1. Chi tène lengua va ‘nSardegna.
Ad litteram: a) chi à lingua (cioè sa parlare) arriva in Sardegna, ma anche b)chi parla troppo finisce in Sardegna.
Locuzione, come si vede,che può avere una doppia valenza o interpretazione: quella sub a) fa riferimento al comportamento di chi abbia padronanza di eloquio e non disdegni di richiedere informazioni che possano aiutarlo a raggiungere la Sardegna , regione ritenuta temporibus illis molto lontana e difficile da raggiungere; la valenza sub b) si riferisce invece a chi sia troppo linguacciuto al segno di mancare di rispetto, a mo’ di esempio, ad un suo superiore, che può punirlo trasferendolo in Sardegna , terra ritenuta inospitale oltreché lontana.
2. Chi è mmuorto e me l’ à ditto?
Ad litteram: Chi è defunto e me lo à detto? cioè chi è morto e mi à lasciato questo legato testamentario? Locuzione usata in tono risentito da chi si trovi coinvolto - a suo malgrado - in situazioni nelle quali deve conferire delle prestazioni che non si sente in animo di compiere ed allora retoricamente si autorivolge la domanda in epigrafe volendo significare: non sono tenuto a compiere quanto mi si chiede, non essendo obbligato verso alcun dante causa; infatti nessuno à lasciato scritto in un testamento, che io mi debba far carico di simili prestazioni.
3. Chi ‘a vo’ cotta e chi ‘a vo’ crura...
Ad litteram: chi la vuole cotta e chi la vuole cruda. La locuzione fa riferimento alla grande inconciliabilità di gusti esistente nel vivere comune, inconciliabilità per la quale c’è continua discordanza di pareri e di modi di vedere ed allorché questa discordanza si manifesta tra coloro che dovrebbero concorrere alla realizzazione di un’opera comune, quest’ultima difficilmente si potrà compiere.
Con molta probabilità, ma non con certezza, la locuzione nacque in una cucina e fu pronunciata da un cuoco che doveva seguire la cottura delle carni poste sullo spiedo e non sapeva decidersi a levar lo spiedo dal fuoco stante il fatto che tra i commensali non c’era un’auspicabile concordia e qualcuno voleva la carne ben cotta, altri la preferivano piuttosto cruda.
4. Chiavarse ‘a lengua ‘nculo specie nell’imperativo chiàvate ‘a lengua ‘nculo
Ad litteram: mettersi la lingua nel culo specie nell’imperativo póniti la lingua nel culo id est: zittire, tacere,specie nell’imperativo taci, zittisci, non profferir piú oltre parole.Locuzione icastica, ma chiaramente iperbolica, stante la impossibilità fisica di compiere quanto indicato nell’imperativo, che viene pronunciata soprattutto nei confronti dei saccenti e supponenti che sono soliti porre bocca in ogni occasione ed esprimere un loro parere il piú delle volte non richiesto e perciò fastidioso. A tali categorie di persone a Napoli si suole consigliare o talvolta si impone di porsi la lingua nel culo, invece di farla a sproposito vibrare nel cavo orale,nella speranza che il predetto, accolto l’invito o recepita l’imposizione, taccia una buona volta senza piú replicare.
5. Chianu chiano ‘e ccòglio e senza pressa ‘e vvengo.
Ad litteram:Pian piano li raccolgo e senza fretta li vendo Locuzione divertita usata nei confronti di chi operi tutte le sue cose, senza darsi fretta, con calma e circospezione, quasi con studiata lentezza,beandosene e sfruttando per intero tutto il tempo a sua disposizione; locuzione nata chiaramente nell’àmbito dei contadini che invece - per solito - sono molto alacri nel raccogliere i frutti e porli in vendita; ma ogni regola à la sua eccezione.
Brak
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