PRIÉZZA
La voce napoletana a margine normalmente traduce quelle italiane: contentezza, gioia,letizia ed usata al plurale (priezze) è usata per indicare le moine,le smancerie, i gesti d’affettuosità dei bambini, e talvolta degli adulti nei confronti dei proprî genitori; l’etimo della voce in epigrafe è un derivato deverbale di priarse= gioire, rallegrarsi forse (C. Iandolo) da un tardo latino precari sibi= pregare per sé(con fiducia e speranza), ma qualcuno (D’Ascoli) opta per una derivazione dal catalano prehar da collegarsi ad un basso latino *pretiare sibi= allegrarsi .Nel dubbio, meglio, a mio avviso,affidarsi al Rohlfs che lesse in priézza un ant. francese preister.
raffaele bracale
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