TENÉ ‘NA BBELLA MANA
A FFÀ ZEPPE
Prendo spunto dalla lettura d’un articolo dell’amico A. M.
(di cui per questioni di riservatezza mi limito ad indicare le iniziali di nome
e cognome) per illustrare l’antica espressione partenopea in epigrafe usata in genere coniugata alla
terza persona , espressione che
l’amico riporta erroneamente come: Tené
‘na bbella mana a ffà zeppole stravolgendone conseguentemente significato e
riferimento semantico. Infatti cosí
come riportata dall’amico [che probabilmente, come dimostrerò, riporta un modo scorretto usato temporibus
illis popolarmente(con bisticcio di lemmi tra zeppe e zeppole) in
luogo dell’esatta espressione in
epigrafe ]. L’espressione in esame esatta è quella riportata in epigrafe che è da
tradursi: Avere una bella mano a far biette [cunei
di legno o di metallo che serveno a rincalzare un mobile, a turare alla meglio
un buco, o in genere a sostituire o surrogare qualche parte mancante] e va
intesa in senso ironico e furbesco,
atteso che è espressione riferita a dileggo di chi usi abitualmente metaforiche zeppe cioè puntelli giustificativi posti da chi
intende rincalzare le proprie azioni o affermazioni palesemente zoppicanti e lo
faccia in maniera continuativa,anche con argomentazioni non confacenti, con una buona dose di faccia tosta. Ben altro
significato assume l’espressione quando venga stravolta in Tené ‘na
bbella mana a ffà zeppole nel qual
caso ci si intende riferire, sia pure ancòra ironicamente, a chi per abitudine è aduso ad
esser scorretto
e disonesto nei confronti degli altri,
prendendo a modello un ipotetico pasticciere (ma non rosticciere) che scorretto e
sleale lesini sul
quantitativo d'impasto conferito nell’approntare le famose zeppole, che è un dolce in uso
nella festività di san Giuseppe, dolce
da non confondere con la preparazione rustica nota popolarmente sí come zeppulella, ma che in realtà è da
chiamarsi, vedi ultra, correttamente pastacresciuta!
Quanto è bello, icastico e complesso l’idioma napoletano; basta
aggiungere un semplice suffisso [qui il sg. f.le ola o il corrispondente pl. ole] ad un medesimo tema [qui zepp] per alterare un termine,mutando zepp-e in zepp-ole e con
ciò stravolgere l’intero significato d’una espressione!
Per ciò che riguarda la voce verbale tene (3ª pers. sg. indicativo pres.
dell’infinito tené)rimando alibi; qui mi soffermo sull’ agg.vo f.le
bella [ dal lat. bĕll-am «carina, graziosa»,del m.le bell-us da *due-nŭlus, dim. di duenos,
forma ant. di bonus] che nell’espressione in
esame non vale attraente, avvenente, benfatta,
chi/che desta nell’animo, per lo piú
attraverso i sensi della vista o dell’udito, un’impressione esteticamente
gradevole, ma vale (con riferimento semantico all’originario significato
dell’agg.vo bonus/bona) adeguata, appropriata, atta,
capace (di), confacente, conforme, conveniente, giusta, idonea, opportuna.
La voce zeppola
s.vo f.le, che in italiano, (con ogni
probabilità con derivazione dal
napoletano) indica esclusivamente quale
sost. femm. (spec. pl.) una
ciambella o frittella dolce tipica di alcune regioni dell'Italia meridionale, è
presente nel lessico della parlata
napoletana dove indica oltre che una tipica ciambella o frittella dolce
(zeppola di san Giuseppe), anche una
frittella rustica (‘a zeppulella) ed
estensivamente un particolare difetto di pronuncia, una sorta di balbuzie che
impedisce di esprimersi correttamente e chiaramente (tené ‘a zeppula ‘mmocca= avere la zeppola in bocca, come chi
parlasse male masticando un pezzo di quella frittella(zeppola) dolce o rustica.
Chiarito però che con l’originaria voce zeppola deve intendersi la
ciambella dolce, e che, a mio sommesso, ma deciso avviso, l’uso di zeppola
per la frittella rustica è un semplice adattamento di comodo, e che per tale frittella rustica sarebbe piú esatto
(come vedremo trattando alibi della
preparazione di tale frittella) parlare di pasta
cresciuta o pastacrisciuta come mi
sembra piú acconcio scrivere agglutinando sostantivo ed aggettivo, dirò che
quanto all’etimologia di zeppola
(ciambella dolce) una non confermata
scuola di pensiero fa riferimento ad un tardo latino *zipula(m) peraltro(si noti l’asterisco) non attestato,
laddove io reputo invece che zeppula (letteralmente zeppola) sia voce che abbia una derivazione dal latino serpula→seppula→zeppula/zeppola
e debba indicare innanzi tutto e
quasi esclusivamente il caratteristico
dolce partenopeo, in uso per la festività di san Giuseppe(19 marzo) , di pasta
bigné disposta, con un sac a poche, a mo’ di ciambella, poi fritta due volte: la
prima in olio bollente e profondo, la seconda nello strutto o
(meno spesso) cotta al forno,
spolverizzata di zucchero e variamente
guarnita con crema pasticciera ed
amarene candite; il dolce à origini antichissime quando
intorno al 500 a.C. si celebravano a Roma le Liberalia, che erano le feste delle
divinità dispensatrici del 'vino e del grano nel giorno del 17 marzo. In onore
di Sileno, compagno di bagordi e precettore
di Bacco, si bevevano fiumi di vino addizionato di miele e spezie e si friggevano profumate frittelle di
frumento; le origini del dolce dicevo furon dunque antichissime
, anche se pare che la ricetta attuale delle napoletane zeppole di san Giuseppe (peraltro già
riportata in un suo famoso manuale di cucina da Ippolito Cavalcanti, duca di
Buonvicino(2 settembre 1787
† 5 marzo
1859)) sia
opera di quel tal Pasquale Pintauro(1815
ca) che fu anche, come vedemmo alibi, l’ideatore della
sfogliatella, il quale rivisitando le antichissime frittelle romane di
semplice fior di frumento,ed ispirandosi
ai consigli del Cavalcanti diede vita
alle attuali zeppole arricchendo
l’impasto di uova,strutto ed aromi vari e
procedendo poi ad una doppia frittura prima in olio profondo e poi nello
strutto; la tipica forma a ciambella
della zeppola rammenta – ò detto
- la forma di un serpentello (serpula) quando si attorciglia su se
stesso da ciò è quasi certo che sia
derivato il nome di zeppola (
morfologicamente nel napoletano è
normale il passaggio di S a Z e l’assimilazione regressiva rp→pp).
zéppa s.vo f.le [voce di origine longob.]. – 1.in primis pezzo di legno che serve a rincalzare un
mobile, o per turare alla meglio un buco, o in genere per sostituire o
surrogare qualche parte mancante. 2.
bietta, calzatoia, 3. fig. come nel caso che ci occupa puntello,rimedio improvvisato, pezza,
taccone,toppa....
Satis est.
R.Bracale Brak
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