venerdì 6 gennaio 2017
SQUAGLIARSE ‘O PPOCO ‘E ‘NZOGNA
SQUAGLIARSE ‘O PPOCO ‘E ‘NZOGNA
Ancóra una volta è stato il caro amico P. G. (i consueti problemi di riservatezza mi costringono ad indicare solo le iniziali di nome e cognome) a chiedermi via e-mail di chiarirgli significato e portata d’una icastica espressione partenopea. Mi accingo alla bisogna ringraziandolo della richiesta che mi permettere di mettere in chiaro qualcosa su cui troppi addetti ai lavori, quando non smarronano dando inesatte interpretazioni, per tema di errare sorvolano e se ne lavano le mani. L’esatta espressione di cui mi è stato chiesto è quella in cui ricorre l’azione in epigrafe e che recita: S’ ’O STA SQUAGLIANNO ISSO ‘STU PPOCO ‘E ‘NZOGNA. Essa ad litteram suona: “Lo sta liquefacendo per sé questo po’ di sugna”, ma fermandosi alla traduzione letterale si incorre facilmente, come è accaduto a qualche inesperto chiosatore in un quiproquò dando un’interpretazione fallace della locuzione che spesso in realtà viene usata a divertito commento trovandosi in presenza di qualcuno che prolunghi oltre il consentito o l’usuale un’azione in cui sia impegnato, fósse in primis quella di vivere, come si evince dal divertito commento di chi chiosi la dipartita di un/una ultraottuagenario/a o novantenne con uno scolio del tipo: “Se ll’è squagliato isso/essa ‘stu ppoco ‘e ‘nzogna!”. Messa cosí la faccenda si capisce che con la ‘nzogna usata nella locuzione non si faccia riferimento all’insieme delle parti grasse e molli del maiale, specialmente di quelle che avvolgono i visceri, parti che se fuse, filtrate, chiarificate e raffreddate dànno luogo allo strutto o sugna propriamente détto,usato - come ò ricordato alibi sub ‘NZOGNA & ALTRO – quale condimento, bensí alle medesimi parti usate però con particolari tecniche chimiche per dar luogo ad una sostanza usata in saponeria, nella concia delle pelli e nella fabbricazione di candele poco pregiate.Ed infatti la locuzione fa riferimento non al condimento ricavato dal grasso del maiale, ma al sego di quelle candele (poco costose in quanto fatte non di pregiata cera d’api, ma di sego) usate da taluni fedeli nel corso di alcune processioni che se si a prolungano eccessivamente determinano la naturale consunzione per liquefazione di quelle torce sino a che non diventino moccoli. Dal che si deduce che la locuzione in corso d’esame, nata all’incirca nel primo ventennio del milleottocento ma ancóra usatissima nella città bassa, sia il parto del ceto piú popolare cosí poco attento alle esattezze linguistiche da non tener conto della sostanziale differenza intercorrente tra la ‘nzogna ed il sivo e che la medesima locuzione mai passata al vaglio di qualche attento linguista, tale si sia conservata nel corso degli anni e sulla bocca dei napoletani.Giunti a questo punto potrei dire d’avere esauruito l’argomento, ma penso di far cosa gradita a qualcuno dei miei ventiquattro lettori per evitar loro il fastidio della ricerca, se riporto qui di seguito quanto tempo fa ebbi a scivere sul lemma
‘NZOGNA & ALTRO
Precisiamo súbito che la voce napoletana a margine che rende l’italiano sugna o strutto è voce che va scritta ‘NZOGNA con un congruo apice (‘) d’aferesi (e qui di sèguito dirò il perché) e non nzogna privo del segno d’aferesi, come purtroppo càpita di trovare scritto in molti sedicenti esperti dell’idioma napoletano.
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Ciò detto passiamo all’etimologia e sgombriamo súbito il campo dall’idea (maldestramente messa in giro da qualcuno che nzogna, (cosí erroneamente scritto e non ‘nzogna) possa essere un adattamento dell’ antico italiano sogna(sugna) con protesi di una N eufonica e dunque non esigente il segno d’aferesi (‘) e successivo passaggio di ns→nz, dal latino (a)xungia(m), comp. di axis 'asse' e ungere 'ungere'; propr. 'grasso con cui si spalma l'assale del carro'; occorre ricordare che nel tardo latino con la voce axungia si finí per indicare un asse di carro e non certamente il condimento derivato dal grasso di maiale liquefatto ad alta temperatura, filtrato, chiarificato, raffreddato e conservato in consistenza di pomata per uso alimentare, mentre gli assi dei carri venivano unti direttamente con la cotenna di porco ancóra ricca di grasso.
Ugualmente mi appare fantasiosa l’idea (D’Ascoli) che la napoletana ‘nzogna possa derivare da una non precisata voce umbra assogna per la quale non ò trovato occorrenze di sorta! Messe da parte tali fantasiose proposte, penso che all’attualità, l’idea semanticamente e morfologicamente piú perseguibile circa l’etimologia di ‘nzogna sia quella proposta dall’amico prof. Carlo Iandolo che prospetta un in (da cui ‘n) illativo + un *suinia (neutro plurale, poi inteso femminile)= cose di porco alla cui base c’è un sus- suis= maiale con doppio suffisso di pertinenza: inus ed ius; da insuinia→’nsoinia→’nzogna.
In coda rammento che cosa diversa dalla ‘nzogna è ‘o SSIVO che è dal lat. sebum con lenizione della B in V ] cioé il sego e rappresenta l’insieme delle parti grasse e molli del maiale, specialmente di quelle che avvolgono i visceri, parti che se fuse, filtrate, chiarificate e raffreddate dànno luogo allo strutto o sugna propriamente détto,usato - come ò ricordato – quale condimento, laddove quelle usate con particolari tecniche chimiche dànno luogo ad una sostanza usata in saponeria, nella concia delle pelli e nella fabbricazione di candele poco pregiate.
Ed ora veramente penso di poter far punto convinto d’avere esaurito l’argomento, soddisfatto l’amico P.G. ed interessato qualcun altro dei miei ventiquattro lettori e piú genericamente chi dovesse imbattersi in queste paginette.Satis est.
Raffaele Bracale
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