martedì 31 dicembre 2013
LE PREPOSIZIONI IMPROPRIE E GLI AVVERBI DI LUOGO DEL NAPOLETANO & altro
LE PREPOSIZIONI IMPROPRIE E GLI AVVERBI DI LUOGO DEL NAPOLETANO & altro
La richiesta delle pagine che seguono mi è stata fatta da un caro amico, facente parte della Ass.ne Ex Alunni del Liceo classico G.Garibaldi di Napoli, amico di cui, per questioni di riservatezza, mi limiterò ad indicare le sole iniziali di nome e cognome: N.C. Lo accontento volentieri e mi soffermo quindi parlare di quanto in epigrafe.
Le preposizioni improprie e gli avverbi di luogo in uso nell’idioma partenopeo sono numerosi; molti di essi sono espressi da un’unica parola, molti altri necessitano di una preposizione d’accompagnamento in posizione protetica e spesso agglutinata con la parola cui si accompagnano.
Vediamoli, cominciando dai piú semplici:
cca( e non ca)avv = qui, in. questo luogo; vale l’italiano qua; etimologicamente dal lat. (e)cc(um) (h)a(c); da notare che nell’idioma napoletano (cosí come in italiano il qua corrispettivo) l’avverbio a margine va scritto senza alcun segno diacritico trattandosi di monosillabo che non ingenera confusione con altri; nel napoletano esistono , per vero, una congiunzione ed un pronome ca = (che), pronome e congiunzione dal medesimo etimo (lat. quia→q(ui)a→qa→ca) che però, per eccezione si rendono sempre con la c iniziale scempia,anche se preceduto da voci duplicanti (es. e,è, etc. ), laddove l’avverbio a margine è scritto sempre con la c iniziale geminata ( cca) e basta ciò ad evitar confusione tra i due monosillabi e non necessita accentare l’avverbio, cosa che – invece – purtroppo capita di vedere negli scritti di taluni sedicenti e/o acclamati scrittori/autori partenopei, dei quali qualcuno addirittura usa scrivere l’avverbio a margine cca’(con un inutile segno d’apocope…, inutile giacché non è caduta alcuna sillaba!) e talora addirittura ccà’ addizionando errore ad errore, aggiungendo (nel caso di ccà’) cioè al già inutile accento un pleonastico segno (‘) d’apocope atteso che, ripeto, non v’è alcuna sillaba finale che sia caduta e che vada segnata con il segno diacritico! In coda a quanto fin qui détto, mi occorre però aggiungere un’ultima osservazione: è vero che gli antichi vocabolaristi (P.P. Volpi, R. Andreoli) registrarono l’avverbio a margine come cà per distinguerlo dagliomofoni ca (che) pronome e congiunzione. Si trattava d’una grafia erronea, giustificata forse dal fatto che temporibus illis lo studio della linguistica era ancóra gli albori e quei vocabolaristi, meritevoli d’encomio peraltro per il corposo tentativo operato nel registrare puntigliosamente i lemmi della parlata napoletana, non erano né informati, né precisi. Ancóra tra gli antichi vocabolaristi devo segnalare il caso del peraltro preziosissimo Raffaele D’Ambra che, diligentemente riprendendo l’autentica parlata popolare registrò sí l’avverbio a margine con la c iniziale geminata (cca) ma lo forní d’un inutile accento (ccà) forse lasciandosi fuorviare dal cà registrato dai suoi omologhi. Dal tempo però dei varî P.P. Volpi, R. Andreoli e Raffaele D’Ambra la linguistica e lo studio delle etimologie à fatto enormi passi per cui se mi sento di perdonare a Raffaele D’Ambra,P.P. Volpi, R. Andreoli e ad altri talune imprecisioni o strafalcioni, non mi sento di perdonarli a taluni spocchiosi sedicenti e/o acclamati scrittori/autori partenopei, dei quali qualcuno addirittura cattedratico d’ateneo , colpevolmente a digiuno di regole linguistiche, (per la serie: quando non sai una cosa, insegnala!) che si abbandonano a fantasiose, erronee soluzioni grafiche!
lla( e non llà) avverbio di luogo corrispondente all’italiano là
1) in quel luogo (indica un luogo genericamente lontano da chi parla e da chi ascolta): puosalo lla; sta certamente lla (sta senz'altro là) ; venimmo nuje lla ; nun sta cchiú lla, va’ lla (veniamo noi di là; non sta piú là, va’là) | talvolta si unisce a gli agg.vi o pron. chillo/u – chellu - chella o ad un sostantivo preceduto dai medesimi aggettivi , per determinare meglio la posizione di una persona o di una cosa: chillu guaglione lla; chillu libro lla; damme chellu ppane lla; piglia chella cosa lla;( quel ragazzo ; quel libro lí; dammi quel ppane lí; piglia quella cosa là)
2) con valore rafforzativo o enfatico: siente lla che casino! | chi è lla?, chi va lla?, fermo lla, usati da chi è di guardia o in ispezione ' arri lla (in questo caso però piú spesso il lla si semplifica in a per cui si à arri,a! !, per incitare bestie da soma o da tiro;
3) unito a un avverbio o a una determinazione di luogo: lla dinto; lla fora; lla attuorno; lla ssotto; lla’ncoppa; lla ‘ncopp’ a chella seggia; lla dint’ â casa; lla addó m’hê ditto | ‘a lla, da quel luogo: è partuto‘a lla ajeressera; curre‘a lla a cca ; pe gghí ‘a lla nfino â cimma nc'è vo’ n'ora bbona ‘e scarpinetto; | essere ‘a lla essere cchiú ‘a lla ca a cca, essere vicino a morire; ‘o spitale è assaje cchiú a lla; essere
4) in correlazione con qua e qui, per indicare luogo indeterminato: andare ‘nu pco cca, ‘nu poco lla'; correre ‘a cca e’a lla;qui e là cca e lla; guardà cca e lla.
L’ etimo di questo avverbio di luogo, cosí come per il là dell’italiano è dal lat. (i)lla(c); in italiano si è stati costretti ad accentare l’avverbio per evitarne la confusione con il la art. determ. femm. sg; in napoletano invece non vi è alcun altro monosillabo la con cui l’avverbio a margine ingeneri confusione, per cui in napoletano non v’à ragione per accentare questo la avverbio come invece purtroppo fanno tutti gli autori partenopei buoni o meno buoni che siano che si lasciano frastornare e fuorviare dal là accentato della lingua italiana e dimenticano che i segni diacritici vanno usati per marcare differenze di voci omofone, ma appartenenti al medesimo àmbito linguistico!
Per cui l’avverbio di luogo la in napoletano va reso senza alcun accento, ma con la geminazione della consonante (che ripete la doppia L etimologica e soddisfa l’attento udito partenopeo che avverte l’avverbio a margine con il suono forte d’avvio; e dunque lla e non llà con un inutile, pletorico accento che fa corona sulla a e tantomeno lla’ come qualche sedicente autore partenopeo à avuto il pessimo gusto di fare), non esistendo alcuna sillaba apocopata nell’ illac di partenza ed al solito la caduta di una o piú consonanti non può comportare segno diacritico!
lloco avverbio di luogo = in questo/in quel luogo usato indifferentemente per indicare un posto/punto vicino a chi parla o a chi ascolta; un tempo per rafforzare l’indicazione d’ un punto vicino a chi ascoltasse s’usava addizionare l’avverbio a margine con l’espressione ‘mmocca (in bocca); e ‘mmocca lloco valeva esattamentenel punto dove (vi trovate) cioè proprio nel punto preciso dove si trovasse l’ascoltatore; etimologicamente l’avv. in esame deriva dall’espressione latina (i)llo(lo)co→lloco con aferesi ed aplologia(caduta di una sillaba all'interno di una parola che dovrebbe presentare, in base alla sua etimologia, due sillabe consecutive identiche o simili (p. e. mineralogia per mineralologia));
annanze/annante/’nnante/’nnanze prep. impr. ed avv.
1 dinanzi, di fronte, nella parte anteriore:stà, passà annante (stare, passar davanti); ‘o vestito è macchiato annanze(l'abito è macchiato davanti)
2 (ant.) prima, in precedenzaannante ca tu venisse(prima che venissi) || Nella loc. prep. annanze/annante/’nnanze a= davanti a, dinanzi, innanzi a; di fronte, dirimpetto a: guardà ‘nnanze a tte (guardare davanti a te) | in presenza di: dicette chesto annante ô pate(disse questo davanti al padre); tremmà annanze ô periculo(tremare davanti al pericolo)
etimologicamente l’avv. in esame deriva dal lat. tardo abante 'avanti' con assimilazione regressiva della b in n e raddoppiamento espressivo della nasale: abante→anante→annante/annanze quest’ultimo anche nella forma aferizzata ‘nnanze;
arrèto/arèto/adderèto/dderèto prep. impr. ed avv.
nella parte posteriore, opposta al davanti: nun guardà arreto (non guardare dietro); preferisco stà addereto(preferisco star dietro) | preceduto da altro avv. di luogo: steva annascuso lla ddereto(era nascosto lí dietro); à dda stà cca ddereto(deve essere qua dietro);
come prep. impr. è sempre seguita dalla prep. sempl. a aspiettame arreto a chella culonna (attendimi dietro quella colonna; s’è annascusa arreto â porta (s’è nascosta dietro la porta); | non può essere preceduto (come invece nell’italiano) dalla prep. di pleonastica:tu va’ annanze ca i’ sto’ arreto( tu vai davanti, io sto di dietro || nella loc. corrispondente all’italiano di dietro (o in grafia unita didietro) è usata nella forma ‘e reto ed à anche un valore di agg. e di s. m. : ‘e zzampe ‘e reto(le zampe posteriori);’a parte ‘e reto ‘e ll’armuà(il pannello di dietro dell’ armadio) etimologicamente è dal tardo lat. *ad de retro→adderet(r)o→ addereto →arre(re)to e quest’ultimo anche a(r)reto;
luntano agg.vo avv. e s.vo; come agg.vo vale l’italiano lontano
1 che si trova a grande distanza, che è separato da un lungo spazio: città, paise luntane(città, paesi lontani); penzà sempe ê figlie luntane(pensare ai figli lontani); ‘a nave è lluntana dô puorto(la nave è lontana dal porto); ‘a casa mia è lluntana ‘a cca(la mia casa è lontana da qui) | che si trova a una distanza determinata: ‘a posta è luntana ‘nu centanaro ‘e metre (l'ufficio postale è lontano un centinaio di metri)
2 remoto, distante nel tempo (passato o futuro):ebbreche luntane ( epoche lontane); tiempe luntane(tempi lontani);’nu juorno cchiú o meno luntano( in un giorno piú o meno lontano; ‘a staggiona nun è lluntana(l'estate non è lontana), è prossima
3 distante in senso ideale: essere luntano dâ verità(essere lontano dal vero);mantenerse luntano ‘a quaccosa( tenersi lontano da qualcosa); essere assaje luntano dô ffà, dô ddicere dô ppenzà coccosa, ( essere ben lontano dal fare, dire, pensare qualcosa) fare, dire, pensare cose molto diverse; luntano parente (lontano parente), non stretto | vago, incerto, indeterminato: ‘na sumiglianza luntana(una lontana somiglianza); nun tène ‘a cchiú luntana idea(non à la piú lontana idea | diverso, divergente: avé luntani idee(avere opinioni lontane); un modo di pensare ben lontano da un altro |â luntana ( alla lontana), alla larga, a distanza; in modo vago: ‘o saccio sulo â luntana (lo conosco solo alla lontana);me nn’à parlato, ma â luntana (me ne à parlato, ma alla lontana); parente â luntana (parente alla lontana), non stretto; pigliarla â luntana (pigliarla alla lontana), incominciare un discorso senza affrontare subito l'argomento principale
4 (anticamente ) molto esteso nello spazio o nel tempo: è turnato ‘a ll’America pe ‘nu mare luntano (è tornato dall’America attraversando un mare lontano)…attraversando l’oceano
come avv. in un luogo distante: stà, truvarse luntano(stare, trovarsi lontano); jí luntano luntano (andare lontano lontano), molto lontano | luntano ‘nu miglio(lontano un miglio), (fig.) a grande distanza | mirà luntano(mirare lontano), (fig.) avere grandi ambizioni | vedé luntano(vedere lontano), (fig.) saper prevedere l'evolversi delle cose | jí luntano (andare lontano) (fig.) avere successo, far carriera || Nelle loc. avv. ‘a luntano (da lontano, di lontano): chiammà, salutà ‘a luntano(chiamare, salutare da lontano); vedé, mustrà ‘a luntano(vedere, mostrare di lontano) || Nella loc. prepositiva luntano ‘a(lontano da: luntano ‘a cca, ‘a lla(lontano da qui, da lí); campà luntano dâ casa(vivere lontano da casa); stammo ‘e casa luntano ‘a vuje(abitiamo lontano da voi) | prov. :luntano ‘a ll’uocchie, luntano dô core (lontano dagli occhi, lontano dal cuore), l'affetto si affievolisce con la lontananza
come s. neutro. (anticamente) ‘o lluntano d’ ‘o quatro ( ciò che in un quadro si vede in lontananza); sfondo
la voce è derivata dal lat. volg. *longitanu(m), deriv. dell'avv. longiter 'lontano, lungi'; questo il percorso: longitanu(m)→ lon(gi)tanu(m)→luntano,
vicino/bbicino agg.vo s.vo, prep. impr. ed avv.; come aggettivo
1 che non è lontano o è poco lontano nello spazio o nel tempo: ‘o municipio è bbicino â casa mia(il municipio è vicino a casa mia); ddoje chiezze bbicine(due piazze vicine (tra loro)); simmo oramaje vicine ô sciummo(siamo ormai prossimi al fiume); ‘a fine d’ ‘a fatica è bbicina(la fine del lavoro è vicina); ‘a notte è vvicina (la notte è vicina); n’ommo cchiú vvicino ê cinquanta ca ê quaranta(un uomo piú vicino ai cinquanta che ai quaranta); essere vicino a ffà coccosa(essere vicino a fare qualcosa), stare per farla | paise vicine(paesi vicini), confinanti | ll’Uriente vicino(il vicino oriente), quello costituito dalle nazioni che si affacciano o sono prossime al Mediterraneo
2 (fig.) che à rapporti di parentela o di amicizia: ‘nu parente vicino(un parente vicino), stretto | che partecipa ai sentimenti di qualcuno: me sento vicino a tte a ‘stu mumento (mi sento vicino a te in questa circostanza)
3 (fig.) simile, affine: è ‘na tenta cchú bbicina ô bblu ca ô vverde (è una tinta piú vicina al blu che al verde;
come s.vo m. [f. -a] è raro ed è piú spesso sostituito da altre espressioni
1 chi è o abita vicino: ‘o vicino ‘e casa( il vicino di casa);ad es. ‘o vicino/’a vicina ‘e casa son resi con ‘o signore/’a signora a pporta
come avv. a poca distanza, non lontano: stevano ‘e casa vicino; succedette cca bbicino;fatte cchiú bbicino(abitavano vicino;abitavano nei pressi; accadde qui vicino accadde poco lontano; fatti piú vicino), avvicinati maggiormente; nun c’è riuscito, ma c’è gghiuto vicino(non c'è riuscito, ma c'è andato vicino), (fig.) c'è mancato poco | ‘a vicino(da vicino o davvicino), da breve distanza (anche fig.): sparaje ô berzaglio assaje ‘a vicino(sparò al bersaglio molto da vicino); fatte vedé ‘a vicino(fatti vedere da vicino); guardanno ‘o fatto cchiú ‘a vicino(esaminando la questione piú da vicino, piú addentro, piú minutamente; conoscere quaccuno ‘a vicino(conoscere qualcuno da vicino), personalmente, bene
come loc. prepositiva
1 vicino a, a poca distanza da, accanto a, presso: sta ‘e casa vicino a piazza Dante(abita vicinopiazza Dante); nun starte accussívicino â televisione(non stare cosí vicino al televisore)
è voce derivata dal lat. vicinu(m), deriv. di vicus 'villaggio'; propr. 'che appartiene allo stesso villaggio'; tipiche nel napoletano le alternanze b→v, v→b (cfr. bocca→vocca – barca→varca – avvincere→abbencere etc.);
‘mmiero/’mpiero preposizione impr.cong. ed avverbio antico e desueto
Come prep. impr.
1 in direzione di, verso, alla volta di (introduce un compl. di moto a luogo): jettero ‘mmiero ê muntagne, ‘mpiero Milano (andarono verso i monti, verso Milano); avutaje ‘a faccia ‘mpier’ô cielo(volse il viso verso il cielo); ‘mpiero addó site dirette?( verso dove siete diretti?) | si unisce ai pron. pers. per lo piú mediante la prep. de→’e: guardate ‘mpiero ‘e me(guardate verso di me); jettero ‘mpiero d’isso(andarono verso di lui)
2 dalle parti di, nei pressi di (introduce un compl. di stato in luogo): sta ‘e casa ‘mpiero ô corzo Garibbalde (abita) abita dalle parti del corso Garibaldi; | (rar.) anche preceduto da prep.: è de ‘mpiero Casoria(è di verso Casoria)
3 poco prima o poco dopo; circa a, intorno a (introduce un compl. di tempo determinato): te telefono ‘mmiero ê ssette(ti telefonerò verso le sette); se trasferisce ‘mmiero â fine ‘e ll’anno(si trasferirà verso la fine dell'anno) | in prossimità di, intorno a (introduce un compl. di età): mpiero ê trent’anne decidette ‘e se ‘nzurà( verso i trent'anni decise di sposarsi);
4 nei riguardi di, nei confronti di: ammore ‘mpiero tutte quanteamore verso tutti; pietà ‘mmiero chi soffre (pietà verso chi soffre); s’è cumpurtato malamente ‘mmiero ‘e te; (si è comportato male nei tuoi confronti);
5 (commerciale e giurid. ) contro, dietro: ‘o certificato se rilascia ‘mpiero pagamento(l'attestato si rilascia contro pagamento).
Come avv.
Quasi,circa, pressappoco, pressoché
Costa ‘mpiero mille lire; so’ ‘mmiero ‘e sseje; so’ venute ‘mpiero tutte; me parono ‘mmiero euale; nun ‘o ‘ncontro ‘mpiero majenon lo incontro quasi mai; «Hê fernuto?» «’Mpiero»;(costa quasi mille lire; sono quasi le sei; sono venuti quasi tutti; mi sembrano quasi uguali; non lo incontro quasi mai; «Ài finito?» «Quasi»);
come cong. = come se (sempre seguito dal verbo al congiunt.): era assaje preoccupato, ‘mpiero sapesse chello ca steva pe succedere( era molto preoccupato, quasi sapesse quello che stava per accadere).
La voce è un derivato del greco perí (intorno) con prostesi di un in→’n illativo: in + pĕrí→inpĕrí→’npierí→’mpiero ed anche ‘mmiero per assimilazione progressiva;
miezo/’mmiezo agg.vo, avv.prep. imp. e s.vo
Come aggettivo
1 che è metà dell'intero: miezu chilo(mezzo chilo); meza purzione(mezza porzione), meza jurnata(mezza giornata); ce ò magnammo miezo peduno(lo mangeremo mezzo per uno); ‘nu bbuonu miezu litro(un buon mezzo litro), mezzo litro abbondante meza festa (mezza festa), giornata lavorativa nella quale, per una ricorrenza o altro, si lavora solo per metà tempo miezu lutto (mezzo lutto), lutto non stretto | meza età(mezza età), non piú giovanile e non ancora senile; età matura 'mizu ‘uanto (mezzo guanto),quello che lascia scoperte le dita ‘na fatica a mmiezo(un lavoro a mezzo (tempo)), a tempo parziale, con orario ridotto di circa metà rispetto a quello normale ma distribuito per lo piú nel normale numero di giorni |
2 (fam.) poco meno di, quasi: è succieso ‘nu miezu casino (s’è scatenato un mezzo putiferio); m’à fatto ‘na meza prumessa(mi à fatto una mezza promessa); ‘na meza idea(una mezza idea), un'idea molto vaga | era miezu muorto(era mezzo morto, molto mal ridotto |nun aggiu ditto meza parola (non ò detto mezza parola), assolutamente nulla .
come avv.
per metà; parzialmente, quasi: ‘nu muro miezo ggiallo e mmiezo bblu(una parete mezzo gialla e mezzo blu); dduje paise miezo distrutte(due paesi mezzo distrutti); (in tali casi all'avv. si sostituisce spesso l'agg.: ‘nu muro miezu ggiallo e mmiezu bblu (una parete mezza gialla e mezza blu); dduje paise mieze distrutte(due paesi mezzi distrutti);
come s.vo m.le
1 la metà di un tutto: | si usa spec. dopo un numerale, sottintendendo il sostantivo precedentemente espresso: dduje chile e mmieze(due chili e mezzo(chilo);tengo quinnece anne e mmieze (ò quindici anni e mezzo); songo ‘e ccinche e mmezo(sono le cinque e mezzo (frequente, intendendosi mezzo come agg., la concordanza al femminile: ll’una e mmeza (l'una e mezza);
2 il punto, il tratto di spazio o l'arco di tempo che divide idealmente in due parti uguali uno spazio o un periodo di tempo: ‘mmiezo ô salotto(nel mezzo del salone); ‘mmiezo â strata( in mezzo alla strada); ‘mmiezo ô mmeglio d’ ‘a festa (nel bel mezzo della festa) | ‘na via ‘e miezo(via di mezzo), (fig.) si dice di ciò che à caratteristiche miste, che rappresenta una soluzione intermedia: ‘na via ‘e miezo’nfra ‘na machina e ‘nu furgone( una via di mezzo tra una vettura ed un furgone); scegliere ‘na via ‘e miezo(scegliere una via di mezzo) | jí pe mmiezo (andar di mezzo), essere coinvolto, soffrire le conseguenze levà ‘a miezo coccosa( levar di mezzo qualcosa), toglierla da un luogo dove è d'ingombro, gettarla via, liberarsene levà ‘a miezo a coccheduno (levar di mezzo qualcuno), allontanarlo, o anche ucciderlo levarse ‘a miezo (levarsi, togliersi di mezzo), liberare dalla propria presenza, andarsene; non occuparsi piú di qualcosa | mettere ‘mmiezo a coccheduno (mettere in mezzo qualcuno), ingannarlo, comprometterlo, coinvolgerlo
come loc. prep.
introduce il nome della persona o della cosa di cui ci si serve o che funge da tramite: mannà ‘na nutizzia pe mmiezo ‘e n’amico (mandare la notizia per mezzo di un amico); spedí ‘nu pacco pe mmiezo d’ ‘o curriere(spedire un pacco per mezzo di (o del) corriere); comunicare per mezzo della stampa; spedí a mmiezo d’ ‘o curriere, raccumannata etc. (spedire a mezzo corriere, a mezzo raccomandata etc.);
come prep. impropria introduce il compl. di moto per luogo e vale fra, tra, per ed è sempre costruita seguita dalla prep. a
è voce dal lat. mediu(m) cammenà pe ‘mmiezo â via (camminare per istrada)ll’aggiu ‘ncuntrato pe ‘mmiezo ê scale (l’ò incontrato per le scale) è voce dal lat. mediu(m) e nella morfologia ‘mmiezo si riconosce in + miezo→inmiezo→immiezo→’mmiezo.
‘mpizzo avverbio di luogo
sulla punta, proprio al margine: ‘mpizzo â lengua (sulla punta della lingua,) ‘mpizzo â seggia (al margine della sedia talora, ma reiterato: ‘mpizzo ‘mpizzo anche avverbio di tempo nel significato di a tempo a tempo, giusto in tempo: è arrivato ‘mpizzo ‘mpizzo pe s’assettà a ttavula a mangià (è arrivato giusto in tempo per sedere a mangiare), ‘o piccerillo è trasuto ‘mpizzo ‘mpizzo pe sèntere chello ca stévamo dicenno (il bimbo è entrato a tempo a tempo per udire ciò che dicevamo); la voce è da in→’n + pizzo→’npizzo→’mpizzo; pizzo =punta,merletto,posto ed anche becco d’uccellino è voce d’origine espressiva da un tema onomatopeico piz-.;
’mponta avverbio di luogo, ma non di tempo che ripete le accezioni del precedente, con esclusione di quelle relative al luogo );
la voce è da in→’n + puncta(m)→’npuncta→’mponta; ponta =punta è dal lat. tardo puncta(m) 'colpo inferto con una punta', deriv. di pungere 'pungere';
‘ncoppa/ ‘a coppa prep. impr. ed avv. di luogo
come avv.
sopra,su, in luogo o posizione piú elevata è sagliuto ‘ncoppa(è salito su, sopra)ll’aggiu aspettato ‘ncoppa (l’ò atteso su); mettimmoce ‘na preta ‘a coppa(mettiamoci una pietra sopra, dimenticare ciò che è stato; bevimmoce ‘a coppa (beviamoci sopra), per dimenticare qualcosa; durmirce ‘a coppa(dormirci sopra), lasciar passare tempo per riflettere; anche, trascurare, rallentare qualcosa
come prep.
1 in posizione piú elevata rispetto ad altro, su (con riferimento a cose che sono a contatto): ‘o telefono sta ‘ncopp’ â scrivania(il telefono è sopra (al)la scrivania); posa ‘o libbro ‘ncopp’ô tavulo mio(posa il libro sopra il (o al) mio tavolo); purtà ‘a cesta‘ncopp’ â capa(portare la cesta sopra la testa); saglí‘ncopp’ âseggia( salire sopra la(o alla) sedia); | in usi fig.: sperà ‘ncoppa a quaccuno(sperare su qualcuno): far assegnamento sopra qualcuno; jucà ncoppa a ‘nu nummero( giocare sopra un numero); t’ ‘o ggiuro ncoppa a ll’anema ‘e papà (te lo giuro sull’anima di mio padre) giurare sopra qualcuno, qualcosa, in nome di qualcuno, per qualcosa;
2 con riferimento a cose l'una delle quali ricopre o avvolge l'altra: stennere ‘o mesale ‘ncopp’â tavula(stendere la tovaglia sopra la tavola); tené ‘nu maglione ‘ncopp’ê spalle(avere un golf sopra le spalle); metterse ‘o cappotto ‘a copp’ô tajerre(mettere il cappotto sopra il tailleur)
3 con riferimento a cose messe l'una sull'altra: mettere ‘e piatte uno ‘ncoppa a ll’ato(mettere i piatti uno sopra l'altro) | in talune particolari accezioni con riferimento a cose o avvenimenti che si succedono rapidamente nel tempo o in gran numero: fa diebbete ‘ncopp’ a ddiebbete(fare debiti sopra debiti); riportare vittoria sopra vittoria; dire spropositi sopra spropositi; gli accadde una disgrazia sopra l'altra
4 con riferimento a cose che non sono a contatto fra loro: il ritratto era appeso sopra il caminetto; si costruirà un nuovo ponte sopra la ferrovia; il colonnello abita sopra di loro; le nuvole si addensavano sopra di noi | in usi fig.: una minaccia pendeva sopra il suo capo; piangere sopra qualcuno, qualcosa, dolersi per qualcuno, qualcosa; passar sopra a qualcosa, non tenerne conto; tornar sopra a qualcosa, riesaminarla; averne fin sopra i capelli, essere nauseato di qualcosa, aver raggiunto il limite della sopportazione; sopra pensiero, soprappensiero
5 (fig.) con riferimento a situazioni di superiorità, dominio, controllo: allargare il proprio dominio sopra tutto il paese; regnare sopra diversi popoli; non avere nessuno sopra di sé; avere un vantaggio sopra qualcuno; vegliare sopra i figli
6 con riferimento a cosa che scende dall'alto (anche fig.): le bombe caddero sopra la casa; la nebbia calò sopra la valle; la responsabilità ricade sopra di noi; scaricare la colpa sopra qualcuno | (estens.) contro: gettarsi, scagliarsi sopra qualcuno; ordinarono ungrandissimo esercito per andare sopra 'nemici (BOCCACCIO Dec. II, 8)
7 nelle immediate vicinanze ma in posizione piú elevata: la casa è sopra la ferrovia; c'è una pineta sopra il mare
8 oltre, piú (di un limite): bambini sopra i cinque anni; la temperatura è sopra lo zero; Roma è a pochi metri sopra il livello del mare | nelle determinazioni geografiche, piú a nord: Bolzano è un po' sopra Trento; il mar Rosso è sopra il 10° parallelo | piú di (per indicare una preferenza): amare la famiglia sopra ogni cosa; questo mi interessa sopra tutto
9 intorno a, riguardo a (per indicare materia, argomento): parlare sopra un tema difficile; mi piacerebbe conoscere il tuo parere sopra quella questione
10 (ant.) oltre a, in aggiunta a: gran parte delle loro possessioni ricomperarono, e molte dell'altre comperar sopra quelle (BOCCACCIO Dec. II, 3)
11 (ant.) prima di, avanti (in senso temporale): la notte sopra la domenica, quella che la precede | sopra parto, soprapparto
12 nella loc. al di sopra di, che à gli stessi sign. di sopra: numeri al di sopra di cento; essere al di sopra delle parti; un cittadino al di sopra di ogni sospetto
¶ agg. invar. superiore (anche preceduto da di): la riga di sopra; il piano di sopra
¶ s. m. invar. la parte superiore, ciò che sta sopra (anche preceduto da di): il (di) sopra è di plastica.
etimologicamente‘ncoppa = sopra è forgiato da un in→’n illativo e coppa dal latino cuppa(m) la parte posteriore superiore del capo che è dunque quella posta sopra; ugualmente ‘a coppa = da/di sopra deriva dalla medesima cuppa(m) la parte posteriore superiore del capo che è dunque quella posta sopra, introdotta dalla ‘a aferesi della preposizione da→’a Mette conto parlare anche di ‘ncopp’â = sulla, sopra la - ncopp’ô sul sullo, sopra il/lo e di ‘ncopp’ê su gli/sulle, sopra i,gli/le;
queste tre locuzioni prepositive napoletane sono forgiate da un in→’n illativo e da coppa dal latino cuppa(m) la parte posteriore superiore del capo che è dunque quella posta sopra, addizionate volta a volta da â (crasi di a ‘a=alla), da ô(crasi di a ‘o=al/allo),da ê(crasi di a ‘e= ai,a gli, alle).
‘ncuollo avv. di luogo vale
1 addosso, sulla persona, sulle spalle: che puorte ‘ncuollo?(che cosa porti addosso?); tené ‘ncuollo(avere addosso), avere con sé, su di sé; indossare | tené ‘a jella ‘ncuollo(avere la sfortuna addosso), (fig.) essere sempre sfortunato | chiammarse ‘e guaje ‘ncuollo(chiamarsi addosso i guai), (fig.) procurarseli | se ll’è ffatta ‘ncuollo p’ ‘a paura(per la paura se l’è fatta addosso, fare i bisogni corporali nei vestiti; (fig.) farsi prendere dalla paura, dal panico |parlarse ‘ncuollo (parlarsi addosso), (fig.) in continuazione e con autocompiacimento
2 dentro la persona; nell'animo, nel corpo: tené ‘ncuollo’na paura futtuta, ‘na freva ‘e cavallo(avere addosso una paura terribile, una febbre da cavallo) | tené ‘o diavulo ‘ncuollo(avere il diavolo addosso), (fig.) essere indemoniato o, nell'uso com., di pessimo umore | tené ll’argiento vivo ‘ncuollo(avere l'argento vivo addosso), (fig.) essere vivace, non stare mai fermo || In unione con a forma la loc. prep. ‘ncuollo a= addosso a nelle forme ‘ncuollo â = addosso alla – ‘ncuoll’ô= addosso allo – ‘ncuoll’ê=addosso a gli, addosso alle
1 assai vicino, molto accosto: ‘e ccase songo una ‘ncuollo a n’ ata(le case sono una addosso all'altra)
2 su, sopra: cadé ‘ncuollo a quaccheduno(piombare addosso a qualcuno) | mettere ‘e mmano ‘ncuollo a quaccheduno(mettere le mani addosso a qualcuno), colpirlo, picchiarlo; toccarlo con desiderio sessuale | mettere ll’uocchie ‘ncuollo a quaccheduno, quaccosa(mettere gli occhi addosso a qualcuno, a qualcosa), (fig.) farne oggetto di desiderio | sta sempe ‘ncuollo ô figlio(sta sempre addosso al figlio, (fig.) sollecitarlo, controllarlo, opprimerlo
3 contro: dà, menarse ‘ncuollo a quaccheduno(dare addosso,gettarsi addosso a qualcuno, assalirlo; (fig.) perseguitarlo come inter.anche ellittica indica incitamento ad assalire qualcuno:’o ví lloco ‘o mariulo, dalle‘ncuollo!( ecco il ladro,dagli addosso!) ‘Ncuollo!(Addosso!). etimologicamente‘ncuollo = addosso è formato da un in→’n illativo e cuollo dal latino cŏllu(m) nell'uomo ed in altri vertebrati, la parte del corpo di forma generalmente cilindrica, che unisce la testa al torace la parte che si può ritenere quella posta addosso al busto;
‘nfunno prep. impr. ed avv. di luogo
1 nella parte inferiore di qualcosa, spec. di un recipiente o di una cavità: ‘nfunno â tiana (in fondo alla pentola), | ‘nfunno ô mare, ô sciummo (al fondo del mare, del fiume)| jí ‘nfunno(andare a fondo), affondare; (fig.) rovinarsi | mannà ‘nfunno a quaccheduno(mandare al fondo qualcuno) affondarlo; (fig.) rovinarlo
2 in fondo, nella parte piú interna di un luogo o piú lontana rispetto all'osservatore o situata alla fine di qualcosa; (fig.) la parte piú riposta e intima: ‘nfunn’â cascia(nel fondo del baúle); ‘nfunn’â strata (in fondo alla strada) ‘a cammera ‘nfunn’ô curreturo (la camera in fondo al corridoio); ‘nfunn’ô core (nel fondo del cuore); ‘nfunno a ll’anema( in fondo all'anima) ' |’a cimma ‘nfunno (da cima a fondo), completamente | jí’nzino ‘nfunno(andare fino in fondo), (fig.) non abbandonare un'impresa prima di averla conclusa | è gghiuto‘nfunn’ô fatto ( è andato in fondo alla faccenda), à cercato di vederci chiaro | tutto sommato:’nfunno ‘nfunno è mmeglio accussí! (in fondo, in fondo è meglio cosí!). etimologicamente‘nfunno = in fondo è forgiato da un in→’n illativo + funno dal latino fundu(m)→funno con assimilazione progressiva nd→nn.
‘nterra prep. impr. ed avv. di luogo
nella parte inferiore, piú bassa o estrema di qualcosa,giú’nterra â Mmaculatella (giú, all’estremo limite dell’ imbarco del molo dell’ Immacolata) ’nterra â Cajola (sulla spiaggia della Gaiola), è caduto ‘nterra (è cascato in terra), ‘o voglio vedé ‘nterra (lo voglio vedere a terra) (fig.) sottomettere, rovinare;
etimologicamente‘nterra = in fondo, giú, all’estremo limite è forgiato da un in→’n illativo + terra dal latino terra(m).
‘ntridice/’ntririce avv. di luogo ma anche modale
Letteralmente: in tredici id est: giusto nel mezzo, al centro, in vista; usato sempre con valore o accezione negativa come nell’espressione che segue:
Stà sempe 'ntridice/’ntririce.
Letteralmente: stare sempe in tredici.Id est: esser sempre presente, al centro, in vista, mostrarsi continuatamente, partecipare ad ogni manifestazione, insomma far sempre mostra di sé alla stregua di un candelabro perennemente in mostra in mezzo ad un tavolo.
Ora poiché nella smorfia napoletana il candelabro, come le candele, fa 13 ecco che se ne è ricavato l’avverbio a margine e viene fuori l'espressione in esame con la quale a Napoli si è soliti apostrofare gli impenitenti presenzialisti. etimologicamente‘ntridice/’ntririce = nel mezzo, al centro, in vista è forgiato da un in→’n illativo + tridice/tririce = tredici numerale dal lat. tredecim, comp. di trís 'tre' e decem 'dieci'; nella morfologia tririce da tridice è riscontrabile la rotacizzazione osco-mediterranea della d→r.
sotto/ avv. e preposiz. impropria
come avv.
1 in luogo o posizione inferiore: sta cca ssotto, lla ssotto(è qui sotto, lí sotto); miettela sotto, cchiú ssotto(mettilo sotto, piú sotto); ‘nu scatolo ‘a coppa ‘e rasone, ‘a sotto ‘e velluto(una scatola sopra di raso e sotto di velluto), con la parte inferiore di velluto | preceduto dalla prep. a/di pleonastica: scennere ‘a sotto(scendere di sotto), al piano inferiore; chi steva‘a coppa faceva ‘e dispiette a cchille ca stevano‘a sotto (chi stava sopra faceva i dispetti a quelli che stavano di sotto) | può essere preceduto da prep. diversa da a/di: passaje pe ssott; è asciuto ‘a sotto(passò per sotto; è uscito da sotto);| raddoppiato à valore di 'al di sotto di tutto il resto': ll’acqua scavaje sotto sotto(l'acqua scavò sotto sotto); sotto sotto, (fig.) dentro di sé, di nascosto, copertamente: sotto sotto avesse vuluto essere ‘mmitato a restà(sotto sotto, avrebbe voluto essere invitato a restare) | mettere sotto, investire: fuje miso sotto ‘a ‘nu camionne(è stato messo sotto da un camion); metterse sotto(mettersi sotto), (fig.) impegnarsi con tutte le energie in un lavoro |ce sta sotto coccosa (c’è qualcosa sotto), di situazione non chiara, che appare losca;
2 in seguito, con riferimento a cosa che sarà détta o scritta poco oltre: comme dimustrato cca ssotto(come dimostrato qui sotto)
come prep.
[si unisce ai nomi direttamente o mediante la prep. a, ai pronomi personali quasi sempre mediante la prep. a oppure‘e(di); si può elidere davanti a vocale, spec. in espressioni del tipo:sott’acqua, sott’acito (sott'acqua, sott'aceto); sotto a mme, sotto’e te (sotto di me, sotto di te)]
1 in posizione inferiore rispetto ad altro (con riferimento a cose che sono a contatto): mettette ‘na zeppa sott’ â zampa d’ ‘a tavula(mise un cuneo sotto la gamba del tavolo);’o libbro ca cirche sta sott’ô manesiglio niro( il libro che cerchi è sotto il quaderno nero; annasconnere coccosa sott’ô lietto(nascondere qualcosa sotto il letto); purtà ‘e libbre sott’ô vraccio( portare i libri sotto il braccio)
2 con riferimento a cose l'una delle quali avvolge l'altra: purtà ‘nu vestito liggiero sott’ô cappotto( portare un abito leggero sotto il cappotto); ‘nfilarse sott’ê cuperte(infilarsi sotto le coperte); ‘o piatto steva sotto a ‘nu parmo ‘e póvera(il piatto era sotto uno strato di polvere.)
3 con riferimento a cose non in contatto fra loro: ‘o scannetiello sta sott’ô tavulino(lo sgabello è sotto il tavolino); passà pe sott’ô ponte (passare sotto il ponte); sta ‘e casa proprio sotto a mme( abita proprio sotto di me); stevano tutte e dduje sott’ô ‘mbrello erano ambedue sotto l'ombrello; s’arreparaje sott’ô barcone( si riparò sotto il balcone); sott’ê stelle( sotto le stelle), all'aperto di notte; sott’ô sole (sotto il sole), in questo mondo |tené coccosa sotto a ll’uocchie, sott’ô naso avere qualcosa sotto gli occhi, sotto il naso, vicinissimo
4 con riferimento a cose l'una delle quali travolge o grava sull'altra:è ffernuto sotto a ‘na machina( è finito sotto un'automobile); metterse sott’ê piere(mettersi sotto i piedi), calpestare; (fig.) umiliare, assoggettare; jí sott’acqua(andare sott'acqua), sprofondare nell'acqua; anche, immergersi sotto il pelo dell'acqua | con riferimento a situazioni di assoggettamento, subordinazione, dipendenza: ‘a rivoluzzione ‘e Masaniello scuppiaje sott’ô guverno d’ ‘o vicerre(la rivoluzione di Masaniello scoppiò sotto il governo vicereale; tengo assaje ‘mpiecate sotto a mme (ò molti impiegati sotto di me; ‘mpararse sotto a ‘nu bbuonu masto(imparare sotto un buon maestro);
5 con riferimento a cosa che subisce l'azione di un'altra che scende dall'alto: stà sotto a ll’acqua(stare sotto la pioggia); leggere sott’â luce d’ ‘o lumetto (leggere sotto la luce della lampada da comodino); murí sott’ê bumbardamente(perire sotto i bombardamenti); arrivà sott’ô patapato ‘e ll’acqua(arrivare sotto un gran temporale) | in usi fig., con sfumatura modale: viaggià sotto scorta(viaggiare sotto scorta); campà sotto a ‘na minaccia continua(vivere sotto una continua minaccia);fa ‘o testemmonio sotto ggiuramento ( far da testimonio sotto giuramento); guardà ‘nu prubblema sotto a ‘nu certu punto ‘e vista(considerare un problema sotto un certo punto di vista);
6 per indicare immediata vicinanza, spec. in posizione inferiore: se cumbatteva sott’ê mmura(si battagliava sotto le mura); alluccavano sott’ê feneste soje( urlavano sotto le sue finestre); | farse sotto ô nemicofarsi sotto (all'avversario), avvicinarsi per colpirlo
7 non oltre, meno di (per indicare un limite): piccerille sott’ê tre anne( bambini sotto i tre anni);essere poco sott’ ô cantàro(essere di poco sotto il quintale) | nell’espressione ellittica farsela sotto(farsela sotto)mingersi o defecarsi indosso;
8 in prossimità, nell'imminenza (con valore temporale): ll’aggiu ‘ncuntrato sotto Natale(l'ò incontrato in prossimità del Natale); stammo oramaje sotto a ll’esame(siamo ormai sotto gli esami);
9 l’avv. sotto lo si ritrova anche nella locuzione prep. avverbiale ‘a sotto = da/di sotto che è formata da ‘a= da dal lat. de ab nei valori di moto da luogo, origine, agente ecc.; o dal lat. de ad nei valori di moto a luogo, stato in luogo, destinazione, modo, fine ecc. e da sotto avv. e preposiz. impropria = sotto dal lat. subtus, avv. deriv. di sub 'sotto';a margine di tale locuzione rammento una nota esclamazione del linguaggio partenopeo che suona:
‘a sotto p’’e chiancarelle!
Ad litteram: Di sotto a causa dei panconcelli ma a senso: Attenti alla caduta dei panconcelli!
Locuzione esclamativa (in origine grido di avvertimento) con la quale si suole commentare tutti gli avvenimenti risultati o gravosi o pericolosi nel loro evolvere nella valenza di Accidenti!, Perbacco!; essa prende l’avvio dal grido di avvertimento che erano soliti lanciare gli operai addetti alla demolizione di vecchi fabbricati affinché chi si trovasse a passare ponesse attenzione all’eventuale caduta dall’alto dei dissestati panconcelli.
chiancarelle = panconcelli, travicelli, strette, ma abbastanza lunghe (un metro) doghe di stagionato castagno, doghe che poste trasversalmente sulle travi portanti sorreggevano (nelle costruzioni di una volta) l’impiantito dei solai. la voce è il plurale di chiancarella che etimologicamente è un derivato (diminutivo : vedi suff. ella+ l’infisso ar) del basso latino planca(m)=tavola lignea; dalla medesima planca(m)=tavola lignea il napoletano trasse la voce chianca = macelleria, rivendita di carni macellate; e ciò in quanto originariamente l’ esposizione e la sezionatura per la vendita al minuto delle carni avveniva tenendole poggiate su di un tavolo ligneo; tipico e normale l’esito nel napoletano chi del digramma latino pl e del digramma cl seguíto da vocale (vedi plus→cchiú=piú, platea→chiazza=piazza, plumbeum→chiummo=piombo, clausum→chiuso, etc.).
abbascio/ ‘a vascio avv.e prep. impr. di luogo
abbasso, in giú,in fondo, di sotto, in basso: scinne abbascio(scendi giú), saglie ‘a vascio e viene ‘ncoppa(sali di sotto e monta su),abbascioâ via nova(in fondo alla strada maestra), derivazione dal tardo latino bassu(m) morfologicamente si è pervenuti ad abbascio partendo da bassu(m) attraverso la locuzione a basso→a bascio→abbascio, sul modello del fr. à bas; nella locuzione la voce basso à prodotto dapprima bascio e poi il raddoppiamento dell’esplosiva labiale b intervocalica invece del passaggio di b a v; rammento ancóra che in napoletano sempre dalla voce bassu(m) abbiamo il verbo denominale avascià/avasciare= abbassare, calare, portare, mettere qualcosa piú in basso, ridurre l'altezza, il valore o l'intensità di qualcosa; verbo nel quale è riconoscibile la prostesi di una a eufonica che qui però (misteri della parlata napoletana!) non à prodotto il raddoppiamento della b come ci si sarebbe atteso alla luce di quanto detto precedentemente, e non à influito in alcun modo sul passaggio della b a v; si è avuto dunque bassu(m)→vascio→a + vasci(o)+are=avasciare/avascià;
addó = avverbio di luogo e cong. usato in primis in proposizioni interrogative, ma anche in relative etc.,
1 in quale luogo (in prop. interrogative dirette e indirette, e talora in prop. esclamative): addó vaje?(dove vai?); addó s’è ‘mpurtusato?(dove si è cacciato?); chi sa’ addó sta a chest’ora!(chissà dove sarà a quest'ora!); dimme addó staje ‘e casa(dimmi dove abiti);sta ‘e casa nun saccio addó( abita non so dove) | di, da dove, di, da quale luogo: ‘e addó sî?(di dove sei?);
2 nel luogo in cui (in prop. relative): stongo ‘e casa addó tu stive ‘e casa ‘na vota(abito dove tu abitavi un tempo); rieste addó staje!(resta dove sei!); jate addó ve pare e ppiace(andate dove vi pare ed aggrada);
3 il luogo in cui (in prop. relative): ‘o vvi’ cca addó ce simmo ‘ncuntrate(ecco dove ci siamo incontrati); cca è addó è succieso ‘o ‘mpiccio(qui è dove è accaduto l'incidente) |
4 preceduto da un sostantivo equivale a in cui, nel quale, nella quale ecc.: ‘a pultrona addó t’assiette solitamente(la poltrona dove siedi di solito); ‘a casa addó sta ‘e casa(la casa dove abita); ‘o paese addó stammo jenno(il paese dove siamo diretti); ripigliammo dô punto addó ero rummaso(riprendiamo dal punto dove ero rimasto);
5 nell’espressione esclamativa addó va! usata come risposta, spesso corale, a commento di frasi augurali in un brindisi vale lí(dove sta andando), per chi (sta bevendo)a pro di chi (sta assumendo il vino oggetto del brindisi).
6 (lett.) seguito da ca equivale a dovunque, in qualunque luogo: addó ca vaje vaje(dove che tu vada vada); addó ca fosse(dove che fosse);
come cong. (lett.)
1 nel caso che, qualora, ove (con valore ipotetico-condizionale): Addó po ca nun fosse overo chello ca avimmo ditto, cagnammo pruggetto(Nel caso che poi non fosse vero ciò che abbiamo détto, cambieremo il progetto)addó nun te piacesse ‘e vení cca, vengo i’ addu te!(qualora non ti picesse di venire qui, verrò io da te!);
2 mentre, laddove (con valore avversativo): ‘E guagliune tenevano ‘na speranza ‘e jí a mmare, addó ca ‘o pate aveva deciso n’ata cosa…(I ragazzi avevano una speranza di andare al mare, mentre il padre aveva deciso diversamente.)
comes.vo m.le (raro) luogo: nun saccio né addó, né ‘o cquanno (non so né il dove né il quando);
etimologicamente addó→addove è da un latino de ubi→du(bi) con successivo rafforzamento espressivo attraverso un ad del de d’avvio secondo il percorso de ubi→du(bi)→du→ad du→addu→addó; le tre locuzioni prepositive locative che seguono (indicanti rispettivamente provenienza, moto da luogo, moto per luogo): ; esse non sono costruite con addó, ma son costruite con l’avv.dove→ do’/ro’ e le preposizioni semplici ‘e←de (di), ‘a←da (da), pe (per), e sono:
‘e do’/’e ro’, ’a ro’, pe ddo’ di, da dove, per dove di, da quale luogo: ‘e ro’ site?(di dove siete?); ‘a ro’ me staje telefonanno?(da dove mi telefoni?); ‘a ro’ è trasuto(da (o di) dove sarà entrato?) ' per dove, per quale luogo: pe ddo’sî ppassato?( per dove sei passato?) | per dove, per il luogo per il quale: sî ppassato pe ddo’ so’ passato i’? (sei passato per dove sono passato io?);
In coda ed a completamento di queste paginette con le quali spero d’aver contento l’amico N.C. e qualche altro dei miei ventiquattro lettori riporto ciò che ebbi a scrivere alibi circa le le preposizioni articolate nel napoletano e ricordo che nel napoletano, cosí come nell’italiano, le locuzioni articolate formate con preposizioni improprie ànno tutte una forma scissa, mantenendo separati gli articoli dalle preposizioni e mentre nell’italiano s’usa far seguire alla preposizione impropria il solo articolo, nel napoletano occorre aggiungere alla preposizione impropria non il solo articolo, ma la preposizione articolata formata con la preposizione semplice a ( ad es. nell’italiano si à: sotto il tavolo, ma nel napoletano si esige sotto al tavolo e ciò per riprodurre correttamente il pensiero di chi mentalmente articola in napoletano e non in italiano). Tanto premesso annoto altresí che mentre in italiano la gran parte delle preposizioni articolate formate dall’unione degli articoli sg. e pl. con le preposizioni semplici, ànno una forma agglutinata, nel napoletano ciò non avviene che per una o due preposizioni semplici, tutte le altre si rendono con la forma scissa mantenendo cioè separati gli articoli dalle preposizioni.
Passiamo ad elencare dunque le preposizioni articolate cosí come rese in italiano e poi in napoletano:
con la preposizione a in italiano si ànno al = a+il, allo/a= a+lo/la alle = a+ le agli = a+ gli (ma è bruttissimo e personalmente non l’uso mai preferendogli la forma scissa a gli!) in napoletano si ànno le medesime preposizioni articolate formate dall’unione degli articoli ‘o (lo/il), ‘a (la) ‘e (i/gli/le) con la preposizione a, unione che produce una preposizione articolata di tipo agglutinata resa graficamente con particolari forme contratte: â = a+ ‘a (a+ la), ô = a + ‘o (a+ il/lo), ê = a + ‘e (a + i/gli oppure a+ le);
con la preposizione di in italiano si ànno del = di+il, dello/a= di+lo/la delle = di+ le, degli = di+ gli; in napoletano le analoghe preposizioni formate dagli articoli ‘o (lo/il), ‘a (la) ‘e (i/gli/le) con la preposizione de (=di), produce una preposizione articolata di forma rigorosamente scissa o tutt’al piú apostrofata: de ‘o→d’’o, de ‘a→d’’a, de ‘e→d’’e; con la preposizione da in italiano si ànno dal = da+il, dallo/a= da+lo/la dalle = da+ le, dagli = di+ gli; in napoletano le analoghe preposizioni formate dagli articoli ‘o (lo/il), ‘a (la) ‘e (i/gli/le) con la preposizione da talora anche ‘a (=da), produce una preposizione articolata di forma normalmente scissa e spessa apostrofata: da ‘o→d’’o, da ‘a→d’’a, da ‘e→d’’e ma come ognuno vede la forma apostrofata (quantunque usatissima) presta il fianco alla confusione con le preposizioni articolate formate con la preposizione de (=di), e d’acchito è impossibile distinguere tra de ‘o→d’’o, de ‘a→d’’a, de ‘e→d’’e e da ‘o→d’’o, da ‘a→d’’a, da ‘e→d’’e e bisogna far ricorso al contesto per chiarirsi le idee; ò dunque proposto d’usare una forma affatto diversa per le preposizione napoletane da + ‘o→dô = dal, da+ ‘a→dâ = dalla, da+ ‘e→dê = dagli/dalle, forma che eliminando l’apostrofo e facendo ricorso alla medesima contrazione usata per le preposizioni articolate formate con la preposizione a consente di evitare la deprecabile confusione cui accennavo precedentemente. Rammento che nel napoletano è usata spessissimo una locuzione articolata che con riferimento il moto a luogo rende i dal/dallo – dalla – dalle – dagli dell’italiano ; essa è (la trascrivo cosí come s’usa generalmente fare,ma a mio avviso erroneamente in quanto non ricostruibile nei suoi elementi costitutivi) essa è add’’o/add’’a/add’ ‘e es.: è gghiuto add’ ‘o zio(è andato dallo zio) è gghiuta add’ ‘a nonna, add’ ‘e pariente (è andata dalla nonna, dai parenti);; francamente non si capisce da cosa sia generato quel add’ né si comprenderebbe il motivo dell’agglutinazione della preposizione a con la successiva da→dd’; a mio avviso è piú corretta e qui la propugno: a ddô/ a ddâ/ a ddê per cui sempre ad es. avremo: è gghiuto a ddô zio(è andato dallo zio) è gghiuta a dd’ â nonna, a dd’ê pariente (è andata dalla nonna, dai parenti); si tenga qui presente che la preposizione proclitica da seguita dai pronomi (me, te, isso,essa) o da nomi propri o agg.vi dimostrativi va resa con addu (dal lat. ad+de→adde→addu) es: vengo i’ addu te o viene tu addu me (vengo io da te o vieni tu da me)vaco i’ addu isso, addu ‘stu scemo, jenno addu Pascale (vado io da lui, da questo scemo, andando da Pasquale) ; rammento infine tuttavia di non confondere a ddô con l’omofono addó←addo(ve) = dove, laddove che è un avverbio e cong. subord. che introduce proposizioni avversative, relative, interrogative dirette ed indirette.
Proseguiamo.
Con la preposizione in in italiano si ànno nel = in+il, nello/a= in+lo/la nelle = in+ le, negli = in+ gli; in napoletano per formare analoghe preposizioni, si fa ricorso alla preposizione impropria dinto (dentro – in dal lat. dí intro→dint(r)o→dinto 'da dentro'); come ò già détto e qui ripeto: le locuzioni articolate formate con preposizioni improprie ànno nel napoletano tutte una forma scissa, mantenendo separati gli articoli dalle preposizioni e mentre nell’italiano s’usa far seguire alla preposizione impropria il solo articolo, nel napoletano occorre indefettibilmente aggiungere alla preposizione impropria non il solo articolo, ma la preposizione articolata formata con la preposizione semplice a ( ad es. nell’italiano si à: dentro la stanza, ma nel napoletano si esige dentro alla stanza e ciò per riprodurre correttamente il pensiero di chi mentalmente articola in napoletano e non in italiano) per cui le locuzioni articolate formate da dinto a e dagli articoli ‘o (lo/il), ‘a (la) ‘e (i/gli/le) saranno rispettivamente dint’ô dint’â, dint’ê che rendono rispettivamente nel/néllo,nélla,negli/nelle.
Con la preposizione con in italiano si ànno col = con+il, collo/a= con+lo/la colle = con+ le, cogli = con+ gli, ma a mio avviso son tutte bruttissime, a parte che prestano il fianco alla confusione con taluni sostantivi e non le uso mai preferendo sempre e non da ora la forma disagglutinata ; in napoletano le analoghe preposizioni formate dagli articoli ‘o (lo/il), ‘a (la) ‘e (i/gli/le) con la preposizione cu (=con), produce una preposizione articolata di forma rigorosamente scissa o tutt’al piú apostrofata, forma che però sconsiglio: cu ‘o→c’’o, cu ‘a→c’’a, cu ‘e che non ammette apostrofo, quantunque qualcuno si ostini a scrivere un bruttissimo ch’’e .
Con la preposizione su in italiano si ànno sul = su+il, sullo/a= su+lo/la sulle = su+ le, sugli = su+ gli; in napoletano per formare analoghe preposizioni, si fa ricorso alla preposizione impropria ‘ncoppa (sopra – su, dal lat. in + cuppa(m)); come ò già détto e qui ripeto: le locuzioni articolate formate con preposizioni improprie ànno tutte una forma scissa, mantenendo separati gli articoli dalle preposizioni e mentre nell’italiano s’usa far seguire alla preposizione impropria il solo articolo, nel napoletano occorre aggiungere alla preposizione impropria non il solo articolo, ma la preposizione articolata formata con la preposizione semplice a ( ad es. nell’italiano si à: sulla tavola o sopra la tavola , ma nel napoletano si esige sulla o sopra alla tavola e ciò per riprodurre correttamente il pensiero di chi mentalmente articola in napoletano e non in italiano) per cui le locuzioni articolate formate da ‘ncoppa a e dagli articoli ‘o (lo/il), ‘a (la) ‘e (i/gli/le) saranno rispettivamente ‘ncopp’ô ‘ncopp’â, ‘ncopp’ê che rendono rispettivamente sul/sullo,sulla,sugli/sulle. Tutte le altre preposizioni formate dagli articoli ‘o (lo/il), ‘a (la) ‘e (i/gli/le) con le corrispondenti preposizioni semplici napoletane delle italiane per (pe) tra/fra(‘ntra/’nfra) ànno una forma rigorosamente scissa o ma solo per la preposizione pe, (mentre per ‘ntra/’nfra non è consentito) scissa o tutt’ al piú apostrofata: pe ‘o→p’’o (per il/lo), pe ‘a→p’’a (per la), pe ‘e→p’’e (per gli/le), mentre avremo solo ntra/’nfra ‘o - ntra/’nfra ‘a - ntra/’nfra ‘e.
Per tutte le altre preposizione articolate formate dall’unione dei soliti articoli con preposizioni improprie (sotto, sopra, dietro, davanti, insieme,vicino, lontano etc.), ci si regolerà alla medesima maniera di quanto ò già detto circa le preposizioni formate da dinto o ‘ncoppa tenendo presente che in napoletano sotto, sopra,dietro, davanti, insieme,vicino, lontano sono rese rispettivamente con sotto, ‘ncoppa,arreto, annanze,’nzieme,vicino/bbicino,luntano e tenendo presente altresí che occorre sempre rammentare che le parole e le frasi da esse formate servono a riprodurre un pensiero; ora sia che si parli, sia che si scriva, un napoletano, nello scrivere in vernacolo, non potrà pensare in toscano e fare poi una sorta di traduzione:commetterebbe un gravissimo errore.Per esemplificare: un napoletano che dovesse scrivere: sono entrato dentro la casa, non potrebbe mai scrivere: so’ trasuto dint’ ‘a casa; ma dovrebbe scrivere: so’ trasuto dint’â (dove la â è la scrittura contratta[crasi] della preposizione articolata alla) casa; che sarebbe l’esatta riproduzione del suo pensiero napoletano: sono entrato dentro alla casa. Allo stesso modo dovrà comportarsi usando sopra (‘ncopp’ a...) o sotto (sott’a....) in mezzo (‘mmiez’ a...) vicino al/allo (vicino a ‘o→vicino ô) e cosí via, perché un napoletano articola mentalmente sopra al/alla/alle/ a gli... e non sopra il/la/le/gli... e parimenti pensa sotto al... etc. e non sotto il ... vicino/lontano al...e non vicino/lontano il etc. D’ altro canto anche per la lingua italiana i piú moderni ed usati lessici (TRECCANI) almeno per dentro non disdegnano le costruzioni: dentro al, dentro alla accanto alle piú classiche dentro il, dentro la.
E qui penso d’avere proprio esaurito l’argomento e poter porre un punto fermo. Satis est.
Raffaele Bracale
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