima un rapidissimo sguardo alle parole
italiane, per passare poi a quelle ben piú numerose della lingua napoletana;
scemo: chi à o denota poco senno,; sciocco ed insulso
etimologicamente deverbale dal latino ex-semare= privar della metà di qualcosa;
comp. di ex (via da) e un deriv. di símis (metà);
stupido: chi denota stupidità, scarsa intelligenza e piú
propriamente chi è proclive, anche senza motivo, a stupirsi; etimologicamente
dal lat. stupidu(m), deriv. di stupíre 'stupire';
cretino: etimologicamente dal franco-provenz. crétin, propr.
cristiano, che, usato dapprima nel significato di povero cristiano, poveraccio,
à poi assunto valore spregiativo nel senso di stupido etc.;
imbecille: che, chi à scarsa intelligenza: etimologicamente
dal latino imbecille(m): debole fisicamente o mentalmente;
deficiente: che, chi è intellettualmente e psichicamente
inferiore alla media; etimologicamente dal latino deficiente(m) part. presente
di deficere= mancare.
E veniamo al napoletano ed alle sue numerose voci che
rendono queste qui elencate:
alleccuto o alluccuto o anche locco: persona stupida, di
aspetto poco intelligente; etimologicamente dal latino alucus per
ulucus/ulluccus donde anche l’italiano allocco;
anchiòne: propriamente lo sciocco, il babbeo aduso a non
discutere, ad accettar per buona ogni cosa, ad ubbidire, il tutto in linea con
la sua etimologia che è dal latino anculus(da cui il diminutivo femm. ancilla)
= servo ;
babbano: che è lo sciocco, il gonzo e – per dirla con
Cicerone - l’uomo di nessun numero o conto; questo napoletano babbano à in
babbaleo il corrispettivo toscano e come questo, etimologicamente una radice
greca in bambaliòn dal verbo bambalein=avere l’aria attonita ed incantata;
babbio ed il suo accrescitivo, dispregiativo babbione: uomo
sciocco e di poco cervello; etimologicamente dal latino bàblus sincopato di
bàbulus=stolto;
babbuasso: indica lo scioccone, lo stupidone inveterato,
quasi dispregiativo ed accrescitivo del menzionato babbano; etimologicamente da
collegarsi (tenendo presente appunto che il suffisso asso, corrispondente al
toscano accio à valore dispregiativo) ad un latino volgare babbius< babejus
che diede anche il toscano: babbeo;
basciòscio donde anche i corrotti pachiochio/pachiochiero
indicano tutti lo sciocco, rammollito, rimbambito; non di facile lettura
l’etimologia: a bascioscio, ma piú ancora a pachiochio/pachiochiero non
dovrebbe essere estraneo lo spagnolo chocho nell’accezione di molle,vuoto, ma
non è peregrina l’idea che riporta il nostro bascioscio alla voce
baciocco/occolo sorta di strumento sonoro di legno fatto a mo’ di scodella,
dato ai fanciulli per giocarci, quale tamburello; in fondo il napoletano
bascioscio connota lo sciocco vuoto di zucca;
battilocchio che denota lo stupido che inceda quasi, con
tutte le inevitabili, dure conseguenze negative, ad occhi chiusi, anzi bendati;
originariamente il battilocchio etimologicamente dal francese: battant l’oeil
fu una cuffia da donna, ampia cuffia le cui falde ricadevano sugli occhi; in
seguito con la parola battilocchio si finí per indicare piú che la cuffia, chi
la indossasse anche se lasciandosi trasportar dalla desinenza maschile si
appioppiò all’uomo e non alla donna (che pure indossava la cennata cuffia) il
termine battilocchio;
cacchio/cacchione: è lo sciocco, lo stupido che non à
speranze di migliorare; costui viene appaiato al membro maschile inteso non
come organo veicolo della riproduzione (in tal caso non sarebbe figura né dello
sciocco, né dello stupido), ma come semplice e perciò sciocco veicolo dei
liquidi scarti renali; etimologicamente come la parola cazzo, di cui cacchio e
l’accrescitivo cacchione sono addolcimenti eufemistici, vengono – come altrove
ricordai da una voce gergale marinaresca greca akatiòn= albero della nave;
cannapierto: è lo stupido dall’aria melensa, che si guarda
intorno con lo sguardo perso e la bocca aperta; il napoletano cannapierto
stranamente, ma icasticamente piú che alla bocca fa riferimento all’organo ad
essa collegato il canale della gola espressivamente reso con il termine canna,
etimologicamente dal greco kànna originariamente kàna voce semita dall’ebraico
qaneh;
catàmmaro: è il sempliciotto, il babbeo che necessita quasi
di esser accompagnato, portato mano nella mano; infatti etimologicamente la
parola è una commistione greco/latino katà + manus = mano nella mano, come
alibi: pedecatapede = passo dopo passo (da pedes+ katà+ pedes );
chiafeo: antichissima voce, quasi desueta che indica lo
sciocco, il grullo, il melenso etimologicamente da collegarsi al greco kophòs =
babbeo, attreverso l’aggettivo kopàîos;
chionzo: voce di ampia diffussione tanto da ritrovarla nel
comune lessico nazionale, sebbene in quest’ultimo con attinenza al solo aspetto
fisico di una persona che sia bassa, grassa e tarchiata e dunque goffa; con la
medesima accezione la voce la si ritrova nel dialetto lucchese dove è:
chionso/pionso ed in quello calabrese dove è : chionzu; in napoletano la voce
attiene piú che all’aspetto fisico, a quello intellettivo, connotando il rozzo
babbeo, dall’aria attonita e distratta; etimologicamente la voce si fa risalire
unanimemente ad un longobardo klunz= goffo, rozzo;
chiochiaro/ chiochiero: voce ancora viva nell’icastico
linguaggio popolare, voce usata per indicare il melenso, sciocco babbeo di
zucca vuota, accompagnata per solito da un gesto offensivo consistente nel far
muovere velocemente ed alternativamente l’avambraccio a dritta e mancina,
tenendo la mano destra drizzata verso l’alto con le dita unite in modo che il
polpastrello del pollice , tocchi contemporaneamente tutti gli altri;
etimologicamente piú che allo spagnolo còcò =molle, vuoto, pare che debba
riferirsi al latino cochlea = conchiglia, considerata nel momento che sia
vuotata del suo frutto;non è però da scartar l’ipotesi che la parola, giacché è
usata anche per designare lo zotico villano, possa collegarsi alla voce
chiochia che è variante di ciocia (termine dall’etimo sconosciuto, di ambito
laziale usato per indicare un particolare tipo di calzatura indossata dai
contadini) alla voce chiochia unendo il tipico suffisso di competenza aro/ero
si arriva ai nostri chiochiaro/chiochiero;
ferlocco ed il suo metatico frellocco: voce in voga negli
anni d’antan ed oggi quasi desueta, voce divertente che si usò per indicare lo
sciocco citrullo che, a maggior disdoro fosse anche vanesio e privo di sostanza
in linea con l’etimologia della parola che risulta dall’unione di un latino
ferla = verga vuota con il precedente locco;
fesso: esattamente lo sciocco balordo, senza una sua
consistenza fisica e/o morale, in tutto in linea con il suo etimo dal latino
fissus part. pass. del verbo findere =spaccare, dividere;
fogliamolla: non ci si lasci ingannare dalla desinenza
femminile: la parola è un aggettivo sostantivato invariabile e lo si riferisce,
senza alcuna variazione desinenziale, sia all’uomo che alla donna: ‘nu
fogliamolla o ‘na fogliamolla nel significato di persona sciocca e neghittosa
nonché molle tal quale la tenera foglia da cui deriva ed a cui è rassomigliata
; etimologicamente dai tardo latini: folia + molle(m);
- gliògliaro: antica voce ormai desueta che un tempo fu
usata quale corruzione (ma nel medesimo significato, e medesime modalità) del
precedente chiòchiaro.
- lasagna e l’accrescitivo lasagnone nonché il composto
pappalasagne (mangialasagne): antiche voci (non dimentichiamo che con il
soprannome di lasagna il re Ferdinando II Borbone soleva appellare suo figlio
Francesco II e non perché costui – come inesattamente riportato da certa
frettolosa aneddotica pseudo-storica – fosse goloso dell’omonima pietanza,
quanto perché il re riteneva suo figlio – sia pure ingiustamente – inetto e
d’intelligenza poco pronta) con le quali si designavano anche con valenza
bonaria, il bietolone, gracile e non molto sveglio, dal carattere cedevole ed
accondiscendente, la cedevolezza che si ritrova nell’impasto di uova e farina
da cui si ricava la sfoglia per trarne lasagne etimologicamente dal greco
lagaròs = floscio, molle;
- mammalucco: ad un dipresso lo sciocco impenitente,
dall’aria frastornata, tal quale il precedente cannapierto; etimologicamente
questo mammalucco è dall’arabo mamluk = schiavo, soldato prigioniero;
- mamozio: illustrai già abbondantemente alibi la voce a
margine, intesa come designante persona (adulto e/o ragazzo) inceppata nei movimenti
o nell’espressione a mo’ di fantoccio o di pupazzo o anche di figurina mal
scolpita o incisa e piú estensivamente individuo torpidamente imbambolato tale
da apparire di duro comprendonio, e parlai della sua etimologia che risulta
essere, checché ne dicano i proff. Cortellazzo e Marcato nel loro Dizionario
dei dialetti italiani, la corruzione del nome Mavorzio da riferirsi ad una
enorme, quantunque acefala, statua del IV sec. d. C. raffigurante il nobile
puteolano FLAVIO EGNAZIO LOLLIANO QUINTO MESIO MAVORZIO, pretore urbano,
proconsole della provincia dell’ Aquila e candidato questore, statua che fu
appunto ritrovata a Pozzuoli nel corso (1704) degli scavi per l’erigenda chiesa
di san Giuseppe; l’ inesperto scultore chiamato al restauro della statua
acefala la corredò di una testa tanto piccola da risultare sproporzionata e per
giunta dall’aria melensa; i puteolani impiegarono un nonnulla per trasformare
il nome MAVORZIO in mamozio accreditandolo della stupidità suggerita dal volto
della piccola (segno di scarso contenuto di cervello) testa indegnamente
restaurata;
- mammuoccelo: che è propriamente l’uomo dall’aria melensa
ed attonita denotante mancanza di intelletto, stupidità; etimologicamente da
collegarsi come corruzione diminutiva al toscano bamboccio e dunque a bambo che
in origine indicò l’infante ed in seguito lo sciocco e lo stupido;
- messere: altra voce antica ed ormai desueta, di sapore
ironico, voce che nel significato ironico di stupido, sciocco e credulone non
si ritrova che in qualche poeta d’antan ( ad es.: E. Murolo che in una sua
gustosa canzone di cui ora mi sfugge il titolo, lo usa ironicamente appunto in
luogo di becco, affermando che una donna supera, se intende tradirlo, tutte le
pastoie approntatele dal proprio uomo, giungendo, metaforicamente, a fumarselo
e a farlo messere id est becco in quanto l’uomo è sciocco, stupido e
credulone); la voce, ò detto è ironica, pur se etimologicamente starebbe per
mio signore, mio sire risultando esser composta dal provenz.: mes=mio +sere/sire=signore;
- moscammocca: l’ignavo, lo scioccone, l’allocco tanto
irresoluto ed immoto da starsene perennemente a bocca aperta tanto da
permettere addirittura che le mosche vi passeggino dentro entrando ed uscendo
ad libitum; va da sé l’etimologia che fotografa l’atteggiamento di questo
ignavo aduso a portarsi la mosca in bocca che è l’esatta traduzione di
moscammocca (mmocca infatti è: in+bocca );
mucchione: è propriamente non il bambino, ma l’adolescente o
anche l’adulto fatto cosí sciocco, melenso, inetto tanto da non esser capace o
non avvertire la necessità di ripulirsi del moccio che gli coli dal naso;
etimologicamente da qualcuno si vorrebbe correlare la voce ad un generico
latino murcus>murcius =stolto, ma – rammentato quanto appena detto - penso
che non è o sarebbe scorretto pensare ad un deverbale del latino muccare che è
da muccus= moccio, catarro; tuttavia non è da scartare neppure l’ipotesi che
mucchione sia l’accrescitivo, dispregiativo di mucchio(che è da un latino
cumulus >muculus>muc’lus>mucchio) nel senso di uomo grosso e grasso e
dunque stolto e sciocco tenendo presente il luogo comune partenopeo per il
quale: ommo gruosso bubbelis es = l’uomo grosso è sciocco , dove il
maccheronico bubbelis è corruzione di bàblus sincopato di bàbulus=stolto;
-
- ‘ntòntero : propriamente lo stupido, il melenso ed il
perennemente frastornato; voce di tutta l’area mediterranea: la si ritrova
anche in Sicilia: ‘ntòntaro, in Sardegna: dòndaro oltre che in Portogallo e
Spagna dove è solo tonto tal quale l’italiano tonto; per tutte le voci
l’etimologia è latina: tonitus [in napoletano addizionato del suffisso atono qualitativo
“ero” che continua il lat, erium] = stordito come chi è colpito dal
tuono; cfr.il toscano attonito;
- ‘ntruglione : propriamente il bietolone dal viso
inespressivo, incapace di discernere; non bisogna dimenticare infatti che la
parola ‘ntruglione non è che l’accrescitivo di ‘ntruglio che non è il toscano
intruglio= mescolanza di sostanze diverse, ma è, gastronomicamente, l’intestino
d’agnello abbondantemente speziato e avvolto strettamente su sé stesso al segno
di non poterlo piú dipanare, cotto su braci ardenti;
- ‘nzallanuto ed il derivato zallo (caro al commediografo
Raffaele Viviani) che significano l’uno il confuso, lo stordito, l’altro lo
sciocco, il credulone in ispecie se anche innamorato di una donna di piccola
virtú;etimologicamente ambedue le voci sono da collegarsi piú che al latino
in-sanire, al greco selenizomai= esser lunatico e dunque stordito, confuso ed
inebetito;
- papurchio: è lo stolto inveterato che, a maggior disdoro,
sia anche poco prestante fisicamente; etimologicamente deriva dal latino
baburculus, diminutivo di un baburcus= stolto e melenso;
- purpetta: evidente traslato dispregiativo e non perché la
polpetta da cui purpetta non sia cibo gustoso e saporito,in ispecie se fritta e
non cotta al forno, ma, in quanto preparato con carne trita, si presta al
concorso di piú residui di tagli di carne anche non pregiati presenti sul banco
del macellaio, che intrugliandoli può conferire una preparazione anche di
scarto, come di scarto viene a dimostrarsi il soggetto gratificato della voce a
margine;
- rapesta: altro paragone dispregiativo di cui vien
gratificato l’uomo inetto e dappoco, come dappoco è la rapa (latino:
rapistrum)selvatica che lo rappresenta;
- scapucchione: epiteto per solito riferito a ragazzo dalla
testa grossa, ma ovviamente vuota, ed estensivamente all’adulto che si ostini a
restare ragazzo, non venendo a capo mai di nulla, né quanto a comprensione, né
quanto ad azioni; voce violentemente ironica ed offensiva forgiata com’è quale
accrescitivo intensivo (vedi la solita prostesi della iniziale esse, ed il suffisso
one) della parola capocchia (che è dal latino capuclum< capiclum per
capitulum diminutivo di caput) che in lingua napoletana indica però il glande
testa notoriamente poco atta al raziocinio;
- scatozza: precisamente: ignorante, babbeo, scioccone; si
tratta di una antica voce, ormai però abbondantemente desueta, nata in ambito
teatrale dove fu il nome proprio di un ridicolo personaggio goffo, sciocco,
stupido ed ignorante; uscito dall’ambito teatrale il termine trasmigrò come
aggettivo in quello letterario dei poeti partenopei secenteschi, e da esso
entrò nel linguaggio comune;
- sciabbecco: precisamente il bietolone, lo sciocco, lo
stupidone aduso a piegarsi ad ogni vento, come che mentalmente vuoto e privo
d’ogni opinione e/o cognizione; in origine lo sciabecco (dal turco sumbeki,
attraverso un arabo šumbûk) indicò un lungo e stretto naviglio, veloce, ma –
per la sua esile consistenza – facilmente preda dei venti e dei marosi;
- sciaddeo/sciardeo : esattamente lo sciocco, l’incapace
buono a nulla ; rammenterò qui che sciaddeo/sciardeo son la medesima parola:
nella seconda si è verificato il fenomeno del parlato popolare di rotacizzare
la prima d, ma la parola è la stessa; per quanto riguarda l’ etimologia di
sciaddeo escludo a priori che la si debba riferire al nome dell’apostolo Giuda
Taddeo che con sciaddeo à solo una tenua assonanza, non risultando da nessuna
sacra scrittura (vangeli – atti degli apostoli – lettere etc.) che il suddetto
Giuda Taddeo fosse uno sprovveduto o un incapace, e propendo per il verbo greco
skedao= comportarsi da sbandato e/o sprovveduto; ancora ricorderò che dal femm.
di sciardeo,cioè da sciardea si trasse il diminutivo sciardella nel significato
di donna inetta, di casalinga incapace di fare i donneschi lavori di casa con
attenzione e secondo i crismi dovuti; a Napoli è 'na sciardella la casalinga
che lavi le stoviglie, facendosele scappare di mano e rompendole, che lavi i
pavimenti con poca acqua, che spolveri superficialmente, che riponga gli abiti
in modo raffazzonato, cosí che riprendendoli uno li trovi stazzonati e gualciti
al punto di non poterli indossare, una donna insomma inetta ed inaffidabile,
una sbadata patentata.
Esiste anche un peggiorativo del termine ed è sciuazza,
peraltro addolcimento – attraverso l’epentesi di una efelchistica u – di
un’originaria sciazza (che è dal latino ex-apta=inadatta)inteso troppo duro o
volgare;
- sciamegna/sciamenchia: e cioè lo sciocco, il grullo,
l’allocco; la parola, con un arzigogolo mentale, trasferisce una probabile
deficienza corporale ad una ben piú grave deficienza mentale: etimologicamente
infatti la parola deriva da un (mo)scia + megna o(mo)scia + menchia dove
megna/menchia stanno ovviavente per minchia (che è dal latino méncla
collaterale di mèntula diminutivo di menta = membro maschile) nella pretesa che
un uomo impossibilitato o incapace di avere un’erezione debba esser uno
sciocco, uno stupido o un allocco;
- scialabbacchione: di per sé il balbuziente che come
incapace di farsi capire, è conseguentemente stupido e sciocco; etimologicamente
la parola è un deverbale del latino ex-alapare = balbettare;
- sciosciammocca: come altrove, anche questo sciocco,
credulone, facilmente circuibile, nasce come personaggio del teatro popolare
partenopeo ed agí in numerose piéces comiche fino a quando il famosissimo
commediografo Eduardo Scarpetta (Napoli 1853 -1925, padre naturale dei fratelli
De Filippo: Eduardo, Titina e Peppino)non se ne impossessò, facendone una sua
creazione, rendendolo protagonista – col nome di Felice o Feliciello Sciosciammocca
- di innumerevoli pocàde, molte delle quali tratte da originali francesi; dal
teatro poi il nome sciosciammocca, diventato aggettivo dilagò nel parlato
partenopeo; preciso qui che la parola sciosciammocca sebbene abbia ad un
dipresso il medesimo significato della precedente moscammocca, non va confusa
con essa in quanto la precedente fa riferimento a qualcuno che per ignavia
lascia addirittura che le mosche gli passeggino in bocca, questo sciosciammocca
a margine identifica colui che per ignavia ed inettitudine avrebbe bisogno di
chi gli soffiasse in bocca per raffredare i bocconi troppo caldi che avesse
ingurgitato;
- smocco ed il suo accrescitivo smuccone connotano il
medesimo individuo sciocco, melenso, inetto di cui al precedente mucchione al
quale vanno riferiti come intensivi, intensività rappresentata dalla solita
prostesi della esse;
- stucchione/strucchione: propriamente il perticone, lo
spilungone inteso come vuoto di mente o – per l’eccessiva altezza –
perennemente con la testa nelle nuvole e quindi svagato e stupido;
etimologicamente stucchione/strucchione provengono al napoletano, attraverso
uno spagnolo estuche da un antico provenzale estug = canna secca e perciò
vuota;
- tòtaro che sta per tòtano: originariamente un mollusco
della specie dei calamari; il fatto che sia un mollusco à fatto pensare ad una
sorta di mollezza caratteriale dell’uomo gratificato del termine tòtaro
(etimologicamente da un greco teythís attraverso un latino tòtilus con normale
cambio delle liquide l>r), quantunque di per sé il tòtano non sia sempre
vuoto (come invece lo stupido cui si appaia) ed anzi venga quasi sempre
preparato abbonbantemente imbottito (‘o totaro ‘mbuttunato) rammenterò a
margine che con la parola tòtaro, nel comune parlato napoletano, con altra
valenza, si indica pure il membro maschile eretto, al segno che nella smorfia
napoletana al numero 67 è codificato: ‘o tòtaro dint’ â chitarra a significare
il coito in atto;
- turzo: per significare lo sciocco, lo stupido
completamente inutile, anzi da scartare tal quale il torsolo (per solito poco
edibile) di ortaggi o torsolo di altro; in napoletano infatti ‘o turzo non è
solo il torsolo di cavolfiore o broccolo, ma si ànno anche: ‘o turzo ‘e bbotta:
il residuo di un fuoco d’artificio combusto, e ancòra ‘o turzo ‘e penniello:
ciò che resta di un pennello da barba lungamente usato, perciò logoro ed
inutile; tutti questi turzi sono inutilizzabili, da buttar via e – per traslato
– stupidi, sciocchi etc. etimologicamente turzo è dal latino tursus = stelo,
gambo;
- zimeo: siamo giunti alla fine della nostra elencazione e
ci imbattiamo in una parola che serve ad indicare il finto tonto colui che in
perfetta malafede, fa ‘o francese o se veste ‘a fesso facendo le viste di non
capire o di non comprendere per esimersi dal compiere qualcosa cui invece (o
per dovere o graziosità) sarebbe tenuto; per cui piú che con uno sciocco si à a
che fare con un ignobile furbastro; etimologicamente zimeo risulta essere una
popolaresca contrazione d’un zio (zi’) (Bartolo)meo personaggio non meglio
identificato, ma ricordato nel comune popolare come un avaro aduso a non
addivenire mai a richieste di danaro, trincerandosi dietro la scusa di non aver
capito. Raffaele Bracale
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