21 DATATE LOCUZIONI PARTENOPEE
1 -TURNÀ 'A STIMA A
QUACCUNO
Ad litteram: render la stima a
qualcuno; id est: riconfermare la fiducia o anche il rispetto a qualcuno
cui, per errore o transeunti,
futili motivi erano stati tolti.
2 -UNA NE FA E CCIENTO
NE PENZA
Ad litteram: una ne fa e cento ne
progetta Locuzione che fotografa il comportamento iperattivo di chi
si dedichi , ma non si sa con quanto successo, a troppe iniziative di varia
portata; la locuzione è usata altresí
per stigmatizzare,anche se bonariamente, la ipercinecità di un ragazzo
attivamente impegnato a fare innumerevoli marachelle.
3 - UOCCHIE CHINE E MMANE
VACANTE
Ad litteram: occhi pieni e mani vuote;
cosí si suole dire di chi, o per suo demerito o per sopravvenute contrarietà
insormontabili, non riesce a raggiungere
il risultato sperato e resti a bocca
asciutta o mani vuote e si debba contentare di veder prossimo il risultato
sperato, senza però avere la capacità o possibilità di toccarlo con le mani ossia
realizzarlo; in chiave piú becera,
ma simpatica la locuzione fu usata per
stigmatizzare la situazione di chi, attratto da procaci, provocatorie rotondità
femminili si doveva contentare di guardare, senza poter toccar con mano e quindi senza potersi regolare nel modo
ricordato altrove.
4 -UOCCHIE 'NFRONTE NUN NE TIENE?
Ad litteram: occhi sulla fonte non ne
ài? Icastica ed ironica domanda retorica che si suole rivolgere, per
redarguirlo, a chi colpevolmente distratto o disattento sia incorso in
errori che si ritenga siano stati provocati
dal fatto che egli non abbia esattamente
guardato o badato a ciò che faceva,
quasi non fosse munito di occhi.
5 -UH, ANEMA D''E PIERE 'E PUORCHE!
Locuzione esclamativa intraducibile ad
litteram atteso che è impossibile che le
zampe di un maiale abbiano quell'anima che
iperbolicamente, ma erroneamente, nella locuzione viene chiamata in causa;
il senso celato della locuzione è: che
esagerazione!, cosa mi vai raccontando?, è incredibile ciò che mi dici!, come
incredibile sarebbe un maiale provvisto nelle zampe o altrove di anima.
6 -UOCCHIE SICCHE
Ad litteram:occhi seccati, o - meglio -
seccanti,cioè: occhi capaci di seccar,
prosciugare(ossia arrecar danno) coloro contro cui vengon rivolti. Cosí, come
in epigrafe, vengono chiamati i menagramo, gli iettatori, tutti coloro che con
i loro sguardi sono ritenuti capaci di
grandemente danneggiare qualcuno, non con azioni proditorie, ma semplicemente
guardandolo.
7 -USO NUN METTERE E
USO NUN LEVÀ
Ad litteram: non creare (nuove)
abitudini e non toglierne; id est:
lascia stare il mondo cosí com'è; non impegnarti a tentare di cambiarlo
introducendo nuove abitudini che specialmente se si concretano in liberalità,
omaggi e donativi nei confronti di terzi, diventano con il trascorrere del
tempo eccessivamente onerosi e difficili
se non impossibili da toglier via; la cosa vale anche quando si trattasse di
togliere inveterate abitudini; il tentativo di estirparle potrebbe ingenerare
malumori nei terzi che vedendo eliminati o lesi alcuni pregressi
privilegi potrebbero ribellarsi anche violentemente.
8 -UH, SSEVERE 'E PAZZE !
Esclamazione impossibile da tradurre ad
litteram che viene pronunciata
nell'osservare situazioni o accadimenti
ritenuti cosí strani ed
improbabili da destare gran meraviglia, stupore e/o rabbia, nell'intento di
sottolineare che quelle situazioni o
accadimenti son cose da matti, quasi incredibili.
Strana locuzione quella in esame
dove con ogni probabilità il termine ssevere
è l’adattamento corruzttivo dell'espressione
francese: c'est vrai[lèggi:sè-vrè] ( de foux)
(è veramente da folli); la stranezza della espressione napoletana
consiste nel fatto che ci si è
limitati nella sua formulazione, alla
sola corruzione della prima parte di quella francese: c'est vrai,[sè-vrè→severe]
completandola con il termine pazze = pazzi esatta traduzione del francese foux.
9 - VA' A FFÀ 'E PPEZZE!
Ad litteram: va’ a raccattare cenci!
Eufemistica espressione usata in luogo
di altra piú corposa anche se becera, che qui di seguito illustrerò, per
invitare un importuno, fastidioso individuo a liberarci della sua sgradita
presenza, ed andare a raccattare cenci.
10 -VA' A FFÀ 'NCULO!
ma
meglio VALLO A PIGLIÀ 'NCULO!
Superfluo tradurre questi conosciutissimi modi di rendere
l'italiano: va' a quel paese!La variante è sí piú becera, ma quanto piú
corposa, esplicita, icastica ancorché dura,
atteso che colui cui è rivolta la locuzione è invitato a tenere nell'ipotetico rapporto
sodomitico la posizione soccombente, non
quella attiva prevista dalla prima locuzione; ambedue però, come quella del
num. precedente, si rivolgono ad un importuno, fastidioso soggetto, invitato
qui a dedicare il suo tempo ad altre attività che non quella di infastidirci.
Rammento che nel fiorito linguaggio
espressivo popolare talora la prima espressione in esame, (nello sciocco
intento di evitar di pronunciare la parola culo ingiustamente intesa volgare o
becera) viene imbarocchita in VA’ A FFÀ DINTO A ‘NA CHIEJA ‘E MAZZO che ad litteram è: vai a fare (coire) in una piega di sedere dove con il termine piega
di sedere si intende il solco anatomico di separazione delle natiche solco che
icasticamente rappresenta una piegatura di quelle. Nel pronunciare tuttavia
quest’ultima espressione accade che in luogo di pronunciare il termine culo, becero
e volgare, se ne pronuncia uno analogo: mazzo di talché per ovviare a tutto ciò
qualcuno trasforma eufemisticamente l’espressione in un’altra di analogo
significato, ma che suona VA’
A FFÀ DINTO A ‘NA CHIEJA ‘E VESTA! che ad litteram è: vai a fare (coire) in una piega di veste e
con essa espressione si dà
luogo ad una precisazione utilissima , con cui si chiarisce che la piega di sedere da prendere in
considerazione è esattamente una piega femminile, cosa che si evince dal fatto
che la veste è un indumento femminile!
chieja sv.vo
f.le =piega, piegatura, ma
anche incavo, solco; voce dal lat. plica-m con consueta risoluzione del
digramma latino pl seguito da vocale nel napoletano chi (cfr.
chiummo←plumbeu(m) - chiazza←platea – pluere→chiovere etc.).
mazzo sv.vo m.le
di per sé in primis è l’ano e poi per sineddoche il culo, il sedere,il deretano, il complesso
delle natiche e dell’ ano complesso
che è tipico degli esseri umani e degli animali quadrupedi di grossa taglia;
gli uccelli come il gallo (cfr. ultra)
non son forniti di natiche, ma del solo ano; cionnonpertanto nella
locuzione ‘a gallina fa ll’uovo e ô vallo
ll’abbruscia ‘o mazzo si preferisce mantenere la voce mazzo riferito al gallo, voce piú rapida
e forse meno volgare de ‘o buco d’’o culo con cui in napoletano, accanto ad altre voci
come fetillo,feticchio, taficchio, màfaro etc. si indica l’ano;etimologicamente la voce mazzo nell’accezione indicata è dall’acc. lat. matia(m)=intestino e la voce femminile matiam è stata poi maschilizzata
ed in luogo di dare mazza à dato mazzo;la
maschilizzazione si rese necessaria per scongiurare la confusione tra
un’eventuale mazza (ano) e la mazza
(bastone) e si addivenne al maschile mazzo
anche tenendo presente che nel napoletano un oggetto (o cosa quale che sia) è inteso se maschile piú piccolo o
contenuto del corrispondente femminile; abbiamo ad . es. ‘a tavula (piú
grande rispetto a ‘o tavulo piú piccolo ),‘a tammorra (piú grande
rispetto a ‘o tammurro piú piccolo ), ‘a cucchiara(piú grande
rispetto a ‘o cucchiaro piú piccolo), ‘a carretta (piú grande
rispetto a ‘o carretto piú piccolo ); ),‘a canesta (piú grande
rispetto a ‘o canisto piú piccolo ), fanno eccezione ‘o tiano che è piú grande de ‘a tiana e ‘o
caccavo piú grande de ‘a caccavella; nella fattispecie l’ano, per vasto
che possa essere, è certamente piú piccolo d’ un bastone e dunque mazzo l’ano/il
sedere e mazza il bastone.
A margine di
questa voce rammento che nel napoletano esiste un omofono ed omografo mazzo che vale però fascio (di fiori, ortaggi o
carte da giuoco) ed à un diverso etimo derivando non dall’acc. lat. matia(m)=intestino , ma da un nom.
lat. med. macĭus.
11 -VA' TE COCCA!
Ad litteram: va' a coricarti Altro modo di invitare qualcuno a
togliersi di torno, ad andar via, a sparire per non importunarci o tediarci.
Qui con modi piú contenuti e gentili rispetto a quelli dei numeri precedenti,
lo si vuol convincere di liberarci della
sua presenza, andandosene a dormire. Talvolta però, atteso che per coricarsi occorre stendersi su di un
letto, con la locuzione in epigrafe si
adombra il recondito, cattivo, se non pessimo
desiderio che il soggetto contro cui è
rivolta debba giacere definitivamente
disteso cioè debba mancare,
andarsene, scomparire, passare nel numero dei piú, liberandoci per sempre della
sua sgradita presenza!
12 -VATTE A FFÀ FOTTERE!
Ad litteram: va' a farti possedere Ma
è il medesimo perentorio invito a farsi
sodomizzare - sia pure metaforicamente - contenuto nella variante di cui
precedentemente al n°10.
13 -VEDÉ 'A MORTE CU
LL'UOCCHIE
Ad litteram: vedere la morte con gli
occhi ; e sarebbe sciocco ed inopportuno chiedere: e con che altro si può
vedere?, atteso che il napoletano è ricchissimo di simili tautologie, come
appunto:'a vista 'e ll'uocchie, puorto
'e mare, palazzo 'e case, etc. tutte però
necessarie a quel tipico barocchismo dell'eloquio partenopeo.La
locuzione si usa per riferire di essersi trovati in situazioni di vita di
relazione o di salute cosí gravi e/o pericolose
da vedere la morte in viso e di esserne fortunatamente venuti fuori
tanto da raccontarne.
14 -VEDÉ COMME SE
METTONO 'E CCOSE
Ad litteram: vedere come evolvono le
cose; id est: mettersi in prudente attesa, vagliare e soppesare le
situazioni e decidersi all'azione solo quando
ci si sia resi ben conto di quali pieghe posson prendere o stanno prendendo le faccende che ci occupano
15 -VEDERSENE BBENE
Locuzione, impossibile da tradurre alla
lettera, dalla doppia valenza: in primis: profittare di ciò che ci venga messo a nostra
disposizione, godendone ampiamente, senza remore o misura; con altra valenza la
locuzione è usata per indicare il franco, disinibito comportamento di chi apertamente affronti qualcuno e gli dica a muso duro tutto il fatto suo,
senza scrupoli e/o timori reverenziali.
16 -VEDERSE PIGLIATO DÊ
TURCHE
Ad litteram: vedersi preso dai Turchi
Id est: Essere assalito da grande timore e disperazione ,
trovandosi in situazioni pericolose o cosí ingarbugliate e contorte da non
poterne venire fuori, come temporibus illis dovevano trovarsi i rivieraschi
assaliti continuamente da quei pirati saraceni, tutti ritenuti e detti Turchi
adusi alle piú efferate violenze.
17 -VENÍ FRISCO FRISCO
Ad litteram: giungere fresco fresco; detto di chi con tranquilla
faccia tosta si presenti ed entri nel merito di un accadimento già da gran
tempo avviato ed in corso e senza dimostrare di essersi impegnato per
parteciparvi o di avere conclamate capacità organizzative o risolutive, voglia imporre il proprio punto di
vista a dispetto di quanti stiano da gran tempo e con grande impegno
lavorando al progetto de quo.
18 -VENÍ FRISCO E DDÂ GROTTA.
Ad litteram: giunger fresco e dalla
grotta; locuzione simile alla precedente con l'aggravante qui che il soggetto cui si riferisce avrebbe
dovuto concorrere all'accadimento in questione ed invece se ne è a lungo disinteressato, per
presentarsi a reclamare il proprio utile
a giuochi fatti, quando le asperità sono state affrontate e livellate da altri.
L'immagine della locuzione ripete quella del cocomero che arriva in tavola solo a fine pasto dopo
essere stato tenuto al fresco artificiale del ghiaccio o a quello naturale d'una
cantina.
19 -VENCERE 'O PUNTO
Ad litteram: vincere il punto; id
est: riuscire, in un contrasto, a far prevalere il proprio punto di vista,
affermandolo e mantenendolo quasi che
esso fosse un premio da conseguire.
20 -VENÍ O SCENNERE DÂ MUNTAGNA
Ad litteram: venire o scendere dalla
montagna; Detto di chi sia ritenuto sciocco, stupido e credulone, nella
erronea convinzione che coloro che vivono in luoghi impervii ed appartati
siano, nel confronto con i cittadini cosí corrivi, sempliciotti e creduloni da
poterli facilmente circuire ed imbrogliare.Per converso, ma con medesimo
intento di dileggio, sulla bocca dei montanari si posson cogliere le espressioni vení dô mare oppure vení
dâ riviera.
21 – FORA MARIA DÊ CRESTIANE!
Ad litteram: Fuori
Maria dai cristiani! ; id est:la vergine Maria
venga estromessa dal culto dei cristiani! Espressione usata quando si voglia
imporre a chicchessia di tenersi fuori da ogni coinvolgimento in quale che sia
azione o situazione (atteso che non si à fiducia nelle sue capacità operative o
nella sua intelligenza.) La Maria coinvolta nell’espressione è proprio la
Vergine Maria, madre del Cristo; l’espressione antichissima risale al tardo
settecento quando i protestanti, che notoriamente negano la dulia mariana,
vennero in contatto con i partenopei e fecero qualche proselito. A proposito
dell’avverbio fora= fuori rammento come
sia interessante e meritevole di sottolineatura la differenza di evoluzione della voce
napoletana fora (fuori)derivato dal lat. fŏras diversa della evoluzione della voce
italiana fuori derivato dal
lat. fŏris.
Nel caso di fŏri(s)→fuori in sillaba libera la
vocale tonica “ŏ” subí
la normale dittongazione “uó”; nel caso invece di fora che derivò dal collaterale “fŏra(s)”, data la vocale terminale “-a”,
non si incorse nel fenomeno della dittongazione dovuta alla metafonia
dialettale, onde la forma definitiva di “fora”, con conservazione della tonica e con la solita
vocale finale atona di tipo evanescente.
Raffaele Bracale Brak
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