Cameriera, serva e dintorni.
 In lingua italiana un tempo si usò  il nome di cameriera;   (ora non succede   piú sostituita  com’è stata con una sciocca espressione come:  collaboratrice familiare quasi che fossero cambiate le sue precipue occupazioni di lavoratrice dipendente) e si indicò  con  il nome di cameriera (con etimo dal provenz. camarier, che è dal lat. tardo cameraru(m) che diede dapprima il maschile cameriere poi femminilizzato in cameriera)   chi è addetta alla pulizia delle camere o serve a tavola nelle case private;piú genericamente si parla di  persona di servizio, o anche  domestica,ugualmente prende il nome di cameriera  chi è addetta agli stessi servizi in alberghi o ristoranti: cameriera di sala,: chi serve a tavola; cameriera al piano:  chi riordina e pulisce le camere di un piano; sempre in lingua italiana vi fu poi  un tempo il  termine servo/a oggi ampiamente  in disuso, che indicò chi svolgesse servizi generici, specialmente  domestici,svolti in casa o all’esterno di essa alle dipendenze di privati; la voce femm. serva  venne usata proprio riferita alla lavoratrice domestica, ma finí per assumere una valenza dispregiativa rispetto alla voci domestica o cameriera atteso che queste ultime furono riferite a quelle donne  che  prestassero la loro opera alle dipendenze di alberghi e/o ristoranti o famiglie della medio-alta borghesia, mentre con la voce serva  e quasi nell’accezione etimologica del lat. serva(m)= schiava ci si riferí ( e spesso proprio da parte di domestiche e/o cameriere) alla prestatrice d’opera domestica in famiglie della piccola borghesia; nella antica lingua italiana (tardo XVII sec.) vi fu infine la voce fantesca (derivato di fante (s.f.= serva, domestica)) che indicò la generica donna di servizio o addetta  ai lavori in casa in ispecie nella cucina o  al servizio ai tavoli delle locande o bettole.Rammento qui che la voce domestico/a fu in origine (con derivazione dal lat. domesticu(m)/ca(m), deriv. di domus 'casa' propriamente  'che appartiene alla casa') fu – dicevo un aggettivo poi sostantivato. 
E passiamo all’ idioma  napoletano; le voci in epigrafe vengon rese in napoletano con le seguenti parole: cammarèra,criata,  serva, vajassa, zambracca. Esaminiamole:
cammarèra e serva: per queste due parole non ci si discosta molto (sia per l’etimologia che per la semantica) dalle corrispondenti della lingua italiana cameriera e serva: la cammarèra(dal provenz. camarier  con raddoppiamento espressivo  della labiale m)   svolge la propria opera in case della media alta borghesia se non della nobiltà, mentre con la parola serva  ci si riferisce alla prestatrice d’opera domestica in famiglie della piccola borghesia o alla generica donna di servizio, addetta  ai lavori in casa in ispecie nella cucina o  al servizio ai tavoli delle locande o bettole: insomma quella che fu la fantesca del tardo XVII sec; talvolta in luogo di serva si usa un giro di parole pletorico: ‘a femmena ‘e servizio;
criata  anche con questo termine, per altro abbondantemente desueto ci si riferisce alla prestatrice d’opera domestica in famiglie della piccola borghesia o alla generica donna di servizio, addetta  ai lavori in casa in ispecie nella cucina o  al servizio ai tavoli delle locande o bettole: insomma quella che fu la fantesca del tardo XVII sec.; quanto all’etimo la voce a margine è la femminilizzazione del maschile criato  che è dall’iberico criado= servitore, famiglio, valletto; annoterò al proposito che anche nell’italiano antico con il medesimo etimo dallo spagnolo vi fu la voce creato=servo,valletto, famiglio ma non esistette la corrispondente creata: misteri della lingua italiana! 
  vajassa= serva di bassissimo  conio, fantesca addetta alla pulizia in case malfamate;  l’etimo è dall’arabo: baassa attraverso il francese bajasse da cui in italiano: bagascia= meretrice.
Scendendo ancòra d’un gradino incontriamo
zambracca= serva di infimo  conio, fantesca addetta alla pulizia dei cessi. La voce a margine origina dall’addizione del suffisso dispregiativo acca (accia) con la  parola zambra (che è dal francese chambre) in francese la voce chambre  indicò dapprima una generica camera, poi uno stanzino ed infine il gabinetto di decenza.
Rammenterò infine che le ultime due voci vajassa e zambracca  nell’inteso comune del parlato  napoletano accanto ai significati  indicati stanno anche per   donna sudicia e disordinata, dal comportamento volgare, quando non addirittura  donnaccia, baldracca  cfr. l’espressione  Sî ‘na vajassa d’ ‘o rre de Franza che letteralmente sta per : Sei una serva del re di Francia. L a frase è un’offesa gravissima che si può rivolgere ad una donna  e con essa frase non solo si intende dare della puttana alla donna, ma accusarla anche di essere affetta dalla  sifilide o lue .
Tale malattia è stata nei corso dei secoli chiamata dai napoletani mal francese, morbo gallico o celtico; i napoletani sostenevano che detto morbo era stato importato in Napoli dai soldati al seguito di Carlo VIII. Per converso il morbo era detto dai francesi mal napoletano poiché affermavano che il morbo era stato diffuso tra i soldati francesi di Carlo VIII  dalle prostitute partenopee.
Raffaele Bracale
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