sabato 18 febbraio 2017
VARIE 17/209
1.PARÉ 'A SPORTA D''O TARALLARO.
Sembrare la cesta del venditore dei taralli. La locuzione è usata innanzi tutto per indicare chi, per motivi di lavoro o di naturale instabilità, si sposta continuamente, come appunto il venditore di taralli che con la sua cesta, per smaltire tutta la merce fa continui lunghi giri. C'è poi un'altra valenza della locuzione. Poiché gli avventori di taralli son soliti servirsi con le proprie mani affondandole nella cesta colma di tartalli per scegliere, alla stessa maniera c'è chi consente agli altri di approfittare e servirsi delle sue cose, ma lo fa pi ú per indolenza che per magnanimità.
A margine di questa espressione mi piace ricordare quello che fu uno degli ultimi, se non certamente l’ultimo venditore girovago di taralli, ch’io vidi tra gli anni ’50 e ’60 del 1900 percorrere in lungo e largo la città di Napoli armato della sua ballonzolante cesta colma di taralli,cesta mantenuta con l’epa e sorretta da una correggia di cuoio poggiata sul collo.All’epoca ch’io lo seppi, questo venditore girovago sempre allegro se non addirittura ridanciano, che rispondeva al nome di Fortunato era un vecchio ometto piccolo e grassoccio con delle gambette arcuate, nascoste da certe consunte braghe d’un colore indefinibile che, in origine, non dovevano essere state sue : erano infatti troppo larghe e sbuffanti; indossava nei mesi primaverili ed estivi una maglietta di cotone bianco a mezze maniche e portava sul capo un berretto a caciottella di panno bianco, del tipo di quelli indossati dai marinai sulle divise da fatica; d’inverno sostituiva la caciottella bianca con uno zucchetto di lana a piú colori ed infilava sulla solita maglietta di cotone bianco a mezze maniche, una sdrucita giacchetta del medesimo indefinito colore delle breghe, giacchetta che,anch’essa in origine, non doveva essere stata sua: troppo larga e sbuffante;completava l’abbigliamento invernale una unta e bisunta sciarpa di lana a piú colori ch’egli portava come un sacerdote porta la stola e che gli incorniciava il viso segnato dal tempo con una ragnatela di rughe profonde, ma sul quale tuttavia brillavano due occhi vivaci e talvolta addirittura lampeggianti. La piega amara (angoli all’ingiú) della bocca sdentata completava il disegno del volto di questo vecchio omettino che si annunziava di lontano con una sorta di squillante, musicale cantilena: “Furtunato tène ‘a rrobba bbella! ‘Nzogna, ‘nzo’!” E quale era mai la roba bella sottolineata da quello: ‘Nzogna, ‘nzo’ ?
Ma è chiaro che si trattava dei suoi gustosissimi, croccanti taralli ‘nzogna e ppepe ,impreziositi da tantissime mandorle ben tostate, taralli ancóra caldi ( e sfido io: li portava in giro protetti sotto una doppia coltre di tela di sacco...) Poi passarono gli anni ed un giorno, anzi un brutto giorno improvvisamente non intesi piú quella squillante, musicale cantilena: Furtunato tène ‘a rrobba bbella! ‘Nzogna, ‘nzo’! Con ogni probabilità Fortunato aveva esteso il suo giro ed era passato a proporre a san Pietro ed a tutta la corte celeste i suoi taralli ‘nzogna e pepe ed io mi dovetti rassegnare a cercare altrove per trovare i taralli che Fortunato non mi avrebbe piú venduti. Per buona sorte mia (una volta nella vita!) facendo appena quattro passi in piú scovai proprio difronte all’Orto Botanico la bottega che don Leopoldo Infante aveva aperto. E mi andò da Dio; Furtunato teneva ‘a rrobba bbella? Ma don Liopoldo nun s’’o vedeva proprio!
2.PARÉ 'A VARCA 'E MASTU TTORE: A PPOPPA CUMBATTEVANO E NNUN’ 'O SSAPEVANO A PRORA...
Sembrare la barca di mastro Salvatore: a poppa combattevano e lo ignoravano a prua - Cioè: il massimo della disorganizzazione!...
3.PARÉ ARTURO ‘NCOPP’ Ô FILO
Ad litteram: Sembrare Arturo sul filo (corda). Détto con sarcastica ironia con due valenze: a) riferimento a tutti coloro che per necessità, ma piú spesso, per colpevole insipienza o temerarietà si mettano in situazioni insicure e/o difficoltose alla medesima stregua di quel non meglio identificato mitico Arturo saltimbanco acrobatico che si lucrava la giornata esibendosi in piazza del Mercato camminando pericolosamente su di una malferma ed oscillante corda tesa tra due edifici ad una altezza di circa dieci metri dal suolo; b) la seconda valenza fa riferimento a chiunque abbia un incedere malsicuro,esitante, vacillante o traballante alla maniera del suddetto Arturo.
4.PARE BBRUTTO!
Letteralmente : Sembra brutto ! nel senso di Sta male !,è scorretto ! o quanto meno, può apparire tale. Espressione del piú vieto conformismo usata per ammantare di un perbenismo di maniera ed epidermico il consiglio fornito nei riguardi di taluni comportamenti che si raccomanda di non tenére, non perché ritenuti veramente errati o esecrabili, ma solo perché ipocritamente pensati riprovevoli a gli occhi del mondo.
5.PARÉ CA ‘O CULO LL’ARROBBA ‘A PÉTTOLA
Ad litteram: Sembrare che il culo gli sottragga la falda della camicia. Divertentissima icastica espressione riferita con sarcastico dileggio nei confronti di chiunque (uomo o donna) sia tanto inguaribilmente avaro/a, spilorcio/a, pidocchioso/a, tirchio/a ed al contempo preoccupato/a, dubbioso/a, allarmato/a da giungere a temere che il suo stesso fondo schiena gli porti via la falda della camicia che insiste sul medesimo fondo schiena.
culo s.vo m.le s.
1 deretano, sedere, fondo schiena | essere culo e cammisa,: stare sempre insieme, andare molto d'accordo.
2 fondo di un recipiente di vetro: il culo di un fiasco, di una bottiglia ' culi di bicchiere, (scherz.) brillanti falsi, di vetro.
Voce dal lat. culu(m) marcato sul greco koilos;
péttola/péttula s.vo f.le
Con tali termini si indica innanzi tutto l'ampia falda posteriore della camicia d’antan ,quella che dentro o fuori i pantaloni, insiste sul fondoschiena; estensivamente, con i medesimi termini, si indica quella che in toscano è detta sfoglia, che si ottiene con l’ausilio del mattèrello (e non mattarello che è un dialettismo romanesco) con il quale su di una apposita spianatoia si stende e si assottiglia, portandolo ad un consono spessore, l’impasto di farina, uova e/o altri ingredienti, per ottenerne, opportunamente tagliato e/o riempito, pasta alimentare o altre preparazioni culinarie; per traslato, con i termini in epigrafe, si indica una donnaccia o anche una donnetta ciarliera e petulante; ancóra: con il diminutivo: pettulélla che stranamente è inteso maschile ‘o pettulélla ci si suole riferire all’impenitente dongiovanni, al femminiere aduso a perennemente correr dietro le gonne femminili, mentre con 'o pettulélla ‘e mammà ci si riferisce ad un uomo, che a malgrado dell'età raggiunta, non si decide ad abbandonare le gonne materne anzi la falda della camicia della sua genitrice o l'ala protettiva di mammà!Ed oggi, a ben vedere, è la consueta situazione attuale quando la stragrande maggioranza dei giovani non intende metter su famiglia, abbandonando la casa dei genitori ed anche quando lo fa, resta legata a filo doppio con la propria genitrice dimostrando che ci si trova indefettibilmente davanti a dei pettulélle ‘e mamma!
Ciò detto, passiamo all'etimologia del termine péttola/péttula.
Cominciamo col dire che la radice pat che pure dà vita a parole latine come patulus= disteso o verbi greci come pètomai indicanti l’azione del distendere, allargare etc., non si può riferire alla péttola/péttula ;ciò è in tutti i testi da me compulsati al riguardo.
Molto piú prosaicamente le parole péttola e péttula si fanno derivare da un acc. latino: petula(m)con consueto raddoppiamento della dentale T in parole sdrucciole, con derivazione radicale dalla radice pet di peto lat.: peditum;e non se ne faccia meraviglia: si pensi a su cosa insiste la péttola!
Altra ipotesi, ma forse meno convincente, è che la péttola/péttula si riallacci al basso latino: pèttia(m)=pezza,nella forma diminutiva pettúla(m) e successivo cambio di accento che abbia dato péttula: questa etimologia può solleticare, ma è lontana dalla sostanza della péttola napoletana che non indica una piccola pezzuola quale appunto è la pettúla, ma, al contrario, un’ampia falda.
BRAK
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