VULISSE METTERE ‘O CÀNTERO CU ‘ARCIULO?
Letteralmente: Vorresti porre (a confronto) il pitale con
l’orcio? Id est: Avresti forse intenzione, con il tuo errato comportamento e/o argomentare, di entrare in una tale confusione da non
essere in grado piú di cogliere
le differenze intercorrenti tra un volgare contenitore di deiezioni (il
càntaro) ed un signorile, magari
pregiato grande vaso panciuto di terracotta usato per conservare olio o derrate
alimentari (l’orcio)?
L’espressione in
epigrafe ripete, ma in maniera quanto piú colorita ed icastica, il concetto dell’italiano confondere la lana con la seta espressione quest’ultima che, oltre ad essere
meno colorita della napoletana, à in sé
un che di anòdino, ambiguo,
dubbio, enigmatico, oscuro atteso che non è semplicissimo intendere quale
tra la lana e la seta sia il filato da tenere in maggior considerazione; al
contrario nell’espressione napoletana
che non ingenera dubbi, facilmente si
coglie quale tra i due sia il contenitore piú nobile; l’espressione napoletana
è usata come sarcastico, salace commento al vacuo, vuoto, inconsistente, futile, fatuo ragiomento di uno sciocco sprovveduto che pone
a paragone due soggetti o concetti diametralmente opposti e tra i quali non vi
dovrebbe essere confusione e/o competizione; l’espressione è usata altresí come
salace commento all’ inconsistente, futile, fatuo atteggiamento che tenga uno spocchioso supponente che, privo di ogni acclarata dote fisica
(forza,energia, vigore etc. ) e/o morale (cultura,preparazione, istruzione,
coraggio etc.) pretenderebbe di entrare in competizione con chi invece di quelle doti sia indubbiamente e patentemente
fornito; va da sé che in tale ipotetico confronto il supponente
rappresenterebbe il càntaro e
l’antagonista l’arciulo.
vulisse letteralmente volessi, ma qui vorresti voce verbale (2 ªprs. sg. dell’imperfetto congiuntivo) dell’infinito
vulere/é= volere che è dal lat. volg. *volíre→*vulire→vulére,
per il class. velle, ricostruito sul tema del pres. volo e del
perfetto volui; la voce a
margine come détto è la 2ªprs. sg. dell’imperfetto congiuntivo e
correttamente andrebbe reso con il congiuntivo volessi , ma spesso il napoletano usa il congiuntivo come
condizionale (modo che pure esiste in grammatica napoletana, ma che è raramente
usato preferendoglisi il congiuntivo imperfetto ed è presente quasi soltanto
negli scritti di poeti canzonieri o
giornalisti letterati fattisi
condizionare per un motivo od un altro dalla lingua ufficiale: cfr. ad es.: Vincenzo Russo I’ te vurria vasà e Armando Pugliese Vurria;bizzarrie di chi si lascia
influenzare se non addirittura mettere
le pastoie dall’italiano o di chi vi si
abbandona temendo di incorrere in qualche strafalcione grammaticale; un
popolano nel suo istintivo eloquio veracemente napoletano non potrebbe mai
dire: I’ te vurria vasà” direbbe
sempre “I’ te vulesse vasà”, né direbbe “Vurria”,
ma sempre “vulesse” con buona pace di
V. Russo, A.Pugliese e qualche altro!; per tale motivo l’attesto congiuntivo volessi è stato reso qui con il condizionale vorresti;
mettere = disporre,
collocare, porre (anche fig.) indossare, vestire etc. dal lat. mittere
'mandare' e poi 'porre, mettere';
càntaro s.m. alto vaso cilindrico di terracotta rivestito all’interno
ed all’esterno di uno smalto o patina
idrorepellente che, dopo l’uso favorisse la pulizia di tale vaso di
comodo,contenitore provvisto, per lo spostamento, di due anse laterali e di un’ampia bocca con cordolo doppio su cui
potersi comodamente sedere; tale vaso fu usato un tempo per raccogliere le deiezioni
solide; per quelle liquide ci si serviva di un piú piccolo e maneggevole
contenitore di ceramica patinata o, piú
spesso, di ferro smaltato che ebbe come
nome alternativamente o ruagno o piú
comunemente rinale(voce però piú
moderna, evidentemente ricavata per deglutinazione da (o)rinale
;) ruagno fu invece voce piú antica usata ancóra negli anni ’50 sia pure
soltanto sulla bocca delle persone piú vecchie: nonni, nonne e/o zii molto
anziani,voce usata anche come bruciante offesa(cfr. l’espressione: Sî ‘na
scarda ‘e ruagno!(Sei un coccio di orinale!); quanto all’etimo di ruagno dirò
che essendo solitamente questo piccolo vaso di comodo ubicato nei pressi del
letto per essere prontamente reperito in caso di impellente necessità, scartata
l’ipotesi fantasiosa che ne fa derivare
il nome da un troppo generico greco organon
(strumento), penso si possa aderire all’ipotesi che fa derivare la voce ruagno dal
greco ruas che indica lo scorrere, atteso che il ruagno
era destinato ad accogliere improvvisi
scorrimenti derivanti o da cattiva
ritenzione idrica, oppure da attacchi diarroici viscerali; tornando alla voce càntaro,
etimologicamente esso è un derivato del lat. cantharu(m) che è dal greco kantharos;rammento che il termine càntaro non va assolutamente confuso con la voce cantàro che è voce indicante una misura: quintale ed è derivata dall’arabo qintar (cfr. l’espressione Meglio
‘nu cantàro ‘ncapo ca n’onza ‘nculo! Meglio un quintale in testa che un'oncia nel sedere! Id est: meglio
patire un danno fisico, che sopportare il vilipendio di uno morale. In pratica gli effetti del danno
fisico, prima o poi svaniscono o si leniscono, quelli di un danno morale
perdurano sine die. A margine di tale espressione rammento che talvolta sulla
bocca di napoletani meno consci della propria lingua l’espressione Meglio ‘nu cantàro ‘ncapo ca n’onza ‘nculo! è resa con una scorretta È
mmeglio ‘nu càntaro ‘ncapo ca n’onza
‘nculo cioè Meglio
portare un càntaro in testa che un’oncia
in culo espressione che comunque non à una
ragione logica in quanto è
incongruo mettere in relazione un pitale (càntaro) con un peso (oncia)
piuttosto che rapportare due
misure: quintale (cantàro) ed oncia
(onza)).
arciulo s.m. orcio; come ò già détto: grande vaso panciuto di terracotta, che
soprattutto un tempo era usato per conservare liquidi, in partic. l'olio e /o
altre derrate alimentari come olive in salamoia, oppure ortaggi bolliti in aceto e conservati
sott’olio(melanzane, peperoni, sedano ed altro) oggi si impiega per lo piú come
vaso da piante; l’etimo di arciulo è dal lat. *urceolu(m) diminutivo di urce(um).
raffaele bracale 23/10/08
Nessun commento:
Posta un commento