lunedì 15 agosto 2011

LISCEBBUSSO/ LISCIABBUSSO

LISCEBBUSSO/ LISCIABBUSSO

Questa volta, su sollecitazione d’un frequentatore di questo BLOG, frequentatore di cui mi sfugge il nome, mi soffermo a parlare delle voci in epigrafe o meglio del sostantivo liscebbusso riportato anche come lisciabbusso, con una piccola variante morfologica, voce che appartiene anche ai linguaggi siculi e calabresi ( dove è liscibussu/liscebusso);
Ora sia che si tratti di liscebbusso o lisciabbusso o anche liscibussu/liscebusso la parola vale sempre rabbuffo e poi ramanzina molto energica, strapazzata, paternale, rampogna, sgridata fino a giungere estensivamente anche solenne bastonatura.
Prima di addentrarmi su etimo e semantica della parola in epigrafe faccio notare che essendo attestata nel parlato di napoletani, calabresi e siciliani (ma non mi stupirei di ritrovarla anche sulla bocca di pugliesi e lucani) è fuor di dubbio che la voce sia nata nel meridione d’Italia, quantunque sul web mi è occorso di leggere testualmente da un giornalista e cioè tal Sergio Di Giorgi (che non mi risulta essere un meridionale, ma non chiedetemi di piú) la seguente affermazione : personalmente "lisciabusso" lo uso e lo sento usare in contesto italiano col significato di "aspro rimprovero, strigliata. Se dunque è degno di fede tale Di Giorgi, comincio a sospettare che la voce meridionale liscebusso/lisciabusso sia usata non solo nel meridione, ma anche altrove e non farà meraviglia se prima o poi finirà per essere accolta nella lingua nazionale come già sta accadendo per il verbo partenopeo rizelare/rizelarsi = adontarsi (vedi alibi) e come da lunga pezza è avvenuto per voci quali: guaglione,guappo, vongola,scarola, sfogliatella, camorra etc.tutte voci in origine del napoletano, poi trasmigrate nell’italiano.
Ciò détto entro in medias res circa l’etimo e la semantica della voce a margine.
È fuor di dubbio e me lo confermano quei pochi vocabolaristi napoletani (Altamura, D’Ascoli, Malato,de Falco) che prendono in considerazione la voce (quantunque nessuno di essi, con mia somma meraviglia, azzardi un’idea o un percorso semantico...) è fuor di dubbio dicevo che la voce sia mutuata dal linguaggio dei giocatori di tressette (antichissimo giuoco di carte nato nel Reame (1700 circa cfr. Chitarrella, prete napoletano che nel 1750 pubblicò la prima edizione di un suo trattatello, scritto in latino e poi tradotto in napoletano, con le regole del mediatore, del tressette e dello scopone. ) e dal Reame diffusosi non solo in Italia ma anche in altre aree geografiche come in Croazia (dove si gioca nelle aree costiere e sulle isole con il nome croato di trešeta(palese adattamento di tressette, utilizzando carte triestine), in Slovenia e in altre nazioni dove la sua diffusione fu dovuta per lo piú o alla presenza di comunità di immigrati originarie dei paesi dove il gioco è praticato, o piú anticamente ad opera di marinai e/o pescatori napoletani o della provincia partenopea). Rammenterò, per quei pochi che non lo conoscessero e per poter illustrare l’origine della voce a margine,che nel predetto giuoco la carta con il maggior valore (1 punto) è l’asso, mentre tutte le figure e le carte ad esse equiparate (2 e 3) valgono solo 1/3 di punto cadauna e che l’asso pur di valore superiore, può esser catturato o dal 2 o dal 3; rammenterò altresí che a malgrado si dica che il giuoco del tressette ( che per incidens, à tale nome perché in origine per vincere la partita occorreva vincere tre mani totalizzando in ognuna sette punti: tre per sette = ventuno che sono i punti necessari per vincere la partita...giocata con le regole di base e senza sciocchi arzigogoli quali i punti di accussa che vengono assegnati, in aggiunta a quelli lucrati sul campo, a quei giocatori in possesso delle carte migliori. Questa faccenda di assegnare punteggi aggiuntivi a chi abbia già carte buone, anzi buonissime, se non migliori mi pare una delle cose piú stupide che si possa pensare o ideare; mi spiego: un giocatore per sua buona sorte ( e dico buona sorte in luogo di mazzo o culo) per parlare eufemisticamente... è già in possesso di carte che gli assicureranno numerose prese e forse quasi certamente la vittoria finale,invece di comminargli un punteggio di handicap, gli si assegna ad abundantiam un ulteriore vantaggio di un punteggio suppletivo. Non ci siamo! È una faccenda cosí stupida che mi à fatto non amare mai il tressette e mi à fatto preferirgli sempre e comunque il giuoco dello lo scopone scientifico!... Ma questo è un altro paio di maniche...; torniamo a bomba. ) Dicevo che a malgrado si dica che il giuoco del tressette sia stato ideato da muti, oggi nel corso della partita si parla e talvolta anche eccessivamente... In effetti in origine ai giocatori era consentito segnalare al proprio compagno ed ovviamente agli avversari, il possesso di alcune carte, solamente con dei segni ed ugualmente solo con dei segni si poteva chiedere al compagno di rispondere alla giocata con una determinata carta (ad es.: bussare una volta sul tavolo con le nocche delle dita equivale a dire: sono in possesso del tre del palo (seme) che sto per giocare: bussare due volte sul tavolo con le nocche delle dita equivale a dire: sono in possesso del due del palo, del seme che sto per giocare; strisciare o lisciare piú o meno ripetutamente una carta e súbito dopo bussare una volta equivale a dire: sono in possesso dell’asso del palo (seme) che sto per giocare; A seconda poi del numero delle volte che si liscia/striscia la carta significa che l’asso è accompagnato e difeso da piú o meno numerose figure e/o cartine; quando poi si liscia/striscia una carta senza far seguire il bussare significa che il palo (seme) di cui si sta strisciando la carta giocata non à né asso, né due, né tre, ma solo una sequenza piú o meno lunga di figure o cartine).
Dicevo che in origine ai giocatori era consentito segnalare al proprio compagno ed ovviamente agli avversari, il possesso di alcune carte solamente con dei segni ed ugualmente solo con dei segni si poteva chiedere al compagno una particolare richiesta di carta, poi ai gesti si accompagnò la voce per cui chi volesse dire: sono in possesso del tre del seme che sto per giocare, poteva accompagnare il gesto di picchiare una volta sul tavolo, annunciando pleonasticamente busso; chi volesse dire: sono in possesso del due del seme che sto per giocare, poteva accompagnare il gesto di picchiare due volte sul tavolo, annunciando pleonasticamente ribusso; e chi volesse dire: sono in possesso dell’asso del seme che sto per giocare poteva strisciare/lisciare piú o meno ripetutamente una carta e súbito dopo bussare una volta aggiungendo pleonasticamente liscio e busso.
Va da sé che chi sia in possesso dell’asso accompagnato solo da poche figure e/o cartine corra il rischio di vedere prima o poi cadere il proprio asso nella... bocca del 2 o del 3 che siano nelle mani dell’avversiaro e si trovi perciò in una situazione precaria, prodromica di una solenne sconfitta/perdita tale da poter essere considerata come una strapazzata, paternale, rampogna, sgridata o addirittura una sonora bastonatura.
E questa mi appare la miglior via da tenere per spiegare semanticamente il riferimento del sostantivo liscebbusso/lisciabbusso alla corrispondente voce del giuoco del tressette.
Linguisticamente poi il sost. liscio e bbusso donde liscebbusso/lisciabbusso risulta essere l’agglutinazione di due voci verbali:1) liscio (1° pers. sing. ind. pres.) dell’infinito lisciare derivato dal lat. volg. *lisiare, prob. voce di orig. espressiva; 2) busso (1° pers. sing. ind. pres.) dell’infinito bussare derivato dal lat. volg. pulsare,intensivo di pellere.
Aggiungo che il napoletano accanto al sostantivo liscebbusso/lisciabbusso à anche l’ aggettivo liscio e sbriscio/liscesbriscio che vale squattrinato, misero, povero, senza soldi aggettivo affatto diverso dal sostantivo a margine con il quale non à nulla in comune e con il quale non va assolutamente confuso, essendo le due voci molto diverse anche per ciò che concerne l’etimo; di liscebbusso/lisciabbusso ò già detto ed ò parlato di agglutinazione di due voci verbali, diverso è il caso liscio e sbriscio/liscesbriscio che come etimo risulta l’agglutinazione di due aggetti: 1) liscio che sta per liso= consunto, logoro (derivato dal lat. volg. (e)lisu(m), part. pass. di elidere 'rompere' 2) sbriscio che sta per sbricio= meschino, ridotto male, malandato con derivazione dal lat. volg. *brisare 'rompere'; normale sia per liscio che per sbriscio il passaggio in napoletano di s seguita da vocale a sci+ vocale.
Trovandomi in argomento rispondo ora ad un caro amico che mi à chiesto come mai i napoletani chiamano pali quelli che in italiano son detti semi delle carte (coppe, bastoni, spade e denari) ed à ipotizzato che ciò dipenda dal fatto che i giocatori dispongono in mano le carte l’una sull’altra a mo’ di bastone/palo; non è cosí;a parte che non mi risulta che i giocatori dispongano in mano le carte l’una sull’altra a mo’ di bastone/palo in quanto li ò sempre visti disporre le carte a ventaglio, la faccenda è molto piú semplice: i napoletani chiamano pali (i semi delle carte) avendo marcato il lemma sulla voce spagnola palos (che è la voce con cui gli spagnoli indicano i semi delle carte) adattandola in palo/pali; poi che poi gli spagnoli appresero dagli arabi invasori i giuochi di carte, posso ipotizzare che la voce iberica palos possa essere l’adattamento d’una qualche omologa voce araba indicante i semi delle carte; purtroppo (e me ne dolgo!) non conosco l’arabo e posso soltanto mantenermi nel campo delle ipotesi.

In chiusura e per fare un passo all’indietro con riferimento al tressette riporto qui di sèguito una mia poesiola inedita
A ‘nu jucatore ‘e tressette.

Mo t’aggiu overamente scanagliato
e sulo mo cernenno crusca ‘a sciore
m’hê fatta ‘na grattata addó me prore...
Fino a mez’ora fa îve smammato

d’essere jucatore patentato
capace ‘e tené ‘e ccarte a servitora
specie a tressette e guappo e prufessore
mettive tutte sotto, una vutata...

E grazie... a orazio... tutto s’è chiarito
quanno t’aggiu ‘mmitatato a ffà ‘o scupone:
‘nu juoco serio, overo e sapurito

addó nun conta ‘o mazzo e a bbon raggione
vence chi joca bbuono e asciutto asciutto
nun serve de tené ‘o culo rutto!

Nun è ‘o tressette addó vence ‘a partita
chi è pigliatore ‘e carte e avenno ‘mmano
mappate ‘e tre, longhe e napulitane
fa ‘o guappo sempe... Chesto ll’hê capito

e vuó fà sulo chistu juoco lloco
‘stu juoco ‘e femmenielle affurtunate
e te nieghe ô scupone, a chistu juoco
addó – si nun saje jucà – piglie mazziate
e p’essere chiammato prufessore
hê ‘a jucà bbuono pure avenno ‘mmano
‘mmunnezza ‘e carte e no... napulitane!

raffaele bracale

1 commento:

Luciano Aguzzi ha detto...

Mi capita solo ora di leggere questo interessante articolo, che condivido, ma che vorrei integrare in due punti. 1) Il vocabolo "liscebbusso" nella variante "lisciaebus" è documentato anche nel dialetto di Fano (Provincia di Pesaro e Urbino), mia città di origine, e in altri dialetti marchigiani, da almeno un paio di secoli. Pertanto non è di uso esclusivo dell'area meridionale (Campania, Calabria, Sicilia). 2) Può derivare, com'è detto nell'articolo, dal gioco del tressette, ma a Fano le riportiamo più facilmente al gioco della briscola, dove la carta "liscia" è una scartina di poco valore, mentre il "busso" è la richiesta, al compagno di gioco nella briscola a quattro, di un carico in risposta di una briscola forte.