martedì 3 gennaio 2017
VARIE 17/13
1.TUTT''O STUORTO, S''O PPORTA 'A ZAPPA
Ad litteram: Tutto l'irregolare viene portato via dalla zappa ; id est: il lavoro appiana le deformità, pone rimedio all'errato; per estensione: l'impegno attento,costante e - se del caso – deciso, se non violento fa superare ogni difficoltà, come i colpi assestati con il taglio della zappa che appianano le asperità del terreno.
2.UH, ANEMA D''E PIERE 'E PUORCHE!
Locuzione esclamativa intraducibile ad litteram atteso che è impossibile che le zampe di un maiale abbiano quell'anima che iperbolicamente, ma erroneamente, nella locuzione viene chiamata in causa;
il senso celato della locuzione è: che esagerazione!, cosa mi vai raccontando?, è incredibile ciò che mi dici!, come incredibile sarebbe un maiale provvisto nelle zampe o altrove di anima.
3.UH, SSEVERE 'E PAZZE !
Esclamazione impossibile da tradurre ad litteram che viene pronunciata nell'osservare situazioni o accadimenti ritenuti cosí strani ed improbabili da destare gran meraviglia, stupore e/o rabbia, nell'intento di sottolineare che quelle situazioni o accadimenti son cose da matti, quasi incredibili.
Strana locuzione quella in esame dove con ogni probabilità il termine ssevere è l’adattamento corruzttivo dell'espressione francese: c'est vrai[lèggi: sè-vrè] ( de foux) (è veramente da folli); la stranezza della espressione napoletana consiste nel fatto che ci si è limitati nella sua formulazione, alla sola corruzione della prima parte di quella francese: c'est vrai,[sè-vrè→severe] completandola con il termine pazze = pazzi esatta traduzione del francese foux.
4.UNA NE FA E CCIENTO NE PENZA
Ad litteram: una ne fa e cento ne progetta Locuzione che fotografa il comportamento iperattivo di chi si dedichi , ma non si sa con quanto successo, a troppe iniziative di varia portata; la locuzione è usata altresí per stigmatizzare,anche se bonariamente, la ipercinecità di un ragazzo attivamente impegnato a fare innumerevoli marachelle.
5.UNO TAGLIA N’ATO ‘NCHIMA E N’ATO CÓSE
Ad litteram: uno taglia, un altro imbastisce ed un altro cuce
Icastica popolare, sarcastica locuzione,ispirata dal mestiere del sarto, usata a derisione di coloro [in primis impiegati governativi e/o comunali ] che, per ignavia, trincerandosi dietro al fatto che le proprie mansioni esulano da compiti estesi, si rifiutano di dare compimento all’intrapreso limitando la propria azione ad una sola parte di esso e demandandone ad altri il perfezionamento, quasi alla stregua di un sarto che, tagliata la stoffa di un abito, non sia in grado o si rifiuti di imbastirlo e di cucirlo ed affidi ad altri le relative operazioni.
Come ò anticipato la locuzione è usata spesso in riferirmento a gli sportellisti degli uffici comunali e/o altri enti pubblici che usano costringere i cittadini che chiedono una documentazione a sottostare a sfibranti andirivieni tra alcuni sportelli prima di poterla ottenere, laddove un po’ di buona volontà d’un singolo addetto potrebbe risolvere la faccenda rapidamente e soddisfacentemente!
Taglia voce verbale 3ª pers. sg.ind. pr. dell’infinito taglià [dal fr. (ant.) tailler, che è il lat. tardo taliare, der. di talea]= tagliare, frazionare, mozzare, radere, ritagliare, segare, smozzare, tagliuzzare, tosare, tranciare.
‘Nchima voce verbale 3ª pers. sg.ind. pr. dell’infinito ‘nchimà [da un lat. reg. inflimare→’nflimare→’nchimare] = imbastire, unire provvisoriamente i margini di due pezzi di stoffa, di pelle, ecc., con punti LLUnghi di filo di cotone, arrabattare, arrangiare, improvvisare, raffazzonare.
Cóse voce verbale 3ª pers. sg.ind. pr. dell’infinito cósere [dal lat. *cosĕre, per il class. consuĕre,] = cucire.
Brak
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