1.QUANN' UNO S'À DDA 'MBRIANCÀ, È MMEGLIO CA 'O FFA CU 'O
VINO BBUONO.
Quando uno decide d'ubriacarsi è meglio che lo faccia con
vino buono. Id est: Se c'è da perdere la testa è piú opportuno farlo per chi o
per qualcosa per cui valga la pena.
2.SCIORTA E CAUCE 'NCULO, VIATO A CCHI 'E TTÈNE!
Beato chi à fortuna e spintarelle ovvero raccomandazioni
3.ANCAPPA PE PRIMMO, FOSSERO PURE MAZZATE!
Letteralmente: Acchiappa per primo, anche se fossero botte!
L'atavica paura della miseria spinge la filosofia popolare a suggerire
iperbolicamente di metter le mani su qualsiasi cosa, anche rischiando le
percosse, per non trovarsi - in caso contrario - nella necessità di dolersi di
non aver niente!
4.A PAVÀ E A MURÍ, QUANNO CCHIÚ TTARDE SE PO’.
A pagare e morire, quando piú tardi sia possibile! E' la
filosofia e strategia del rimandare sine die due operazioni molto dolorose,
nella speranza che un qualche accadimento intervenuto ce le faccia eludere.
5.'NA VOTA È PRENA, 'NA VOTA ALLATTE, NUN 'A POZZO MAJE
VATTE'
Letteralmente:una volta è incinta, una volta dà latte, non
la posso mai picchiare...Come si intuisce la locuzione era in origine usata nei
confronti della donna. Oggi la si usa per significare la situazione di chi in
generale non riesce mai a sfogare il proprio rancore e o rabbia a causa di
continui e forse ingiustificati scrupoli di coscienza.
Nota linguistica:
l’infinito apocopato vatte’ va lètto vàtte e non vatté
6.LÈVATE 'A MIEZO, FAMME FÀ 'O SPEZZIALE.
Letteralmente: togliti di torno, lasciami fare lo speziale...Id
est:lasciami lavorare in pace - Lo speziale era il farmacista, l'erborista, non
il venditore di spezie. Sia l'erborista che il farmacista erano soliti
approntare specialità galeniche nella cui preparazione era richiesta la massima
attenzione poiché la minima disattenzione o distrazione generata da chi si
intrattenesse a perder tempo nel negozio o laboratorio dello speziale avrebbe
potuto procurar seri danni: con le dosi in farmacopea non si scherza! Oggi la
locuzione è usata estensivamente nei confronti di chiunque intralci l'altrui
lavoro in ispecie la si usa nei confronti di quelli (soprattutto incompetenti)
che si affannano a dare consigli non richiesti sulla miglior maniera di portare
avanti un'operazione qualsivoglia!
7.ARTICOLO QUINTO:CHI TÈNE 'MMANO À VINTO!
La locuzione traduce quasi in forma di brocardo scherzoso il
principio civilistico per cui il possesso vale titolo. Infatti chi tène 'mmano, possiede e non è tenuto a
dimostrare il fondamento del titolo di proprietà.In nessuna pandetta giuridica
esiste un siffatto articolo quinto, ma il popolo à trovato nel termine quinto
una perfetta rima al participio vinto.
8.CU MUONECE, PRIEVETE E CCANE, HE 'A STÀ SEMPE CU 'A MAZZA
'MMANO.
Con monaci, preti e cani devi tener sempre un bastone fra le
mani. Id est: ti devi sempre difendere: con i cani per il pericolo d’esser
morsi, con i monaci ed i preti, per le continue richieste di offerte e per le
continue sollecitazioni al bene.
9.CHI FRAVECA E SFRAVECA, NUN PERDE MAJE TIEMPO.
Chi fa e disfa, non perde mai tempo. La locuzione da
intendersi in senso antifrastico, si usa a commento delle inutili opere di
taluni, che non portano mai a compimento le cose che cominciano, di talché il
loro comportamento si traduce in una perdita di tempo non finalizzata a nulla.
10.'A SCIORTA D' 'O PIECORO: NASCETTE CURNUTO E MURETTE
SCANNATO...
Letteralmente: la cattiva fortuna del becco: nacque con le
corna e morí squartato. La locuzione è usata quando si voglia sottolineare
l'estrema malasorte di qualcuno che viene paragonato al maschio della pecora
che oltre ad esser destinato alla fine tragica della sgozzatura deve portare
anche il peso fisico e/o morale delle corna.
11.È FFERNUTA 'A ZEZZENELLA!
Letteralmente: è terminata - cioè s'è svuotata - la
mammella. Id est: è finito il tempo delle vacche grasse, si appressano tempi
grami!
12.È MMUORTO 'ALIFANTE!
Letteralmente: E' morto l'elefante! Id est: Scendi dal tuo
cavallo bianco, è venuto meno il motivo del tuo sussiego, della tua importanza,
non conti piú nulla. La locuzione, usata nei confronti di chi continua a darsi
arie ed importanza pur essendo venute meno le ragioni di un suo inutile
atteggiamento di comando e/o sussieguo , si ricollega ad un fatto accaduto
sotto il Re Carlo di Borbone al quale, nel 1742, il Sultano della Turchia
regalò un elefante che venne esposto nei giardini reali e gli venne dato come
guardiano un vecchio caporale che annetté al compito una grande importanza
mantenendo un atteggiamento spocchioso per questo suo semplice compito. Morto
l'elefante, il caporale continuò nel suo spocchioso atteggiamento e venne
beffato dal popolo che, con il grido in epigrafe, gli voleva rammentare che non
era piú tempo di darsi arie...
13. CHI SE FA PUNTONE, 'O CANE 'O PISCIA 'NCUOLLO...
Letteralmente: chi si fa spigolo di muro, il cane gli minge
addosso. E'l'icastica e piú viva trasposizione dell'italiano: "Chi si fa
pecora, il lupo se la mangia" e la locuzione è usata per sottolineare i
troppo arrendevoli comportamenti di coloro che o per codardia o per ingenuità,
non riescono a farsi valere
14.TRÒVATE CHIUSO E PIÉRDETE CHIST' ACCUNTO...
Letteralmente: Tròvati chiuso e perditi questo cliente...
Locuzione ironica che si usa quando si voglia sottolineare e sconsigliare il
cattivo mercato che si stia per compiere, avendo a che fare con un contrattante
che dal negozio pretenderebbe solo vantaggi a danno dell' altro contraente.
15.È Mmeglio A Essere Parente Ô Fazzuletto Ca  Coppola.
Conviene esser parente della donna piuttosto che
dell' uomo. In effetti, formandosi una nuova famiglia, è
tenuta maggiormente in considerazione la famiglia d'origine della sposa che
quella dello sposo.
16.OGNE STRUNZO TENE 'O FUMMO SUJO.
Letteralmente: Ogni stronzo sprigiona un fumo. Id est:ogni
sciocco à modo di farsi notare
17. CUNSIGLIO 'E VORPE, RAMMAGGIO 'E GALLINE.
Lett.:consiglio di volpi, danno di galline. Id est: Quando
confabulano furbi o maleintenzionati, ne deriva certamente un danno per i piú
sciocchi o piú buoni. Per traslato: se parlottano tra di loro i superiori, gli
inferiori ne subiranno le conseguenze.
18.CHIACCHIERE E TABBACCHERE 'E LIGNAMMO, 'O BBANCO NUN NE
'MPEGNA.
Letteralmente: chiacchiere e tabacchiere di legno non sono
prese in pegno dal banco. Il banco in questione era il Monte dei Pegni sorto a
Napoli nel 1539 per combattere la piaga dell'usura. Da esso prese vita il Banco
di Napoli, fiore all'occhiello di tutta l'economia meridionale, Banco che è
durato sino all'anno 2000 quando, a completamento dell'opera iniziata nel 1860
da Cavour e Garibaldi e da casa Savoia, non è stato fagocitato dal piemontese
Istituto bancario San Paolo di Torino. La locuzione proclama la necessaria
concretezza dei beni offerti in pegno, beni che non possono essere evanescenti
come le parole o oggetti non preziosi. Per traslato l'espressione si usa nei
confronti di chi vorrebbe offrirci in luogo di serie e conclamate azioni,
improbabili e vacue promesse.
19.FEMMENE E GGRAVUNE: STUTATE TÉGNONO E APPICCIATE CÒCENO.
Letteralmente: donne e carboni: spenti tingono e accesi
bruciano. Id est: quale che sia il loro stato, donne e carboni sono ugulmente
deleterii.
20.VENÍ ARMATO 'E PIETRA POMMECE, CUGLIE CUGLIE E FIERRE 'E
CAZETTE.
Letteralmente: giungere munito di pietra pomice, aghi
sottili e ferri(piú doppi)da calze ossia di tutto il necessario ed occorrente
per portare a termine qualsivoglia operazione cui si sia stati chiamati. Id
est: esser pronti alla bisogna, essere in condizione di attendere al richiesto
in quanto armati degli strumenti adatti.
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