SCIACCÀ E MMERECÀ & ALTRO
Questa volta per contentar l’amica d’ Oltralpe Maria F. (di cui per motivi di riservatezza indico solo l’iniziale del cognome, peraltro dettasi molto soddisfatta di quanto, su suo invito, scrissi alibi circa alcune vecchie e desuete voci partenopee ) per contentar, dicevo, l’amica Maria F. che me ne à richiesto,cercherò di illustrare le seguenti espressioni napoletane che sino ad oggi mancano nelle mie paginette.
1)« sciaccà e mmerecà »
Ad litteram : Contundere e medicare è il modo partenopeo di rendere il concetto del bastone e della carota.
Si trattò originariamente di un antiquato sistema educativo usato sia in talune case di correzione e/o riformatori minorili, sia in ospedali per la cura dei folli, consistente nell’alternare nei confronti del corrigendo o del matto le maniere forti con quelle dolci, le punizioni (spesso corporali) con blandizie riparative, adottando la medesima tecnica usata con le bestie (cavalli, asini, muli) cui alternativamente vengono percossi o gratificati con l’offerta di carote perché lavorino cosí come sperato.
Modernamente l’espressione è usata quando si voglia sottolineare il comportamento egoistico, ma fruttuoso di chi non avendo argomenti piú convincenti o validi per ottenere ciò che desidera, con parole e/o atti si rivolge al contraente alternativamente maltrattandolo prima ed adulandolo poi pur di giungere al proprio fine utilitaristico.La medesima espressione è usata a commento dei metodi educativi di taluni genitori che per indirizzare i propri restî figlioli son usi alternativamente ad umiliarli, frustrarli, avvilirli o punirli e poi a gratificarli.
sciaccà voce verbale infinito apocopato di
sciaccare
in primis 1fiaccare, ferire, contundere
per estensione 2 punire, umiliare, frustrare, avvilire ;
etimologicamente dal lat. flaccare con tipico adattamento partenopeo in sci del gruppo latino fl seguíto da vocale (cfr. flu-men→sciummo – fla-tus→sciato - flos→sciore – fla-cces→scioccele etc.)
mmerecà voce verbale infinito apocopato di
mmerecare
in primis 1medicare, curare, alleviare
per estensione 2 mitigare, lenire, addolcire,blandire attenuare, calmare.
etimologicamente dal lat. medicare, deriv. di medicus 'medico' con raddoppiamento espressivo della consonante bilabiale nasale (m) e rotacizzazione osco-mediterranea dell’ occlusiva dentale sonora (d).
2)« chi troppo ‘a tira ‘a spezza »
Ad litteram : Chi troppo tira (la corda), la spezza Èil modo partenopeo di rendere il concetto della necessità di non eccedere in qualsivoglia comportamento che non sia comunemente accettato o gradito ; è altresí il consiglio a tenere un atteggiamento non eccessivamente pretenzioso e/o esigente, incontentabile atteso che chi tiri troppo una metaforica corda corre il rischio di spezzarla cioè, fuor di metafora chi pretenda troppo da un ipotetico contraente, o anche amico, sodale o figliuolo, alunno corre il rischio che costui, vessato dalle richieste o dall’atteggiamento duro, sgradevole e fastidioso, soprattutto quando questo sia chiaramente provocatorio in quanto fondato su menzogne o accadimenti non veri, rompa ogni rapporto d’affari o d’affetti. L’espressione nacque dall’osservazione del lavoro dei cordari che (quando ancóra non v'erano le macchine ed i robot che fanno di tutto, e taluni mestieri venivano fatti da operai ed esclusivamente a mano)solevano fissare con i chiodi ad un asse di legno i capi delle corde da produrre e poi procedendo come i gamberi le intrecciavano ad arte e per saggiarne la consistenza usavano tirarle con ripetuti strattoni, correndo il rischio di spezzarei canapi che intrecciati formavano la fune/corda.
chi pron. rel. invar. [solo sing. ; ant. anche pl.]
1 colui il quale, colei la quale (con valore dimostrativo-relativo; usato sia come sogg. sia come compl.): chi à fatto chesto à fatto bbuono(chi à fatto ciò à fatto bene; aggiu truvato chi me po’ ajutà(ò trovato chi mi può aiutare); dallo a cchi vuó,nun pigliartela cu cchi nun ne tène corpa(dallo a chi vuoi; non prendertela con chi non ne à colpa)
2 uno il quale, una la quale; qualcuno che, qualcuna che (con valore indefinito-relativo): ce sta chi dice ca nun ce se fidà d’isso; nun trova chi ‘o po’ aiutà; nun ce sta chi ‘o crere ; po’ gghirce chi vo’ (c'è chi dice che non ci si possa fidare di lui; non trova chi lo possa aiutare; non c'è chi gli creda; può andarci chi vuole), chiunque | con sfumatura ipotetica o condizionale: chi me vo’ bbene me vène appriesso; chistu prubblema,pe cchi ce penza ‘a coppa ‘nu poco, nun è difficultuso (chi mi ama mi segua; questo problema, per chi ci rifletta un po', non è difficile)
3 (ant.) cui (con valore di semplice relativo, sempre preceduto da prep.)
||| pron. indef. invar. uno, qualcuno, alcuni (oggi usato solo nel costrutto relativo chi... chi 'l'uno... l'altro', 'alcuni... altri'): chi diceva ‘na cosa, chi (ne diceva) n'ata (chi diceva una cosa, chi (ne diceva) un'altra)
||| pron. interr. invar. quale persona, quali persone (usato sia come sogg. sia come compl.; può essere rafforzato con mai): chi à sunato â porta?; chi so’ chelli ssignore?; (chi à sonato alla porta?; chi sono quelle signore?; chi sarrà maje?; cu chi parlava?(chi sarà mai?; con chi parlava?);
troppo
A)avv.come nel caso che ci occupa
1 eccessivamente; piú del dovuto, del conveniente: à faticato troppo; hê parlato troppo; nun fà troppo tarde; ‘sta bbirra è troppo fredda; troppo gentile!, troppo bbuono!, (à lavorato troppo; ài parlato troppo; non far troppo tardi; questa birra è troppo fredda; troppo gentile!, troppo buono!), come espressioni di cortesia | rafforzato da pure(anche, fin), , piú di quanto sarebbe bene, necessario o opportuno: è ppure troppo scetato; sî ppure troppo ‘ntelliggente (è anche troppo sveglio; sei fin troppointelligente)| esprimendo il termine rispetto al quale qualcosa si ritiene eccessiva:è ttroppo malezziuso pe puterlo ‘mbruglià (è troppo furbo perché lo si possa imbrogliare); costa troppo poco p’essere overo(costa troppo poco per essere autentico) | ‘e troppo (di troppo), in piú, in eccesso, piú del dovuto o del necessario: ce ne stanno ddiec e ‘e troppo(ce ne sono dieci di troppo); à vippeto quacche bbicchiere ‘e troppo(à bevuto qualche bicchiere di troppo); uno ‘e nuje è de troppo(uno di noi due è di troppo) | pur troppo(pur troppo), per esprimere rammarico, piú comune nella grafia purtroppo || Nell'uso ant. o pop. si trova talora accordato nel genere col termine al quale si riferisce: primma ca arapessero accumminciaje a tuzzulià â porta cu troppi bbòtte(prima che aprissero cominciò a percuoter la porta con troppi colpi) 2 con valore simile a molto, assai, senza l'idea di eccesso: ‘o ssaje troppo bbuono ch’aggio raggione!(Sai troppo bene che ò ragione!); | nun troppo(non troppo), piuttosto poco: nun me sento troppo buono (non mi sento troppo bene);
B)agg.vo indef.
1 indica quantità o numero eccessivo: ce sta troppu trafeco; faceva troppo caudo; aggiu magnato mangiato troppi ppaste; chesta frutta è troppa pe mme; (c'è troppo traffico; faceva troppo caldo; ho mangiato troppi dolci; questa frutta è troppa per me);
2 col valore di molto, senza l'idea di eccesso;
C)pron. indef.
1 quantità eccessiva di qualcosa: i’ aggiu víppeto pocu vino e tu troppo; Ne vuó ancòra?" "Sí, ma nun troppo" (io ho bevuto poco vino e tu troppo; Ne vuoi ancóra?" "Sí, ma non troppo") | in espressioni ellittiche: vide ‘e nun spennere troppo(vedi di non spendere troppo), di denaro; magnà troppo (mangiare troppo), di cibo; tengo ancòra troppo ‘a fà(ò ancóra troppo da fare), troppo lavoro, troppe cose; hê ditto pure troppo(ài detto anche troppo), troppe cose
2 pl. troppe persone: troppe lle credono ancòra(troppi gli credono ancóra);
D) s.vo m.le cosa eccessiva e superflua, che sarebbe meglio eliminare o ridurre; usato per lo piú in frasi proverbiali: ‘o ttroppo struppeja; ll'assaje avasta e ‘o troppo guasta; tanto è ‘o ttroppo quanto ‘o troppo poco; il troppo stroppia; l'assai basta e il troppo guasta; tanto è il troppo quanto il troppo poco;
voce dal francone throp 'mucchio, branco, quantità'; cfr. truppa
tira = tira voce verbale 3ªpers. sg. ind. pres. dell’infinito tirà = tirare,trainare, trascinare; rimorchiare; (a sé) accostare, avvicinare, lanciare, scagliare, gettare, buttare voce dal lat. volg. *tirare, alterazione del class. trahere 'trarre';
spezza = tira voce verbale 3ªpers. sg. ind. pres. dell’infinito spezzà = 1 spezzare, frantumare, spaccare, fracassare, fratturare (un osso)
2 (estens.) interrompere, sospendere.voce denominale del lat. volg. *pettia(m), di origine celtica con prostesi della tipica fricativa dentale (s) distrattiva napoletana.
A margine di questa espressione ne rammento un’altra che chiama direttamente in causa i cordai:
Fà comme ê funare.
Agire come i fabbricanti di corde. Id est: non fare alcun progresso né nello studio, né nell'apprendimento di un mestiere. Come ò già détto, quando ancora non v'erano le macchine ed i robot che fanno di tutto, c'erano taluni mestieri che venivano fatti da operai ed esclusivamente a mano. Nella fattispecie i cordari solevano fissare con i chiodi ad un asse di legno i capi delle corde da produrre e poi procedendo come i gamberi le intrecciavano ad arte. La locuzione prende in considerazione non i risultati raggiunti ma solo il modo di procedere tenuto dai cordari.
3)« ‘e miereche t’accireno e nun te pavano »
Ad litteram : i medici ti uccidono, ma non ti pagano Id est : i medici possono (con la loro imperizia, approssimazione e mancanza di applicazione e/o studio) procurare dànni anche estremi ai loro pazienti, ma poi – per una sorta di tacita impunibilità – non rispondono mai delle loro azioni ; cosí almeno accadeva un po’ di tempo fa ; oggi i medici son chiamati a rispondere anche in sede penale oltre che civile del loro comportamento erroneo, anche se il paziente vittima o i suoi eredi son costretti a lunghe e perigliose liti giudiziarie che però spesso sfociano in un nulla di fatto o per la magnanimità dei collegi giudicanti schierati sempre con il professionista o per l’omertà della classe medica che chiamata a testimoniare o a dare un parere tecnico fa quadrato con il proprio collega iscritto all’albo professionale.
L’espressione viene usata in senso estensivo anche nei confronti di qualsiasi altra classe professionale (magistrati, avvocati,infermieri, ma anche artigiani etc. ) che chiamati a rispondere del loro operato si dan manforte, sostegno, aiuto, appoggio vicendevole in dànno di chi abbia subíto la loro erronea azione.
miereche s.vo pl. del sg. miedeco/miereco medico voce nel napoletano intesa sia riferita a uomo che a donna. dal lat. medicu(m), deriv. di medíri 'curare, soccorrere'
accireno = uccidono voce verbale (3ª pers. pl.) dell’ind. pres. dell’infinito accidere (dal lat. volg. *accidere,per il cl. occidere comp. di ob-→oc 'contro' e caedere 'tagliare, abbattere'; da notare nella coniugazione la rotacizzazione osco-mediterranea della d di accidere che s’alterna con la r ottenendo accirere;
pavano = pagano voce verbale (3ª pers. pl.) dell’ind. pres. dell’infinito pavà = pagare, retribuire, remunerare, stipendiare; liquidare, saldare, onorare (spec. un debito);ma anche come nel caso che ci occupa rimborsare, risarcire, ripagare; ( pavare/pavà è un adattamento attraverso un’alternanza g/v ( cfr gonnella→vunnella, golio→vulio, volpe→golpe etc.) di pagare derivato dal lat. pacare 'pacificare').
E qui penso di poter far punto, convinto, se non di avere esaurito l’argomento, di averne détto a sufficenza, accontentata l’amica d’Oltralpe ed interessato qualcuno dei miei ventiquattro lettori.
Raffaele Bracale
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