SCIÒTTA & dintorni
Questa volta, su sollecitazione d’un caro amico mi soffermo a parlare della desueta voce in epigrafe, voce che – per il vero – non è mai stata d’àmbito partenopeo, ma che si ritrovò, (fino a che ne resse l’uso, venuto meno con il – chiamamolo cosí – progresso merceologico) variamente adattata sia morfologicamente che come significato in molti paesi dell’entroterra campano (Irpinia: jòtta o anche Alta Irpinia: sciòtta), ma pure in moltissimi paesi di tutto il meridione d’Italia (Calabria: jótta e con altro significato gghiòtta - Salento: sciòtta – Puglia: sciòtt – Lucania: sciòttula); come si vede stranamente solo nei capoluoghi di provincia campani la voce in epigrafe non attecchí e non la si usò.
Ciò precisato comincerò col dire che il significato primo delle voci jòtta - jótta – sciòtta – sciòtt - sciòttula fu quello di acqua calda salata e lattiginosa derivante dalla lessatura dei maccheroni; tale acqua quando non esistevano ancóra detersivi liquidi o in polvere veniva usata dalle massaie irpine,salentine, lucane, calabresi, pugliesi etc. per rigovernare, aiutandosi con della soda caustica o talora con della cenere, le stoviglie: piatti, pentole, tegami, posate, bicchieri etc. usate per cucinare e mangiare. Anche nei capoluoghi di provincia campani, ovviamente, si usava l’acqua di lessatura dei maccheroni per rigovarnare le stoviglie, ma non le si diede un nome esatto (fu solamente: ll’acqua d’’a pasta= l’acqua della pasta), nome che invece esisteva per la medesima acqua una volta che fosse stata già usata per lavare piatti, pentole, tegami, posate, bicchieri etc.; in tal caso quell’ acqua era détta sciacquatura (derivato di sciacquà ← exaquare per il tramite del part. pass. ed il suff. collettivizzante ura.)
Ma ritorniamo alla sciòtta per dire che leggermente adattata in ghiòtta nel linguaggio corso indica la sciacquatura napoletana che non viene buttata, ma data ai maiali; mentre a Polistena (Calabria) la medesima ghiòtta indica una salsa brodosa con aglio e cipolle usata per prepare il pesce in umido. Ed un po’ ovunque anche nel nord dell’Italia (Veneto e Friuli dove però la voce è adattata come jòta – jòte) la voce in epigrafe estensivamente è intesa come broda – brodaglia e simili.
Rammenterò altresí che in molti linguaggi regionali la voce in epigrafe talvolta à significati figurati: nel veneto –giuliano: cibo, pasto ma pure goduria, sollazzo mentre nel calabrese (Polistena) vale amarezza, dispiacere e nel pugliese sta per cosa senza valore, spregevole, da buttar via ; semanticamente essendo la sciòtta un’acqua salata in cui si son lessati i maccheroni, trovo piú confacenti e spiegabili i significati negativi di amarezza, dispiacere, cosa senza valore, spregevole, da buttar via piuttosto che i positivi significati di goduria, sollazzo .
E veniamo infine all’etimo della voce in epigrafe e di tutti gli adattamenti morfologici indicati. Atteso che jòtta – sciòtta – sciott - sciottula ma pure ghiòtta - jòta – jòte son tutte morfologicamente riconducibili ad un’unica fonte, segnalo per onestà di informazione, l’ipotesi etimologica avanzata da Carla Marcato che parla di tardo latino jutta= brodo, minestra acquosa; è vero jutta è voce che ò trovata attestata nel Du Cange ma non nei significati riportati, bensí in quello di brodo raffreddato e semanticamente non mi riesce di cogliere il legame tra un brodo raffreddato ed un’acqua calda usata per rigovernare; a mio avviso invece ci si può riferire per l’originaria sciòtta (acqua calda e salata) all’arabo shott= acqua salmastra, con il che si avvalorerebbe la tesi che la voce sciòtta sia originaria dell’italia meridionale e poi emigrata verso il settentrione con varî adattamenti morfologici e di significato.
raffaele bracale
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