‘NZIRIA & DINTORNI
Anche questa
volta faccio sèguito ad un quesito rivoltomi dall’amico N.C. (al solito,
motivi di riservatezza mi impongono di riportar solo le iniziali di nome e cognome di
chi mi scrive per sollecitar ricerche) occupandomi brevemente di tre voci
napoletane che rendono, con puntiglio e precisione la generica voce italiana capriccio. Intendo cioè
parlare delle voci napoletane: ‘nziria,
verrizzo,tirrepetirro ognuna delle quali è usata per indicare un particale
tipo di capriccio. Prima di dedicarci alle voci napoletane diamo
un contenuto sguardo alla voce italiana
capriccio s.vo m.le usato con molte accezioni:
1. a. Voglia improvvisa e
bizzarra, spesso ostinata anche se di breve durata: venire, saltare un c.
(con il dativo della persona: gli vengono tutti i c.; le è venuto il c.
di un
orologio molto costoso; ma che capriccio ti salta, ora?); levare, cavare un c.,
soddisfarlo; fare
passare i c.; essere pieno di capricci; avere piú c.
che
capelli in testa; modo prov., ogni riccio un c., di bambino assai capriccioso
(ma anche riferito talora, scherz., a donne); fare, agire a capriccio,
seguendo i proprî impulsi improvvisi, senza una ragione plausibile; fare i c.,
spec. di bambini, fare le bizze. Riferito a cose, non funzionare bene: la mia vecchia
macchina stamattina à fatto i c. e mi à lasciato per strada; oggi il computer à
fatto i capricci.
b. Amore superficiale e instabile, passioncella amorosa: non era vera passione, ma un c. giovanile.
2. Fenomeno strano, anomalo, bizzarria: un c. del caso, della natura; i c. della sorte, della fortuna.
3. Componimento strumentale (meno spesso vocale) di forma varia e libera e di carattere fantasioso, quasi improvvisatorio.
b. Amore superficiale e instabile, passioncella amorosa: non era vera passione, ma un c. giovanile.
2. Fenomeno strano, anomalo, bizzarria: un c. del caso, della natura; i c. della sorte, della fortuna.
3. Componimento strumentale (meno spesso vocale) di forma varia e libera e di carattere fantasioso, quasi improvvisatorio.
Quanto
all’etimologia non vi sono certezze, quantunque i piú optino per un’agglutinazione
funzionale di capo+riccio→cap(o)riccio→capriccio dando l’impressione che
semanticamente una testa ricciuta possa essere indice di una mente bizzarra
quando non bizzosa;l’idea non mi convince benché seguita anche dal D.E.I. e non
essendo abituato a cantare nel coro
preferisco seguire l’idea caldeggiata dal Pianegiani che riferisce d’un verbo
latino caprizare= saltellare a mo’ di
capro, animale bizzarro, di cervello corto,che saltella in continuazione quasi che semanticamente il capriccio sia un’idea balzana, stravagante tipica di soggetto (il capro) aduso a
comportamenti irrequieti.
E passiamo
alle voci napoletane:
'nziria s.vo f.le= è il capriccio
proprio del bambino piccolo, d''o criaturo, capriccio accompagnato dal
piagnucolare senza motivo apparente. l'etimologia è controversa potendosi o ipotizzare
un latino in-ira o meno probabilmente un greco sun-eris (con dissidio);
reputo migliore e mi associo all’idea di chi prospetta una derivazione da un
latino in-sideo (mi fermo su – mi
impunto).
verrizzo s.vo m.le = capriccio futile e
ripetitivo, astiosa richiesta di un quid inopportuno e demotivato, irrazionale
atteggiamento di chi la vuole aver vinta ad ogni costo, con modi velleitarii e
pretestuosi: tipicamente femminile!, per cui 'o verrizzo è tipico della donna,
giovane o meno giovane che sia(il prof. D'Ascoli (parce sepulto)nel suo
dizionario, molto usato ma anche impreciso, si inventò al proposito dei
verrizze un che di libidinoso che non trova riscontro né in cielo, né in
terra e ciò se non è da attribuire alla sua provenienza paesana - fu
originario mi pare di Mercogliano,o di Ottaviano - lo posso solo far dipendere
dall'arteriosclerosi che , alla sua età , gli
logorò probabilmente il
cervello); l'etimologia è squisitamente latina la parola infatti è
costruita sull'antico velle (volere) con tipica rotacizzazione della
liquida l e successivo ampliamento del primitivo verre.
tirrepetirro s.vo m.le = capriccio squisitamente femminile e piú corposo che
non la imberbe 'nziria o il velleitario verrizzo di cui sopravanzano il vuoto
isterismo , pur configurandosi in comportamento nevrotico tali da
degenerare in forme convulsionanti tenendo presenti le quali si giunge
all'etimologia della parola che non deriva come proposto da qualcuno
dallo spagnolo tirria che denota invece la semplice antipatia (che non à
nulla a che vedere con il capriccio); ‘o tirrepetirro che al pl. è 'e
tirrepetirre promana invece dalle voci greche tiros(spasmo) +
pitulos(convulsione) manifestazioni tipiche della cocciutagine che attiene al
tirrepetirro.
Non mi pare ci
sia altro da aggiungere per cui mi fermo qui, sperando d’avere accontentato
l’amico N.C. ed interessato qualcun altro
dei miei ventiquattro lettori e chi forte
dovesse imbattersi in queste due
paginette. Satis est.
Raffaele
Bracale
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