MONELLO, DISCOLO, BIRBONE; BIRICHINO, FURBO
Mi fu richiesto, per le vie brevi, da un cortese  lettore di cui questioni di riservatezza mi impongono di indicare le sole iniziali: S.C., lettore che si era soffermato a leggere qui e là alcune  mie note linguistiche,  di illustrare le parole napoletane che traducono quelle in epigrafe; lo faccio qui di sèguito, precisando che – come vedremo – alcune parole napoletane usate per significare ad un dipresso quelle dell’epigrafe, in realtà  significano anche qualcosa in piú. Ad ogni buon conto prima di illustrare le voci del napoletano, prendo brevemente in considerazione quelle dell’italiano  dove abbiamo:
monello/a  s.vo m.le o f.le 1 ragazzo discolo o poco educato; ragazzo di strada. 
dim. monellino, monelluccio pegg. monellaccio 
2 (estens.) ragazzo molto vivace, impertinente, irrequieto 
3 (ant.) furfante, falso invalido. Non  di semplice soluzione la questione etimologica: oltre il trincerarsi dei piú  dietro un pilatesco etimo incerto  (cosa che come è noto -  mi procura attacchi d’orticaria,da qualcuno si  ipotizzano: a) una derivazione, quale diminutivo  di Mone, accorciamento fam. di Simone, incrociato per il significato con mòna «scimmia», ma semanticamente l’idea  non mi convince; b) una derivazione da un lat. parlato moned(u)la→monedla→monella = «gazza,uccello ladro e loquace»,ma anche questa idea m’appare semanticamente poco percorribile; a questo punto poiché nessuna delle ipotesi in circolazione mi soddisfa o m’appare agevolmente percorribile, non mi resta che c) formulare una mia personale ed affatto originale proposta che mi pare risponda sia alla morfologia che alla semantica; poiché come ò già annotato sub 3 anticamente ed in primis  la voce in esame fu usata per indicare  un furfante,un  falso invalido che pietisse elemosine facendo le viste di essere storpio,privo d’un braccio o di una gamba è ipotizzabile  che monello sia derivato da un monchello diminutivo di monco (dal lat. mancu(m) 'manco, mutilo', quindi 'difettoso, manchevole'; ipotizzo cioè  un monchello→mon(ch)ello→monello. discolo/a agg.vo e  s.vo m.le o f.le 
1 ribelle, scapestrato; con sign. piú attenuato, vivace, indisciplinato: un uomo discolo e manesco; un bambino discolo || Usato anche come s. m. [f. -a]: quel discolo di mio figlio/quella discola di mia sorella ne combina di tutti i colori. 
2 (ant.) di carattere ombroso; intrattabile, incontentabile 
3 (ant.) rozzo, illetterato.
Etimologicamente dal lat. tardo dyscolu(m), che è dal gr. dyskolos 'fastidioso, importuno'; 
birichino/a agg.vo  m.le o f.le 
 1 vivace,  ed impertinente: un bambino birichino | (estens.) furbo, malizioso: occhi birichini 
 talora s.vo m.le [f.le -a] monello, bambino vivace ed impertinente, soprattutto in quanto manifesta tale suo carattere nelle parole o negli atti: Non son piú, cipressetti, un birichino,e sassi in specie non ne tiro piú (Carducci); anche agg.: questo/a ragazzo/ragazza si fa sempre piú birichino/a.  
È molto diffusa, ma inesatta, la grafia biricchino/a; 
2 Nella prima metà del sec. 18° erano cosí chiamati a Bologna gruppi di malviventi, designati dal nome delle contrade, tra i quali vigeva una stretta omertà; costoro consegnavano ad un capo quanto riuscivano a rapinare ed egli ne disponeva a comune profitto. Ed in effetti etimologicamente  questa a margine è in origine una voce emiliana, affine a briccone (s.vo m.le) [f.le -a] 
1 persona scaltra, malvagia, senza scrupoli 
2 (scherz.) persona simpaticamente astuta, riferito soprattutto a ragazzi; birbante; voce che etimologicamente trae dal franc.  bric = stolto). 
Birbone s.vo ed agg.vo m.le o f.le  [f. -a] 
1 birba, briccone, canaglia. pegg. birbonaccio 
2 (scherz.) monello, discolo. dim. birboncello 
3 (ant.) vagabondo, mendicante 
 come agg. 
1 malvagio, maligno: giocare un tiro birbone 
2 (scherz.) intenso, molto forte: soffiava un vento birbone.
Etimologicamente è un accrescitivo (cfr. il suff. one) del s.vo birba che è lettura metatetica  del fr. bribe 'tozzo di pane dato per elemosina', quindi 'accattone, vagabondo, briccone'
con il seguente percorso morfologico: bribe→birbe→birba + il suff. accrescitivo m.le one→ birbone; 
Furbo s.vo ed agg.vo m.le o f.le  [f. -a] agg. 
di chi sa trarre vantaggi dalle situazioni agendo con prontezza, intuizione e senso pratico; scaltro, astuto: un ragazzo furbo | fatto con furbizia; che denota furbizia: una trovata, una mossa furba; occhi furbi. DIM. furbetto 
 come s. m. [f. -a] 
1 persona furba, spec. in senso spreg. : fare il furbo | furbo matricolato, di tre cotte, persona furbissima. DIM. furbetto ACCR. furbone PEGG. furbaccio 
2 (ant.) furfante 
Etimologicamente è dal fr. fourbe 'ladro'.
Giunti a questo punto prendiamo in esame le voci del napoletano che rendono quelle dell’italiano in epigrafe, cominciando da quella piú nota e cioè da
 scugnizzo/a s.vo ed agg.vo  m.le o f.le Ecco un’altra  parola, che  come guaglione,guappo,  camorra e derivati,  partita dal lessico partenopeo, è bellamente approdata in quello nazionale nel suo significato di monello, ragazzo astuto ed intelligente e  per estens., ragazzo vivace ed irrequieto.
È pur vero – come detto – che la parola è ormai termine italiano e pertanto da riferirsi a qualsiasi monello dello stivale, ma nel comune intendere con la parola scugnizzo ci si intende riferire ai monelli napoletani; sarebbe impensabile uno scugnizzo milanese, triestino etc. alla medesima stregua di ciò che avvenne con lo sciuscià (il monello che allo sbarco degli alleati durante l’ultima guerra, si guadagnava da vivere pulendo le scarpe  dei militari e/o civili) che – a malgrado operasse in tutte le città -  fu ritenuto essenzialmente napoletano…
Torniamo allo scugnizzo ed all’etimologia della parola; essa è tranquillamente un deverbale di scugnà  dal latino:excuneare; il verbo scugnà  significa: battere il grano sull’aia, percuotere, bastonare,smallare (le noci), scheggiare con percosse (i denti); ma nell’accezione che qui ci interessa: sbreccare, spaccare; per comprender tale accezione occorre riferirsi ad un tipico giuoco: quello dello strummolo alla cui trattazione   rimando, in particolare al momento in cui uno dei giocatori risultato perdente  nella gara di far vorticare la sua trottolina lignea (strummolo) può vederla  sbreccare o addirittura spaccare dal vincitore  che – con accorto colpo – può far scempio della trottolina dell’avversario perdente scugnandola cioè a dire sbreccandola.
Ecco dunque che i monelli napoletani adusi a manovrare lo strummolo e spesso a sbreccare quello dell’avversario  son detti scugnizzi e cioè capaci  di scugnare ed abili a farlo. Il percorso morfologico della voce usò il tema scugn di scugnare addizione del suffisso izzo collaterale nel napoletano  del suffisso iccio 
suffissi derivativi ed alterativi di aggettivi, che continuano il lat. -iciu(m) ed esprimono diminuzione, imperfezione, approssimazione e sim., per lo piú con valore peggiorativo e spregiativo (bruciaticcio, gialliccio, malaticcio, raccogliticcio, rossiccio, duratizzo, caditizzo etc. ); si ritrova anche in alcuni sostantivi con valore più o meno limitativo (chiacchiericcio, imparaticcio, pasticcio, terriccio, ghiribizzo, schiribizzo etc. ).
Lazzariéllo / lazzarèlla s.vo ed agg.vo  m.le o f.le monello scostumato, ragazzino/a sfrontato/a dissoluto/a, dissipato/a, depravato/a, vizioso/a, immorale; etimologicamente si tratta d’un diminutivo (cfr. i suff. i +éllo -  ella) del s.vo lazzaro che, con derivazione dal nome proprio  di un mendico coperto di piaghe che compare nel Vangelo di Luca (16, 19-31)  nella parabola del ricco Epulone, indica in primis 
1 lebbroso; anche, persona inferma, coperta di piaghe 
ma, con derivazione dallo sp. lázaro 'povero' fu anche  il nome dato dagli spagnoli ai popolani napoletani che aderirono alla rivolta di Masaniello (1647) e quindi lazzariéllo / lazzarèlla per traslato indicano pure una persona macilenta, male in arnese,quale sono intesi il/la monello/a o il/la ragazzino/a come indicati or ora.
Banchiero/banchèra=agg.vo e talora s.vo o m.le o  f.le, ma è il   solo  femminile  ad essere usato, nel significato di pettegola o in quello di monella scostumata,  ragazzina sfrontata, dissoluta, dissipata, depravata, viziosa, immorale atteso che il corrispondente maschile banchiere nel parlato comune non indica né il pettegolo, né un monello scostumato, etc. né    un venditore al minuto,(quale è la banchèra)  ma un impiegato di banca(istituto di credito); banchera ad litteram infatti in origine fu la venditrice al minuto  che lavora servendosi di un banco/bancone tenuto all’aperto sulla pubblica via, venditrice che essendo in contatto con molte persone può – come la  capèra  - diventar pettegola, propalatrice di notizie; in sèguito, per ampliamento semantico,  la voce indicò una monella scostumata, una   ragazzina sfrontata, dissoluta, dissipata, depravata, viziosa, immorale; va da sé che trattandosi di addetta alla vendita al minuto servendosi di un banco/bancone,  etimologicamente è voce derivata da banche plurale di  banco (che è  dal  germ. *bank 'sedile di legno' ) + il suffisso  femm. di pertinenza  era o al maschile iere;
guittone/a s.vo ed agg.vo m.le o f.le in primis vale mendicante, vagabondo e poi furfante,birbone,malvagio, maligno, semanticamente spiegati con il fatto che chi vagabondi perdendo tempo e non applicandosi ad un onesto lavoro da cui trarre sostentamento, debba ricavarlo per forza comportandosi da briccone e/o canaglia; etimologicamente la voce a margine attestata anche come guidone deriva dallo spagnolo guitón= guitto che ebbe significato spregiativo;  
guittaglione/a s.vo ed agg.vo m.le o f.le  si tratta di un ampiamento morfologico della voce precedente, di cui, con medesimo etimo, conserva le stesse accezioni sia pure con accento   maggiormente dispregiativo; 
Smazzatiéllo/smazzatèlla  s.vo ed agg.vo  m.le o f.le monello/a malizioso/a,furbo/a, lazzaroncello/a,sbarazzino/a; etimologicamente si tratta d’un furbesco diminutivo (cfr. i suff. i +éllo -  ella) dell’ agg.vo gergale  smazzato (=fortunato, sodomizzato),   che quale p.p. del verbo smazzà = rompere il sedere,  deriva dal  sostantivo mazzo (culo, fondoschiena dal lat. matea= intestino).
Zàccaro/a s.vo, ma talora  anche agg.vo  m.le o f.le
Voce che quale sostantivo indica in primis schizzo, goccia di fango ed in tal senso è usata al femminile id est zaccara; successivamente quest’ultima voce fu usata per significare estensivamente inezia, bagattella, cosa da nulla. Infine sulla scorta di questi significati si coniò il maschile zaccaro con cui si indicò un fanciullino, un monellino sporco e malmesso ed analogamente il femminile zaccara finí per indicare, oltre il già détto, una ragazzina sudicia e lazzaroncella;
quanto all’etimo la voce è da collegare al  longob. zahar 'goccia, lacrima'. 
E giunti qui penso d’aver accontentato l’amico S.C. e qualche altro dei miei ventiquattro lettori, per cui posso annotare il consueto satis est. 
Raffaele Bracale
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