'O BBANCO D’ 'O SCIÚLIO
Anche questa volta mi trovo a raccogliere una richiesta del mio caro amico P.D.F.(i consueti problemi di riservatezza mi costringono ad indicare solo le iniziali di nome e cognome) che mi à chiesto di chiarirgli significato e portata della locuzione in epigrafe. Provvedo súbito alla bisogna dicendo che l’espressione non è traducibile ad litteram, ma che può rendersi per comodità di eloquio con : la banca dello scivolo. Si tratta di un icastico modo di dire usato in riferimento ad ogni un'impresa destinata miseramente a fallire,oppure riferito ad accadimenti connotati da spreco di danaro, insolvibilità, e pertanto immeritevoli di fiducia. Ò reso, per comodità con l'italiano scivolo/scivolata/scivolone il termine sciúlio (che di per sé è un deverbale di sciulià= scivolare, venir meno alla fedeltà da una una forma frequentativa *exevoliare del lat. volg. *exevolare), ma nella locuzione in esame il termine sciúlio in effetti è cosa molto diversa dallo scivolone; e ciò perché in realtà 'o banco d’ 'o sciulio fu il nomignolo che i napoletani affibbiarono ad un istituto di credito fondato intorno al 1865 in città dal cav. Guglielmo Ruffo dei principi di Scilla(mancano precise notizie biografiche; risulta solo che fu un discendente d’un tal Paolo Ruffo ( † 1559), 6° Conte di Sinopoli); il nome Scilla fu corrotto in Sciulio. L’ istituto di credito fondato dal Guglielmo Ruffo di Scilla prometteva interessi vantaggiosissimi, ma aveva il torto di chiudersi a riccio quando un cliente andasse a richiedere le somme depositate; manco a dirlo la banca fallí ignominiosamente nel febbraio 1870, lasciando nella memoria e filosofia partenopea il suo nomignolo a significare un modo allegro di tenere le finanze pubbliche e per estensione furbesca e piú circoscrittamente in riferimento al modo leggero, irresponsabile di amministrare la cassa domestica.
banco s. m. [pl. -chi]
1 azienda di credito, banca; si usa oggi esclusivamente nella denominazione di alcune banche: Banco di Napoli; Banco di Sicilia | banco lotto, ricevitoria del lotto; botteghino
2 nei giochi d'azzardo, la posta dichiarata dal giocatore che conduce e amministra il gioco, ricevendo le puntate e pagando le vincite: tené bbanco (tenere, avere il banco) essere protagonista (fig.) guidare, animare una discussione, una riunione e sim.; la voce è dal tedesco bank =sedile di legno; in coda rammento che relativamente al termine a margine nel napoletano è usatissima l’espressione Chiacchiere e tabbacchere 'e lignammo, ô bbanco nun ne 'mpignammo.
Letteralmente: chiacchiere e tabacchiere di legno al Banco non ne prendiamo in pegno. Manco a dirlo Il banco in questione è il Monte dei Pegni sorto a Napoli nel 1539 per combattere la piaga dell'usura. Da esso prese vita il Banco di Napoli, fiore all'occhiello di tutta l'economia meridionale, Banco che è durato sino all'anno 2000 quando, a completamento dell'opera iniziata nel 1860 da Cavour e Garibaldi e da casa Savoia, non è stato fagocitato, con il beneplacito del governo nazionale dal piemontese Istituto bancario San Paolo di Torino. La locuzione proclama la necessaria concretezza dei beni offerti in pegno, beni che non possono essere evanescenti come le parole o oggetti non preziosi. Per traslato l'espressione si usa nei confronti di chi vorrebbe offrirci in luogo di serie e conclamate azioni, improbabili e vacue promesse.
E qui faccio punto,convito d’aver risposto adeguatamente alla richiesta dell’amico P.D.F. e d’avere interessato qualcun altro dei miei consueti ventiquattro lettori.
Satis est
R.Bracale
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