venerdì 19 agosto 2011

ESPRESSIONI IPERBOLICHE NAPOLETANE

ESPRESSIONI IPERBOLICHE NAPOLETANE

Sollecitato dalla richiesta fattami da un caro amico; P.G.,del quale per problemi di riservatezza posso solo indicare le iniziali di nome e cognome, amico facente parte della Ass.ne Ex Alunni del Liceo classico G.Garibaldi di Napoli, che è uno dei miei abituali ventiquattro lettori e che spesso si sofferma a leggere le mie paginette sparse qua e là, sollecitato da una sua richiesta mi soffermo ad illustrare valenza e portata di alcune icastiche iperboli tipiche dell’idioma napoletano iperboli che si colgono sulle labbra d’ogni autentico napoletano e che non sostanziano (lo dico súbito!...) mai una bestemmia, mancando in chi usi quelle iperboli la volontà di offendere la divinità o altri soggetti celesti chiamati in causa solo per sottolineare il dire dando forza e sostanza al discorso con il prendere a riferimento per l’appunto la divinità o altri soggetti celesti come il massimo ipotizzabile di un quid qualsivoglia.
Esemplifico.
Quando si coglie sulle labbra d’un autentico napoletano l’espressione offensiva rivolta a qualcuno:
“Tu sî ‘nu ddio ‘e strunzo!” è chiaro che quel napoletano non vuole essere blasfemo, non intende mostrarsi empio, sacrilego, irriverente chiamando in causa Iddio Signore, ma vuole semplicemente trovare, magari contravvenendo al secondo comandamento, il massimo ipotizzabile termine di paragone per infamare al massimo il destinatario della sua offesa, giudicandolo il piú grosso, il piú importante, rilevante, notevole autorevole pezzo di merda, tanto grosso da non tenerne l’uguale, come non à l’uguale Iddio Signore.
Ugualmente, sempre a mo’ d’esempio, nella minaccia:
“Te faccio ‘na ddia ‘e paccheriata che vale: “Ti schiaffeggerò lungamente e pesantemente” non si deve cogliere alcuna intenzione blasfema, empia, sacrilega, irriverente in quanto la divinità è chiamata in causa solo per trovare il massimo ipotizzabile termine di paragone con cui misurare la quantità e forza delle percosse ed avvertirne il destinatario della minaccia; il fatto che non si tratti di una bestemmia si può già cogliere osservando che il sostantivo maschile ddio (per altro vergato in minusculo) è stato aggettivato (nel significato di grandissimo importante, rilevante, notevole autorevole) e reso femminile per accordarsi con il s.vo f.le successivo, proprio per evitare un irriverente riferimento all’unico Dio e seguendo il famoso criterio che in napoletano un oggetto (o cosa quale che sia) è inteso se maschile piú piccolo o contenuto del corrispondente femminile; abbiamo ad . es. ‘a tavula (piú grande rispetto a ‘o tavulo piú piccolo ),‘a tammorra (piú grande rispetto a ‘o tammurro piú piccolo ), ‘a cucchiara(piú grande rispetto a ‘o cucchiaro piú piccolo), ‘a carretta (piú grande rispetto a ‘o carretto piú piccolo ); ),‘a canesta (piú grande rispetto a ‘o canisto piú piccolo ), fanno eccezione ‘o tiano che è piú grande de ‘a tiana e ‘o caccavo piú grande de ‘a caccavella; nella fattispecie se con il s.vo aggettivato ddio si intende qualcosa di grandissimo importante, rilevante, notevole autorevole ancóra piú grande importante, rilevante, notevole autorevole risulta essere qualcosa gratificata con il s.vo aggettivato al femminile ddia.
Discorso analogo è da farsi per l’espressioni che chiamano in causa la Madonna o altri santi che son tutte espressioni da cui esulano intenzioni irriverenti o blasfeme essendo locuzioni usate solo nell’intento di trovare il massimo ipotizzabile termine di paragone per indicare qualcosa di cosí grosso, importante, rilevante, notevole da non tenerne l’uguale; in tali locuzioni si preferisce far ricorso ai termini Madonna o altri santi aggettivandoli e declinandoli al maschile o al femminile a seconda del s.vo di riferimento, evitando di chiamare in causa Dio ed accontentandosi di chi nella scala dei valori, pur elevati è certamente al di sotto di Lui. Esemplifico:
Fa ‘nu maronno ‘e cauro, oppure Fa ‘nu maronno ‘e friddo da rendersi rispettivamente: Fa un caldo eccessivo, asfissiante oppure Fa un freddo esagerato,incredibile.
Esemplifico ancóra : “Tengo ‘na maronna ‘e famma” oppure
“’O vuó caccià ‘stu sant’anna ‘e portafoglio?”, “Addó sta chella sant’anna ‘e tianella?” da rendersi rispettivamente: “Ò una fame smodata, enorme” oppure “Ti decidi a metter fuori questo benedetto portafogli?”, ”Dove è reperibile quel benedetto tegame?”
Ribadisco che anche nei casi or ora esemplificati, tali locuzioni che chiamano in causa la Madonna o i santi ed a volta come nel caso di ‘stu sant’anna, ‘sta sant’anna
son semplici intercalari rafforzativi, anche in tali casi non ci troviamo ad avere a che fare con espressioni blasfeme, sacrileghe, o empie mancandone in chi le profferisce le intenzioni, ma si à a che fare solo con espressione colorite che possono far torcere il naso a qualche beghina o bigotto
ed a tutti coloro che non apprezzano le iperboli espressive; ma costoro non son napoletani o (se lo sono all’anagrafe) non vanno considerati tali: peggio per loro!
E faccio punto qui augurandomi d’avere accontentato l’amico P.G. ed interessato qualcun altro dei miei ventiquattro lettori.
Satis est.
R.Bracale



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