lunedì 10 febbraio 2014
VARIE 2866
1.‘A VITA È ‘NA CEPOLLA CA S’AMMONNA CHIAGNENNO
La vita è una cipolla che si monda piangendo
Id est: come la cipolla che quando la si monda o affetta fa lacrimare, cosí è la vita che nel suo dipanarsi quotidiano può indurre al pianto, atteso che è costellata di dispiaceri e fastidi.
2. ‘A CAPA (‘A CEREVELLA) ‘E LL’OMMO È ‘NU SFUOGLIO ‘E CEPOLLA
La testa (il cervello) dell’uomo è una tunica di cipolla
Id est: come la cipolla à un sottile, inconsistente rivestimento che facilmente può rompersi ed essere eliminato, alla stessa stregua il cervello dell’uomo (inteso come essere umano, comprensivo cioè di uomini e donne) à un cervello quasi inconsistente e in quanto tale inaffidabile circa la validità delle idee prodotte.
3.‘A CAPA ‘E LL’OMMO È COMM’ Â CARCIOFFOLA
La testa (cioè la mente) dell’uomo è come un carciofo.
Id est: come il carciofo è formato da numerose brattee (comunemente détte foglie) cosí la testa dell’uomo(inteso come essere umano, comprensivo cioè di uomini e donne) produce numerose idee e/o pensieri che devono essere eliminati per giungere al cuore dell’intendimento umano, come per giungere al cuore del carciofo (che è la parte migliore e piú tenera) occorre eleminare le numerose brattee che lo involgono.Se ne ricava che l’essere umano muta continuamente di pensieri ed idee dimostrandosi inaffidabile circa la tenuta di princípi e volontà!
4. CE HÊ ‘A FÀ FÀ ‘O SPEZZIALE oppure FANCE FÀ ‘O SPEZZIALE
Ad litteram:Devi farci fare lo speziale oppure facci fare lo speziale Id est:lasciaci fare il nostro lavoro in pace. Lo spezziale della locuzione (correttamente scritto in napoletano con due zeta) non è il venditore di spezie o erbe aromatiche, che invece in napoletano è detto semplicista quanto piuttosto il farmacista addetto alle preparazioni galeniche; per svolgere detto lavoro, occorre calma, pazienza, precisione, attenzione e ponderatezza, tutte cose che - se vengono meno - posson condurre a risultati disastrosi e talvolta addirittura fatali; ora se lo speziale nel corso della sua opera viene infastidito o distratto da qualche scioperato che non avendo niente da fare si intrattiene nel laboratorio dove il suddetto farmacista è intento alle preparazioni suddette, costui potrebbe affrontare a muso duro il perdigiorno con una delle locuzioni in epigrafe per indurlo ad andar via. È chiaro che per traslato le locuzioni possono essere usate nei confronti di chiunque intralci un qualsiasi altro tipo di lavoro.
5.QUANN' UNO S'À DDA 'MBRIANCÀ, È MMEGLIO CA 'O FFA CU 'O VINO BBUONO.
Quando uno decide d'ubriacarsi è meglio che lo faccia con vino buono. Id est: Se c'è da perdere la testa è piú opportuno farlo per chi o per qualcosa per cui valga la pena.
6.SCIORTA E CCAUCE 'NCULO, VIATO A CCHI 'E TTÈNE!
Beato chi à fortuna e spintarelle ovvero raccomandazioni
7.ANCAPPA PE PRIMMO, FÓSSENO PURE MAZZATE!
Letteralmente: Acchiappa per primo, anche se fossero botte! L'atavica paura della miseria spinge la filosofia popolare a suggerire iperbolicamente di metter le mani su qualsiasi cosa, anche percosse, per non trovarsi - in caso contrario - nella necessità di dolersi di non aver niente!
8.A PPAVÀ E A MMURÍ, QUANNO CCHIÚ TTARDE SE PO’.
A pagare e morire, quando piú tardi sia possibile! È la comoda filosofia e strategia del rimandare sine die due operazioni molto dolorose, nella speranza che un qualche accadimento intervenuto ce le faccia eludere.
9.'NA VOTA È PRENA, 'NA VOTA ALLATTA, NUN 'A POZZO MAJE VÀTTE'
Letteralmente:una volta è incinta, una volta dà latte, non la posso mai picchiare...Come si intuisce la locuzione era in origine usata nei confronti della donna. Oggi la si usa per significare la situazione di chi in generale non riesce mai a sfogare il proprio rancore e o rabbia a causa di continui e forse ingiustificati scrupoli di coscienza.Attenzione! Faccio notare qui come nel napoletano l’apocope di vàttere→vàtte(re)→vàtte’ non comporta il trasporto dell’accento tonico , per cui l’infinito vàtte’ non essendo accentato sull’ultima sillaba (diventando tronco)rimane piano e va letto vàtte e non vatté!
10.LÈVATE 'A MIEZO, FAMME FÀ 'O SPEZZIALE.
Letteralmente: togliti di torno, lasciami fare lo speziale...Id est:lasciami lavorare in pace - Lo speziale era il farmacista, l'erborista, non il venditore di spezie. Sia l'erborista che il farmacista erano soliti approntare specialità galeniche nella cui preparazione era richiesta la massima attenzione poiché la minima disattenzione o distrazione generata da chi si intrattenesse a perder tempo nel negozio o laboratorio dello speziale avrebbe potuto procurar seri danni: con le dosi in farmacopea non si scherza! Oggi la locuzione è usata estensivamente nei confronti di chiunque intralci l'altrui lavoro in ispecie la si usa nei confronti di quelli (soprattutto incompetenti) che si affannano a dare consigli non richiesti sulla miglior maniera di portare avanti un'operazione qualsivoglia!
11.ARTICULO QUINTO:CHI TÈNE 'MMANO À VINTO!
La locuzione traduce quasi in forma di brocardo scherzoso il principio civilistico per cui il possesso vale titoloInfatti chi tène 'mmano, possiede e non è tenuto a dimostrare il fondamento del titolo di proprietà.In nessuna pandetta giuridica esiste un siffatto articolo quinto, ma il popolo à trovato nel termine quinto una perfetta rima al participio vinto
D’altro canto c’è da osservare che – per non mancare la rima nel proverbio si è usato il part. pass. vinto che normalmente è estraneo alla parlata napoletana preferendoglisi la forma vinciuto.
12.CHI FRAVECA E SFRAVECA, NUN PERDE MAJE TIEMPO.
Chi fa e disfa, non perde mai tempo. La locuzione da intendersi in senso antifrastico, si usa a commento delle inutili opere di taluni, che non portano mai a compimento le cose che cominciano, di talché il loro comportamento si traduce in una perdita di tempo non finalizzata a nulla.
13.'A SCIORTA D' 'O PIECORO: NASCETTE CURNUTO E MURETTE SCANNATO...
Letteralmente: la cattiva fortuna del becco: nacque con le corna e morí squartato. La locuzione è usata quando si voglia sottolineare l'estrema malasorte di qualcuno che viene paragonato al maschio della pecora che oltre ad esser destinato alla fine tragica della sgozzatura deve portare anche il peso fisico e/o morale delle corna.
14.È MMUORTO 'ALIFANTE!
Letteralmente: È morto l'elefante! Id est: Scendi dal tuo cavallo bianco, è venuto meno il motivo del tuo sussiego, della tua importanza, non conti piú nulla. La locuzione, usata nei confronti di chi continua a darsi arie ed importanza pur essendo venute meno le ragioni di un suo inutile atteggiamento di comando e/o sussiego , si ricollega ad un fatto accaduto sotto il Re Carlo di Borbone al quale, nel 1742, il Sultano della Turchia regalò un elefante che venne esposto nei giardini reali e gli venne dato come guardiano un vecchio caporale che annetté al compito una grande importanza mantenendo un atteggiamento spocchioso per questo suo semplice compito. Morto l'elefante, il caporale continuò nel suo spocchioso atteggiamento e venne beffato dal popolo che, con il grido in epigrafe, gli voleva rammentare che non era piú tempo di darsi arie...essendo venuto meno il fondamento su cui poggiava ladi lui altezzosità.
15. A CCHI SE FA PUNTONE, 'O CANE 'O PISCIA 'NCUOLLO...
Letteralmente: chi si fa spigolo di muro,cantonata di via, il cane gli minge addosso. È l'icastica e piú viva trasposizione dell'italiano: "Chi si fa pecora, il lupo se la mangia" e la locuzione è usata per sottolineare i troppo arrendevoli comportamenti di coloro che o per codardia o per ingenuità, non riescono a farsi valere.
Cepolla s.vo f.le = cipolla pianta erbacea coltivata per il bulbo commestibile, composto di varie tuniche carnose (fam. Liliacee) | il bulbo stesso e, per estens., il bulbo di altre piante: cipolla bianca, rossa; frittata con le cipolle; togliere il velo alle cipolle, la prima squama sottilissima che ricopre il bulbo; la cipolla del giglio, del tulipano ' mangiare pane e cipolla, (fig.) pochissimo e male; essere molto povero. La voce napoletana è dritto per dritto dal t. lat. cepulla(m) diminutivo del class. cépa (cfr. il greco kepha= testa): in effetti in napoletano s’usa tautologicamente dire ‘na capa ‘e cepolla;
ammonna = monda voce verbale(3° p.sg. ind. pres.) dell’infinito ammunnà = mondare; ammunnà 1 pulire, nettare separando da ciò che nuoce o non si utilizza: ammunnà ‘o ggrano,(mandare il grano), separarlo dalla loppa; ammunnà ‘o riso (mondare il riso), estirpare le erbacce dalle risaie
2 (tosc. , lett.) togliere la buccia, l'involucro: ammunnà ‘e castagne (mondare le castagne); ammunnà ‘e cepolle ( mondare le cipolle). Il verbo napoletano è dal lat. mundare, (deriv. dell'agg. mundus 'mondo, pulito') con assimilazione progressiva nd→nn e protesi d’un rafforzativo ad→am per assimilazione regressiva (ad-mu→ammu);
chiagnenno = piangendo voce verbale (gerundio) dell’infinito chiagnere = piangere Il verbo napoletano è dal lat. plangere 'battere, battersi il petto': normale il passaggio del lat. pl+ voc. al nap. chi+ voc. (cfr. chiaja ←plaga, cchiú←plus , chianto←planctu(m) etc.)
cerevella = cervello s.vo f.le 1 (anat. , zool.) la massa piú voluminosa dell'encefalo contenuta nella scatola cranica dei vertebrati; è l'organo che presiede alle facoltà sensoriali, motorie, sensitive e intellettive | nell'uso com., l'encefalo stesso, spec. quando ci si riferisce a quello di bestie macellate: cervello di bue; fritto di cervello | bruciare, far saltare le cervella a qualcuno, ucciderlo con un colpo di arma da fuoco al capo
2 (estens.) testa, capo, in quanto sede del pensiero, dell'attenzione: dove avete il cervello? | avere il cervello nelle nuvole, essere perennemente distratto | mettere il cervello a partito, mettere giudizio | dare al cervello, di alcolici, ubriacare; di altre cose, far perdere il senso della realtà | cambiare il cervello a qualcuno, cambiare il suo modo di ragionare
3 (fig.) senno, intelletto, ingegno;
la voce cerevella è etimologicamente la femminilizzazione del lat. cerebellu(m), dim. di cerebrum 'cervello' con normale alternanza napoletana della v con la b (cfr. ad es. barca→varca, bocca→vocca, sventura→sbentura etc.) il passaggio al femminile di una voce maschile avviene spesso nel napoletano quando si voglia indicare con il femminile qualcosa di piú grande del corrispondete maschile (cfr. ‘a tammorra (piú grande rispetto a ‘o tammurro piú piccolo ), ‘a cucchiara(piú grande rispetto a ‘o cucchiaro piú piccolo ) ‘a tavula (piú grande rispetto a ‘o tavulo piú piccolo ), ‘a carretta (piú grande rispetto a ‘o carretto piú piccolo ), etc. ) nella fattispecie per l’uomo o donna, che si pensa l’abbiano piú grande si dice infatti cerevella , mentre per la gallina che è notoriamente poco fornita di materia grigia, si dice cerviello.
ommo = uomo s.vo m.le da un nomin. latino (h)òmo con tipico raddoppiamento espressivo della labiale m, mentre la consonante diacritica d’avvio (h) un tempo aspirata, non viene presa in considerazione, né lascia traccia;
sfuoglio = tunica di taluni ortaggi, sfoglia; quest’ultima à varii significati:
1 lamina sottile: sfoglia d'oro, d'argento; le sfoglie di una cipolla.
2 strato di pasta all'uovo stesa e assottigliata col matterello: fare la sfoglia | pasta sfoglia, pasta dolce o salata, a base di burro e farina, che cuocendo si divide in strati leggeri
3 (region.) guaina della pannocchia del granturco, tunica di taluni ortaggi; la voce italiana sfoglia s.vo f.le è un derivato del lat. folium «foglio», per la forma appiattita con l’aggiunta di una s protetica di tipo durativo; uguale etimo à il napoletano sfuoglio che – con riferimento alla tunica di certi ortaggi (cfr. precedentemente sub cerevella) è pensato maschile giacché piú piccolo ad es. della sfoglia (strato di pasta all'uovo stesa e assottigliata col matterello), strato che in napoletano è reso con il sostantivo f.le pettula/pettola;con tali termini si indica innanzi tutto l'ampia falda posteriore delle camicia d’antan ,quella che dentro o fuori i pantaloni insiste sul fondoschiena; estensivamente, con i medesimi termini, si indica quella che in toscano è detta sfoglia, che si ottiene con l’ausilio del matterello (e non mattarello che è un dialettismo romanesco) con il quale su di una apposita spianatoia si stende e si assottiglia, portandolo ad un consono spessore, l’impasto di farina, uova e/o altri ingredienti, per ottenerne, opportunamente tagliata o riempita, pasta alimentare o altre preparazioni culinarie; per traslato, con i termini pettula/pettola , si indica una donnaccia o anche una donnetta ciarliera e petulante; quanto all’etimo di pettula/pettola occorre iniziare col dire che la radice pat che pure dà vita a parole latine come patulus= disteso o verbi greci come pètomai indicanti l’azione del distendere, allargare etc., non si può riferire alla pettola/pettula;ciò è in tutti i testi da me compulsati al riguardo.
Molto piú prosaicamente le parole péttola e péttula si fanno derivare da un acc. tardo latino: *petula(m)con consueto raddoppiamento della dentale T in parole sdrucciole, con derivazione radicale dalla radice pet di peto lat.:peditum;e non se ne faccia meraviglia: si pensi a su cosa insiste la pettola della camicia!
Altra ipotesi, ma forse meno convincente, è che la péttola/péttula si riallacci al basso latino: pèttia(m)=pezza,nella forma diminutiva pettúla(m) e successivo cambio di accento che abbia dato péttula: questa etimologia può solleticare, ma è lontana dalla sostanza della péttola napoletana che non indica una piccola pezzuola quale appunto è la pettúla, ma, al contrario, un’ampia falda.
capa s.vo f.le = capo, testa ed estensivamente intelligenza (cfr. tène ‘na bbella capa= è molto intelligente tène ‘a capa ‘ncapo= à una gran dose di razionalità); l’etimo è dal lat. capu(t) reso femminile probabilmente per le medesime ragioni di cui precedentemente sub cerevella;
comme avv.
1 in quale modo, in quale maniera (in prop. interrogative dirette e indirette): comme staje?; comme è gghiuto ‘o viaggio?; dimme comme staje; m’addimanno comme se farrà ' comme maje?( come stai?; come è andato il viaggio?; dimmi come stai; mi chiedo come si farà ' come mai?),, perché mai, per quale ragione: comme maje nun è cchiú partuto?(come mai non è più partito?) | comm’è ca(com'è che...?), comme va ca ( come va che...?), qual è il motivo per cui... | ma comme!?(ma come?!), per esprimere sdegno o meraviglia | comme dice?, comme hê ditto?(come dici?, come hai detto?), per chiedere che si ripeta qualcosa | comme sarebbe a ddicere? (come sarebbe a dire?), per chiedere una spiegazione | comm'è, comme nun è (com'è, come non è), (fam.) per introdurre un fatto che si è verificato all'improvviso | comme no?!(come no?!), certamente | comme ve canzate (come vi permettete?!, guardatevi bene dal permettervi
2 quanto (in prop. esclamative): comme chiove(come piove!); comme sî bbuono!(come sei buono!); comme me dispiace(come mi dispiace!) | e comme!?,
3 il modo nel quale, in quale modo (introduce una prop. dichiarativa): lle raccuntaje comme ll’amico fosse partuto(gli raccontò come l'amico sarebbe partito); nun t’adduone comme sî ffesso?!(non ti accorgi come sei stupido) | preceduto da ecco, con lo stesso significato e funzione: ecco comme jettero ‘e ccose(ecco come andarono le cose); ecco comme ce se po’ arruvinà(ecco come ci si può rovinare)
4 nel modo in cui, quanto (introduce una prop. comparativa): è bbello comme me credevo(è bello come credevo); arrivarrà cchiú tarde ‘e comme aveva ditto(arriverà più tardi di come aveva annunciato); 6 sta a 3 come 10 sta a 5 | in frasi comparative ellittiche del verbo stabilisce una relazione di somiglianza o di identità: janco comm’ ô llatte(bianco come il latte); ‘a figlia è aveta comm’â mamma(la figlia è alta come la madre); poche so’ ffessi comme a tte!(pochi sono sciocchi come te); ‘e juorne comme ‘e notte(di giorno come di notte) | in espressioni rafforzative o enfatiche: i’ comme a io nun accettasse!(io come io, non accetterei), per quanto mi riguarda, per conto mio; mo comme a mmo(ora come ora), oje comme a oje(oggi come oggi), al momento attuale | con il sign. di nella condizione, in qualità di, introduce un'apposizione o un compl. predicativo: tu, comme arbitro nun hê ‘a fa preferenze!(tu, come arbitro, devi essere imparziale); fuje sciveto comme testemmonio(fu scelto come testimone); tutte ‘a vulevano comme mugliera(tutti la richiedevano come moglie); in coda di questo numero rammento che in napoletano nelle frasi comparative ellittiche del verbo, stabilendo una relazione di somiglianza o di identità,l’avverbio comme esige d’essere accompagnato dalla preposizione semplice a che fondendosi con un eventuali articoli determinativi che volta a volta seguissero, genera delle preposizioni articolate che graficamente vanno rese nel modo seguente:
ô = a + il – a + lo = al, - â =a + la = alla, - ê= a + i = ai - ê = a + le = alle
per cui ad es. l’espressione bianco come il latte in napoletano non si potrà rendere con janco comm’ ‘o llatte ma si dovrà rendere con janco comm’ ô llatte dove comm’ ô è uguale a come al
5 nel modo in cui, in quella maniera che (introduce una prop. modale): aggiu fatto comme tu hê vuluto(ò fatto come tu ài voluto); tutto è succieso comme speràvamo(tutto è accaduto come speravàmo) | preceduto da accussí: lascia ‘e ccose accussí comme stanno(lascia le cose cosí come sono) | in correlazione con accussí o con tanto (in luogo di quanto): nun è accussí tarde comme me credevo(non è così tardi come pensavo); tanto ll’une comme a ll’ate(tanto gli uni come gli altri ') comme (si), nello stesso modo che, quasi che: puortale rispetto comme (si) fosse pàteto(rispettalo come (se) fosse tuo padre) | comme si nun ll’avesse ditto(come non detto), per ritirare una precedente affermazione
cong.
appena, non appena; quando (introduce una prop. temporale): comme ‘o sapette, telefonaje(come lo seppe, telefonò) | a mano a mano che: ‘e nnutizzie se trasmettevano comme arrivavano(le notizie venivano comunicate come arrivavano);
s. m. invar. il modo, la maniera; la causa, il mezzo, spec. nelle loc. ‘o comme e ‘o pecché, ‘o cquanno e ‘o comme e sim.: spiegà‘o cquanno e ‘o comme; mo m’ hê ‘a dicere ‘o comme e ‘o pecché,; ora mi devi dire il come ed il perché.
carcioffola s.vo f.le carciofo; carcioffola è il nome con cui in Campania è chiamato il carciofo che à - come è noto - un'infiorescenza a capolino, per lo piú di colore verde tendente al grigio cenere; ci sono anche delle varietà tendenti al violetto. Le brattee, cioè le squame compatte che formano il capolino, possono avere spine oppure no. È proprio ciò che distingue i diversi tipi di carciofo.Essi variano altresí a seconda della dimensione tenuto presente che, mantenendo inalterato il gusto, ogni pianta produce un solo grosso fiore centrale e molti altri, piú piccoli, dai cosiddetti braccioli laterali.
Oggi le varietà spinose piú conosciute sono: i verdi della Liguria e di Palermo, quelli di Venezia e di Sardegna ed i violetti di Chioggia. UlteriorI varietà di carciofo spinoso sono il violaceo di Toscana, ed il carciofo spinoso campano che è verde-violaceo. Tra i non spinosi, invece, troviamo il cosiddetto romanesco, comunemente conosciuto come mammola (con derivazione dal Lat. mammula(m), dim. di mamma 'mammella'; propr. 'piccola mammella', poi anche 'bambina' e 'piccolo fiore', quello di Catania, di Palermo e della Campania dove prende il nome di mammarella diminutivo della pregressa mammola attraverso un doppio suffisso r+ella.
Si tratta di un alimento dal sapore spiccato,molto gustoso, versatile in quanto si presta a molte preparazioni culinarie; à ottime proprietà salutari: i carciofi sono infatti considerati i protettori del fegato; in effetti grazie ad una particolare sostanza (la cinarina) contenuta nelle brattee , nello stelo e nell'infiorescenza, il carciofo svolge un'azione benefica sulla secrezione biliare, sulla funzionalità epatica, favorendo altresí la diuresi renale e regolarizzando le funzioni intestinali. I carciofi stimolano pure il flusso di bile; già studi del passato condotti sia su animali che su esseri umani, dimostrarono che i carciofi abbassano i livelli ematici di colesterolo e di trigliceridi, quantunque in realtà i principi attivi siano contenuti nelle brattee che solitamente non vengono mangiate, se non in parte. Sono molto ricchi di fibre e di minerali, mentre è relativamente basso il contenuto di sodio e di vitamine, se si eccettua la presenza di un po' di vitamina A e vitamina C. Possono essere mangiati da tutti ed a tutte le età perché alimento facilmente digeribile ed essendo molto ricco di fibra solubile aiuta ad eliminare il colesterolo in eccesso; il carciofo è infine altresí ricco di inulina, un polisaccaride che l'organismo metabolizza in modo diverso dagli altri zuccheri. In realtà l'inulina non viene utilizzata dall'organismo per la produzione di energia. Questo fatto rende i carciofi molto salutari per i diabetici, perché l'inulina migliora efficacemente il controllo dello zucchero ematico nei diabetici.
A margine rammento che con il termine carciofo con linguaggio furbesco si indica una persona sciocca, incapace; tuttavia sono sconosciute le ragioni di questo strano collegamento semantico tra un ottimo, gustoso alimento quale è il carciofo ed una persona sciocca o incapace. Quanto all’etimo la voce carcioffola è una forma diminutiva (cfr. il suff. ola ← olus/ola) di carciofo che risale all’arabo kharshuf.
Raffaele Bracale
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