PIEZZO E PPEJO
Letteralmente: pezzo (toppa) e peggiore nel significato di: il rimedio (risulta) peggiore (del danno). Espressione usata a sarcastico commento di cose o azioni che risultino palesemente peggiori di quelle che si vorrebbe sostituire nell’intento di migliorarle e che invece, peggiorano la situazione.
In origine fu altra l’espressione completa (ridottasi poi a quella in epigrafe formata con un sostantivo (piezzo= pezzo, toppa, riparazione) legato ad un avverbio (pejo= peggio in forma aggettivale: peggiore) attraverso la congiunzione e(lat.: et) che risulta una patente corruzione popolare dell’originaria copula è (voce verb. lat: est di esse); dicevo che l’originaria espressione completa fu altra e cioè: ‘O piezzo è ppejo d’’o pertuso (che tradotta suona: la pezza, la toppa è peggiore del buco (che intenderebbe riparare)) Tale modo di dire è presente in altre regioni, tra le quali il Veneto dove suona:Peso el tacon del buso (peggiore la toppa del buco). Per quanto riguarda l’espressione napoletana essa fu corrotta dall’uso, riducendosi a quella in epigrafe che fu usata ed ancóra è usata quasi come aggettivi dispregiativi posti, mi ripeto, a commento di cose o azioni ritenute addirittura peggiorative di quelle che si intenderebbe render migliori.
piezzo= pezzo, parte,rattoppatura (piú spesso però, in tal senso al femm. pezza); sia il maschile piezzo che il femm. pezza sono dal lat. medioevale pettia di origine celtica, attestata nel lat. parlato anche come petia e pecia; da notare che la forma maschile comporta rispetto al femminile la dittongazione popolare e→ ie in sillaba seguita da due consonanti come altrove cappiello←cappello, castiello←castello etc.;
pejo= peggio, peggiore avverbio ed agg. comparativo dal lat. peius, neutro di peior -oris peggiore; come agg.vo è declinabile(sg. pejo/a – pl. peje);
pertuso= buco, pertugio, foro, piccola falla sost. m. dal tardo lat. pertusiu(m), deriv. del class. pertusus, part. pass. di pertundere 'bucare, forare', comp. di per 'attraverso' e tundere 'battere, passare.
Raffaele Bracale
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