sabato 4 maggio 2013
PIGNATA E 'NFRUCIARE
PIGNATA E 'NFRUCIARE
PIGNATA
In napoletano la voce pignata/pignato nell’unico significato di pentola di coccio bassa, ma capace riprende forse per adattamento la voce toscana pignatta→pignata
s. f. , che anticamente fu anche: pignatto→pignato s. m. nei significati di
1) pentola molto capace, per lo piú di terracotta | (fam.) qualunque tipo di pentola. dim. pignattella, pignattina, pignattino (m.)
2) sorta di mattone forato impiegato nella costruzione dei solai. Tutto ciò sempre che non sia vero il contrario e cioè che un/una originario/a pignato/a partenopei non siano diventati pignatto e pignatto nell’italiano;
L’etimo è incerto; forse da un deriv. del lat. pinguis 'grasso', col sign. di 'recipiente per conservare il grasso, la sugna;con una lettura metatetica di pinguis→pignuis addizionato di apta→atta donde *pignatta (adatta a contenere il grasso).
Tuttavia un'altra scuola di pensiero ( alla quale mi piace aderire!) pensa ch'essa voce pignata possa derivare dal latino pineata(olla)in quanto il coperchio della pignata termina e terminava quasi sempre a mo' di pigna (in latino pinea donde pineata→pignata).
Tra le locuzioni proverbiali o i modi di dire costruiti usando il sostantivo pignata/pignato o un loro diminutivo rammenterò:
1)nun fà ascí ‘o ggrasso d’’o pignato che letteralmente sta per impedire al grasso di traboccare dalla pignatta, ed in genere è détto dei parsimoniosi attenti a non sciupare neppure un po’ di condimento, ma nel suo sotteso significato metaforico vale:evitare di portare a conoscenza degli estranei fatti e problemi di famiglia o anche adoperarsi per non permettere che le risorse familiari travalichino i sacrosanti confini della famiglia per essere destinate ad estranei e/o a parenti non molto prossimi.
Ovviamente il nun "fà" può essere letto come imperativo nun "fa'" per cui tutta la frase va letta come: impedisci al grasso di traboccare dalla pignatta e cioè fa’ in modo di non permettere che le risorse familiari travalichino i sacrosanti confini della famiglia per essere destinate ad estranei e/o a parenti non molto prossimi, o anche evita di portare a conoscenza degli estranei fatti e problemi di famiglia!
2) ‘E fatte d’’a pignata ‘e ssape ‘o cucchiaro che letteralmente sta per le faccende della pignatta sono a conoscenza soltanto del cucchiaio (e cioè del mestolo)che è solito rimestare nella detta pignatta e/o pentola; anche per questo secondo proverbio esiste ovviamente un significato metaforico ed atteso che anche in questo proverbio la voce pignata vale nucleo familiare, se ne deduce che il significato metaforico è il seguente: solo coloro che vivono nell’àmbito familiare e sono cioè dentro la famiglia ne possono conoscere esattamente necessità, bisogni ed ovviamente i guai che eventualmente la affligono alla medesima stregua del mestolo (cucchiaro) che abituato a rimestare nella pentola, ne conosce oltre che il contenuto, eventuali ammaccature e/o incrinature.
3) Pàrono ‘o servezziale e ‘o pignatiello
Sembrano il clistere e il pentolino. La locuzione viene usata per indicare in maniera sarcastica due persone (parenti o amici) che spesso e volentieri sono insieme e che difficilmente si separano, come accadeva un tempo quando i barbieri che erano un po' anche cerusici,chiamati per praticare un clistere si presentavano recando in una mano l'ampolla di vetro (serviziale) atta alla bisogna e nell’altra un pentolino per riscaldarvi l'acqua occorrente...
Rammentati i due proverbî ed il modio di dire, prendiamone in esame alcune parole:
‘o ggrasso letteralmente il grasso= condimento ricavato dalla sottocute del maiale; ovviamente qui è usato nel senso traslato ed estensivo di risorsa economica; la voce a margine è un sost. neutro (la gran parte degli alimenti in napoletano è di genere neutro) derivato dal lat. volg. grassu(m), da crassus 'grasso', forse per incrocio con grossus 'grosso';
ascí = uscire, venir fuori, debordare voce verb. infinito dal lat. volg. parlato *axire marcato su exire, comp. di ex- 'fuori' e ire 'andare';
fatte = fatti, accadimenti e genericamente, cose, faccende, avvenimenti e qui estensivamente necessità, bisogni e persino guai sost. masch. plurale di fatto che è dal lat. factu(m), part. pass. neutro sost. di facere 'fare';
cucchiaro letteralmente cucchiaio, ma estensivamente mestolo, posata da servizio; la voce a margine deriva dal lat. cochleariu(m), deriv. di cochlea 'chiocciola', perché in orig. serviva per mangiare le chiocciole; faccio notare che il l’unico suff. arius à dato in italiano aio e nelle lingue regionali aro.
Ricorderò ancóra che talvolta il proverbio ‘E fatte d’’a pignata ‘e ssape ‘o cucchiaro viene riportato, specialmente sulla bocca del popolino meno addentro alla parlata napoletana, e talvolta addirittura negli scritti di certuni sedicenti autori esperti del napoletano...., viene riportato dicevo con un improprio ‘E fatte d’’a pignata ‘e ssape ‘a cucchiara! E che si tratti di un’espressione impropria si ricava da una semplice osservazione: in pretto, corretto napoletano il sostantivo cucchiara indica la mestola del muratore (cfr. l’espressione stà cazza e cucchiara= stare cazza (secchio della malta) e cazzuola) cioè stanno secchio della calcina e cucchiaia. - Cioè:vanno di pari passo, stanno sempre insieme.
Erroneamente qualcuno riferisce il modo di dire qui riportato con l’espressione: Stanno tazza e cucchiaro, espressione inesatta innanzi tutto perché la posata che accompagna la tazza, a Napoli è esclusivamente riportata come diminutivo: ‘o cucchiarino ed invece la locuzione, sulle labbra dei vecchi napoletani comporta la presenza della cucchiara (cazzuola) arnese tipico dei muratori; ed è impensabile che una cazzuola venga usata per rimestare in una pignatta nel cibo in cottura...
Ricorderò infine che in napoletano con il femminile si indica un oggetto piú grande del corrispondente maschile (es.: pennellessa (piú grande) e penniello ( piú piccolo), cucchiara (piú grande) e cucchiaro ( piú piccolo),tina (piú grande) e tino( piú piccolo) carretta (piú grande) e carretto ( piú piccolo),tammorra (piú grande) e tammurro (piú piccolo);fanno eccezione caccavo (piú grande) e caccavella ( piú piccola) e tiano (piú grande) e tiana( piú piccolo).
cazza = anticamente recipiente per lo piú di ferro, provvisto di manico, nel quale si fondevono i metalli e successivamente il secchio della malta/calcina usato dai muratori, secchio che con linguaggio corrente viene quasi sempre détto cardarella diminutivo di cardara= caldaia derivato dal lat. volg. caldaria(m), deriv. di calidus 'caldo', mentre cazza deriva dal lat. volg cattia(m), forgiata sul gr. kyathos 'coppa, tazza' ;
serviziale = clistere, clisma, parola che fu anche (sia pure nella forma di servigiale) nell’italiano antico con i medesimi significati,forgiata sul lat. servitiu(m), deriv. di servus 'schiavo' + il suffisso di pertinenza ale da alis.
'NFRUCIARE
la voce verbale ‘nfrucià/’nfruciare nel significato di nascondere, stipare, immettere, inserire a forza, è una forma collaterale degli originarî ‘nfrúcere/’nfrucecà di identico significato; tutte le tre voci verbali derivano dal latino infulcire= stipare da cui con aferesi della vocale d’avvio e metatesi della liquida l divenuta r è scaturito direttamente ‘nfrúcere, mentre per ‘nfrucecà (donde poi ‘nfrucià o meglio ancóra ‘nfrucïà) ci si serví di una infissione rafforzativa ic e cambio di coniugazione rispetto all’originale latino infulcire→infulcícire→infulcicare→’nfrucecà.
Rammenterò infine che con significato estensivo, il part. passato di ‘nfrucià, ‘nfruciato è usato pure per significare: rimpinzato, gonfio di cibo.
Raffaele Bracale 22/11/2006
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