15 ICASTICHE LOCUZIONI
1 -TENÉ 'A CAZZIMMA
Neologismo
studentesco intraducibile ad litteram
con il quale si indica l'atteggiamento malevolo, la furbizia
prevaricante di chi mira a danneggiare una controparte piú debole e perciò piú
vulnerabile.
Talvolta
si imbarocchisce la locuzione aggiungendo lo specificativo:
d''e papere australiane (delle oche australiane), specificazione
che parrebbe inutile e non comprensibile atteso che non è dato sapere che le
oche di quel continente siano prevaricatrici o particolarmente furbe, ma usata
per significare che trattasi di una cazzimma tanto grande e quasi sconosciuta
quasi quanto le sconosciute papere di quel lontano continente.
2 -TENÉ 'A CIMMA 'E SCEROCCO
Ad
litteram: tenere la sommità dello
scirocco Id est: essere nervoso,
irascibile, pronto a dare in escandescenze, quasi comportandosi alla medesima
maniera del metereopatico
condizionato dal massimo soffio
dello scirocco.
3 -TENÉ 'E CAZZE CA CE ABBALLANO PE CCAPA
Ad
litteram: tenere i peni che ci danzano sulla testa Id est: essere preoccupati al massimo, aver
cattivi crucci che occupano la testa. Icastica anche se becera
locuzione con la quale si sostiene che ipotetici peni significanti gravi
preoccupazioni ci stiano danzando in testa
per rammentarci quelle
inquetudini.
4 -TENÉ 'A MAGNATORA VASCIA
Ad
litteram: tenere la mangiatoia bassa Id est:
non avere alcuna preoccupazione economica, e ciò non per proprii meriti,
ma per cause derivanti dall’appartenenza a famiglia facoltosa, o per esser
sodali di amici e/o parenti munifici
e comportarsi irresponsabilmente in maniera prodiga, quando non
eccessivamente dispendiosa, non badando alle spese.
5 -TENÉ 'A NEVE DINT'Â SACCA
Ad litteram: tenere la neve
in tasca ma meglio nel sacco.
Detto di chi si mostri eccessivamente dinamico o frettoloso e sia restio
a fermarsi per colloquiare, quasi dovesse raggiungere rapidamente una meta
prefissasi prima che si sciolga
l'ipotetico ghiaccio tenuto in tasca.Va da sé che trattasi di un’espressione
iperbolica attesa la impossibilità di poter realmente portare in tasca della neve o ghiaccio
(basterebbe infatti il solo calore del corpo, per farli sciogliere…).
Questa riportata è la spiegazione che normalmente e popolarmente
si dà dell’espressione e non è una spiegazione del tutto erronea: in realtà
però piú precisamente la fretta e la dinamicità sottese nell’espressione son
quelle dei cosiddetti nevari cioè
degli addetti al trasporto della neve che prelevata nei mesi invernali in altura (Vesuvio, Somma, Faito, Matese e
monti dell’Avellinese) veniva dapprima conservata in loco in grotte sottorranee dove gelava e poi
all’approssimarsi dell’estate, stipata in sacche di iuta veniva trasporta
velocemente a dorso di mulo nelle città
e paesi per rinfrescare l’acqua e fornire la materia prima per la
confezione dei gelati.
Da tanto si ricava che il termine sacca sta ad indicare non solo la tasca di un
abito, quanto e qui piú acconciamente
(con derivazione da un lat. parlato *sacca(m)
femminilizzazione del classico lat. saccu(m), che è dal gr. sákkos,
di orig. fenicia), un grosso recipiente
di tela spesso cerata lungo e
stretto, aperto in alto, usato per conservare o trasportare materiali
incoerenti, o comunque sciolti. Il passaggio dal maschile sacco al femminile sacca
si rese necessario perché – come ò piú volte annotato - in napoletano un oggetto (o cosa quale che
sia) è inteso, se maschile, piú piccolo o contenuto del corrispondente
femminile; abbiamo ad . es. ‘a tavula (piú grande rispetto a
‘o tavulo piú piccolo ),‘a tammorra (piú grande rispetto a ‘o
tammurro piú piccolo ), ‘a cucchiara(piú grande rispetto a ‘o
cucchiaro piú piccolo), ‘a carretta (piú grande rispetto a ‘o
carretto piú piccolo ); ),‘a canesta (piú grande rispetto a ‘o
canisto piú piccolo ), fanno
eccezione ‘o tiano che è piú grande de ‘a tiana e ‘o caccavo
piú grande de ‘a caccavella.Nella fattispecie la sacca di iuta era piú
grossa d’un sacco di tela.
6 -TENÉ 'A PAROLA SUPERCHIA
Ad
litteram: tenere la parola superflua. Detto
di chi parli piú del dovuto o sia eccessivamente logorroico, ma anche di
chi, saccente e suppunente, aggiunga sempre un' ultima inutile parola e
nell'ambito di un colloquio cerchi sempre di esprimere l'ultimo concetto,
perdendo -come si dice - l'occasione di
tacere - atteso che le sue parole non sono né conferenti, né utili o
importanti, ma solo superflue.
superchia agg.vo
f.le del maschile supierchio = eccedente,
superflua/o, eccessiva/o (dal lat. volg. *superculu(m), deriv. di super
'sopra' ).
7 -TENÉ 'A PÓVERA
'NCOPP' Ê RECCHIE
Ad
litteram: tenere la polvere sulle
orecchie Icastica locuzione
usata a Napoli per indicare chi sia o -
soltanto - sembri, per la voce e/o le movenze,
un diverso accreditato di avere le orecchie cosparse di una presunta polvere
, richiamante quella piú preziosa, in
quanto aurea, ,che usavano per agghindarsi gli antichi dignitarii messicani e/o
peruviani cosí apparsi ai conquistatori
ispanici. La locuzione in epigrafe, a Napoli viene riferita ad ogni tipo di diverso, sia al ricchione (pederasta
attivo), che al femmenello (pederasta
passivo); quest’ultimo, nel gergo della parlesia malavitosa fu detto anche fegàto/fecàto
(chiara corruzione per semplificazione di fregato
= posseduto carnalmente.
8 - TENÉ 'A PUZZA SOTT' Ô NASO
Ad
litteram: tenere ilpuzzosotto il naso Detto di chi, borioso, tronfio e
schizzinoso assuma un atteggiamento di
ripulsa, quello di chi avendo un puzzo sotto il naso, non lo tollerasse.
9 - TENÉ A UNO APPISO
'NCANNA o altrove PURTÀ A UNO
APPISO 'NCANNA
Ad
litteram: tenere uno appeso alla gola o
altrove portare uno appeso alla gola
Locuzioni simili, ma di significato opposto: positivo il primo e negativo il secondo; l’espressione di
valenza positiva si usa per significare
di avere una spiccata preferenza per una persona, quasi portandola al collo a
mo' di preziosa medaglia benedetta; in quella di valenza negativa la locuzione è usata per indicare una situazione completamente opposta a quella
testé segnalata, quella cioé in cui una
persona generi moti di repulsione e di
fastidio a mo' di taluni pesanti,
tronfi monili che messi al collo,
finiscono per infastidire chi li porti.Chiarisco qui che per meglio determinare la valenza della locuzione,
quella positiva è segnalata dall'uso del
verbo purtà (portare), quella negativa dall'uso del verbo tené (tenere).
10 -TENÉ A QUACCUNO APPISO ALL'URDEMO BUTTONE
D''A VRACHETTA
Ad
litteram:tenere qualcuno appeso
all'ultimo bottone della apertura
anteriore dei calzoni.
Id est:
Avere e mostrare aperta repulsione nei confronti di qualcuno al segno di considerarlo fastidioso elemento da poter - figuratamente
- sospendere, per vilipendio, all'estremo bottone della brachetta anteriore dei
calzoni.
11 -TENÉ A QUACCUNO 'NCOPP' Ê PPALLE
Ad
litteram:tenere qualcuno sui
testicoli Id est: Cosí si esprime
chi voglia fare intendere di nutrire profonda antipatia ed insofferenza nei
confronti di qualcuno al segno di
ritenerlo, sia pure figuratamente, assiso fastidiosamente sui propri testicoli.
12 -TENÉ 'A SARÀCA DINT' Â SACCA o anche
TENÉ 'A QUAGLIA SOTTO
Ad
litteram:tenere la salacca in tasca o anche averela quaglia sotto
Icastiche locuzioni,
usate alternativamente per indicare la medesima cosa e cioè: tentare
inutilmente di nasconder qualcosa ; nel primo caso infatti è impossibile celare di avere in
tasca una maleodorante salacca ; il suo puzzo l'appaleserebbe súbito; nella
variante è ugualmente improbo, se non
impossibile nascondere di essere affetto da una corposa, voluminosa ernia (quaglia)
inguinale .
13 -TENÉ 'A SCIORTA 'E CAZZETTA: JETTE A PISCIÀ E SE NE
CADETTE
Ad
litteram:tenere il destino di Cazzetta:
si dispose a mingere ed il pene cadde in terra.
Divertente
locuzione usata però a bocca amara da chi voglia significare di essere
estremamente sfortunato e perseguitato da una sorte malevola al segno di non potersi iperbolicamente
permettere neppure le piú normali funzioni fisiologiche, senza incorrere in
gravi, irreparabili disavventure
quali ad es. la perdita del pene.
14 -TENÉ 'A
SCIORTA D''O PIECORO CA NASCETTE CURNUTO
E MURETTE SCANNATO
Ad
litteram:tenere il destino del montone
che nacque becco e morí squartato.
Locuzione
che, come la precedente viene usata da chi si dolga del proprio infame destino,
qui rapportato a quello del montone che
nato cornuto (per traslato: tradito) finisce i suoi giorni ucciso.
15 -TENÉ 'A SALUTE D''A CARRAFA D''A ZECCA
Ad litteram:tenere la salute (consistenza) della caraffa della
Zecca.
Id est:
essere molto cagionevoli di salute al
segno di poter essere figuratamente rapportati alla estrema fragilità della
ampolla di sottilissimo vetro, (la cui
capacità
era di litri 0,727) ampolla che
marcata, tarata e conservata presso la
Regia Zecca Napoletana era la unica atta
ad indicare la precisa quantità dei liquidi contenuti ed
alla sua capacità dovevano uniformarsi le ampolle poste in commercio.
Brak
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