SCAGNOZZO, & DINTORNI
Sollecitato dalla richiesta d’una mia nipote,che non restò soddisfatta d’una spiegazione data nel corso d’una trasmissione televisiva con domande a premio, e mi chiese del termine in iscrizione, tratto questa vòlta la voce scagnozzo ed i suoi sinonimi dell’italiano e del napoletano sicuro di far cosa gradita non solo alla mia congiunta, ma pure a qualche altro dei miei ventiquattro lettori. Premetto che i sinonimi in italiano della voce in esame lo sono in maniera molto imprecisa e/o generica, mente quelli del napoletano, al solito, sono piú precisi e circostanziati. Cominciamo dunque:
Scagnozzo s.vo m.le e solo maschile; 1 (in origine ed in primis antiq.) prete con pochi mezzi che si arrangia, senza dignità, a procurarsi del denaro facendo questue girovaghe o celebrando, per clienti non facoltosi, messe piane, funerali non solenni e sim.
2 (spreg.) chi esegue ciecamente gli ordini di
un potente
3 (fig.) persona mediocre, priva di dignità o di capacità
Voce denominale di cagna addizionato in posizione protetica d’ una esse distrattiva,
nonché d’un suffisso dispregiativo di sostantivi ozzo derivato
di occio suffisso alterativo di aggettivi, dal lat.
volg. -oceu(m), suffisso che di suo à
valore diminutivo-vezzeggiativo (belloccio, grassoccio);
la spiegazione semantica del collegamento di scagnozzo al s.vo cagna è da
ricercarsi nel fatto che quei preti con
pochi mezzi che si arrangiavano, senza dignità, a procurarsi del denaro facendo
questue bussando alle porte di masserie e casolari spesso dovevano subire
l’onta dell’inseguimento o dei latrati dissuasorî dei cani da guardia, o piú
spesso delle feroci cagne; passiamo ai
sinonimi della voce or ora esaminata; il piú ovvio e, come ò anticipato non troppo significante, in quanto generico è
servo, s.vo m.le [f. -a]
1 chi è privo di libertà, soggetto ad altri; schiavo (anche fig.)
2 termine, oggi in disuso, che indicava chi svolge servizi generici,
spec. domestici, alle dipendenze di privati: gli mandò il suo servo | in
formule di cortesia e di saluto ormai disusate: il vostro umilissimo servo;
servo vostro!, a vostra disposizione
3 (estens.) chi si dedica con dedizione o devozione a qualcuno o
qualcosa | servo di Dio, persona vissuta santamente e morta in fama di
santità, per la quale sia stato introdotto il processo di beatificazione | servo
dei servi di Dio, formula con cui si denomina il papa
4 nomi di appartenenti a ordini religiosi: Servi di Maria
5 servo muto, piccolo mobile, spostabile e maneggevole, sul quale
si possono disporre ordinatamente gli indumenti quando ci si spoglia; mobiletto
o tavolino a ripiani, collocabile presso la tavola da pranzo per prendervi o
riporvi le stoviglie
¶ agg.vo (lett.)
1 schiavo (anche fig.): un popolo servo dello straniero
2 servile: vergin di servo encomio / e di codardo oltraggio (MANZONI Il cinque maggio).
Voce dal lat. servu(m)=schiavo; altro sinonimo sebbene impreciso(da considerare comunque solo nell’accezione sub 1) è
galoppino, s. m.
1 chi corre di qua e di là a sbrigare servizi per conto di altri (anche spreg.)
| galoppino elettorale, chi va in giro a procacciare voti a un candidato
o ad un partito;
2 cavallo che, durante l'allenamento dei cavalli trottatori, li affianca
correndo al galoppo, al fine di stimolarli;
3 (mecc.) puleggia di piccolo diametro, a forma di rullo, che
gira in folle e mantiene tesa una cinghia di trasmissione; Voce dal fr.
galopin, deriv. di galoper 'galoppare' (in origine, nome di un
personaggio che nelle chansons de gestes aveva i compiti di messo);
il sinonimo che segue solo estensivamente vale quelli fin qui esaminati, in quanto di suo varrebbe esclusivamente nell’accezione sub 1 :
tirapiedi; s. m. invar.
1 (in primis ant.)
aiutante del boia; aveva il compito di
aggrapparsi alle gambe degli impiccati,
tirandoli per i piedi per
affrettarne la morte, mentre nel caso di condannati alla decapitazione aveva il
compito di accovacciarsi sulle gambe e piedi del condannato frenandone i
movimenti per evitare che il reo
scalciando si muovesse e rendesse piú difficile il lavoro del boia.
2 [anche f.] (per
estensione spreg.) chi è
addetto a mansioni di infimo ordine | chi serve una persona secondandone senza
dignità tutti i desideri.
Voce composta da tira (voce verb. 3°pers. sg. ind. pres. dell’infinito tirare (dal lat. volg. *tirare, alterazione del class. trahere 'trarre') ed il pl. di piede
guardia del corpo, s.vo m.le e/o f.le formato dal s.vo guardia addizionato necessariamente dello specificativo del corpo: chi serve una persona secondandone senza ogni desiderio o ordine con il compito precipuo di assicurargli protezione fisica; (fig.) persona molto devota e fidata;
guardia s.vo f.le
1 il custodire, il vigilare: fare la guardia a qualcosa; fare
buona, cattiva guardia; tenere sotto buona guardia; cane da
guardia
2 turno obbligatorio di servizio di militari, sorveglianti, medici,
infermieri: medico di guardia; essere, stare, montare
di guardia; montare, smontare la guardia | corpo di
guardia, l'insieme di soldati che partecipano allo stesso turno di vigilanza;
anche il locale in cui essi si raccolgono | guardia medica, servizio
medico permanente; anche, il luogo nel quale esso viene prestato
3 (ed è il caso che ci occupa)
persona o gruppo di persone, spesso militari, cui è affidato un particolare
servizio di custodia o di protezione; scorta: guardia armata, a
cavallo; guardia d'onore, quella che scorta un personaggio d'alto
grado in cerimonie ufficiali | cambio della guardia, cambio dei soldati
alla fine di un turno di vigilanza; (fig.) sostituzione contemporanea di
più persone che occupano posti importanti in un governo, una direzione,
un'amministrazione di un'azienda ecc. | guardia del corpo, nucleo di
forze di polizia o militari addetto alla protezione di personalità pubbliche o
politiche; anche, chi è addetto alla protezione di un personaggio importante,
gorilla | essere della vecchia guardia, (fig.) essere tra i più
anziani e fedeli seguaci di un partito, di un movimento, di un'associazione
ecc.
4 denominazione di corpi militari o civili che svolgono servizio di
vigilanza, di protezione, di custodia; ciascuno degli appartenenti a tali
corpi: guardia forestale, campestre, daziaria | guardia
di finanza, corpo militare dello stato addetto a impedire e reprimere i
reati finanziari e tributari e a sorvegliare le frontiere; finanziere | guardia
svizzera, corpo militare mercenario addetto alla difesa della persona del
papa e dei palazzi pontifici | guardia di pubblica sicurezza, nel
vecchio ordinamento della polizia di stato, grado corrispondente a quello attuale
di agente | guardia carceraria, agente di custodia | guardia
giurata, privato che svolge attività di vigilanza nei confronti di beni e
persone | guardia notturna, guardia giurata che svolge compiti di
sorveglianza notturna
5 (fam.) agente di polizia, vigile urbano: chiamare le guardie;
giocare a guardie e ladri
6 soprattutto nella scherma e nel pugilato, posizione di difesa: guardia
alta, bassa; avere una guardia stretta, chiusa ' guardia
destra, pugile mancino | mettersi, stare in guardia, assumere
una posizione di difesa di fronte all'avversario; (fig.) prepararsi ad
affrontare qualcosa che si teme | mettere qualcuno in guardia contro
qualcosa, (fig.) avvertirlo dei pericoli cui va incontro | non
abbassare la guardia, (fig.) non allentare la vigilanza | in
guardia!, comando dato ai duellanti o ai pugili perché si mettano in
posizione di difesa; usato anche come avvertimento
7 nella pallacanestro, ciascuno dei giocatori, spesso di statura
relativamente bassa, che hanno il compito di portare in avanti il pallone
8 parte dell'elsa in cui si mette la mano impugnando la spada
9 l'altezza, segnata sull'argine di un fiume, che indica il limite cui
l'acqua può giungere senza pericolo di alluvione: il Po è un metro sotto la
guardia, il livello di guardia ' superare il livello di guardia,
(fig.) raggiungere un livello pericoloso: la tensione ha superato il
livello di guardia
10 (tip.) foglio di carta bianco che il legatore pone all'inizio
di un libro, fra la copertina e il frontespizio, e alla fine di esso, fra
l'ultima pagina e la copertina inferiore; risguardo; detto anche foglio,
carta di guardia
11 (tecn.) dispositivo del telaio automatico che mantiene diritta
la spola
12 la parte del morso che sta fuori della bocca del cavallo ed è fornita
di anelli per l'attacco delle redini.
Voce dal gotico vardia derivata dall’antico alto tedesco wart.
corpo s. m.
1 (fis. , chim.) ogni sostanza che abbia caratteristiche
peculiari e distintive: corpo solido, liquido, gassoso; corpi
organici, inorganici | corpo semplice, quello la cui molecola
è costituita da atomi dello stesso elemento | corpo composto, quello che
può essere separato nei vari elementi che lo costituiscono
2 qualsiasi oggetto o cosa che occupi uno spazio: corpo rigido, elastico;
la gravità, l'impenetrabilità dei corpi | dare corpo a
qualcosa, realizzarla, concretarla | prendere corpo, prendere
consistenza | i corpi celesti, gli astri | corpo del reato, (dir.)
oggetto che è servito a compiere un reato o sul quale un reato è stato commesso
| corpo estraneo, (med.) qualunque formazione solida penetrata
nell'organismo | corpo morto, (mar.) grossa ancora o altro peso
affondato collegato a un gavitello, usato come ormeggio. DIM. corpicciolo
3 l'organismo che costituisce la struttura fisica dell'uomo e degli animali:
un corpo asciutto, atletico, slanciato; il corpo agile
dei felini; avere cura del proprio corpo; i piaceri del corpo,
quelli materiali, contrapposti a quelli spirituali | a corpo morto,
pesantemente; (fig.) con accanimento, con ardore: buttarsi a corpo
morto nel lavoro | avere in corpo, (fig.) avere dentro di sé:
ha molta rabbia in corpo | darsi a qualcosa anima e corpo, (fig.)
applicarvisi col massimo impegno | combattere, lottare (a) corpo a
corpo, a diretto contatto fisico, a mani nude o all'arma bianca | corpo
a corpo, nel pugilato e nella scherma, combattimento a distanza ravvicinata
| guardia del corpo, persona addetta alla protezione fisica di un
personaggio; | corpo di Bacco!, corpo di mille bombe!, (antiq.)
esclamazioni che esprimono stupore o indignazione.
4 in partic., la parte di mezzo del corpo umano o degli animali, con
esclusione della testa e degli arti: gli antichi guerrieri proteggevano il
corpo con la corazza, la testa con l'elmo; un corpo troppo grosso
si muoveva su delle gambe sottilissime | (estens. , fig.) la
parte più compatta e consistente di qualcosa; l'elemento, il nucleo principale:
il corpo di una bottiglia, di un edificio; il corpo di un
discorso, la sua parte centrale | corpo idrico, in ecologia, massa
d'acqua superficiale (lago, fiume, acqua costiera) o sotterranea (falda
acquifera) con caratteristiche chimiche, fisiche e biologiche sue proprie,
costituente un ecosistema
5 (fam.) ventre: avere dolori di corpo; mettersi in
corpo, ingerire; andare di corpo, defecare
6 cadavere, salma: seppellire un corpo
7 (anat.) denominazione di alcune strutture anatomiche: corpo
pineale, luteo
8 gruppo di persone che costituisce un insieme organico: corpo
insegnante, accademico, elettorale, diplomatico; corpo
di ballo, l'insieme dei ballerini e delle ballerine di un teatro | Corpo
mistico di Cristo, (teol.) la chiesa
9 unità militare: corpo d'armata, grande unità costituita da due
o più divisioni; corpo di guardia, gruppo di militari incaricati della
sorveglianza di un luogo; anche, il loro alloggio | specialità delle forze
armate: il corpo degli Alpini; spirito di corpo, sentimento di
attaccamento dei soldati al corpo di appartenenza; per estens., solidarietà tra
i componenti di una categoria professionale, un'associazione, un gruppo e sim.
10 insieme di cose simili che formano un tutto omogeneo: corpo di
case, di beni | vendita a corpo, (dir.) in cui il
prezzo è stabilito con riferimento non alle misure del bene venduto, ma al suo
complesso
11 raccolta completa e organica di più opere; corpus: il corpo degli
scrittori latini
12 (mat.) in algebra, qualunque insieme per i cui elementi è
definita una struttura di gruppo abeliano additivo e (escluso lo zero) di
gruppo moltiplicativo
13 (tip.) misura della grandezza di un carattere che si esprime
in punti tipografici: stampare in corpo 9.
Voce derivata dal lat. corpus 'corpo, organismo'; i tre sostantivi che seguono sono gli autentici sinonimi di quello in epigrafe nel significato spregiativo di chi esegue ciecamente gli ordini di un potente, oltre quello addirittura di sicario (s. m. chi uccide su mandato di altri; voce dal lat. sicariu(m), deriv. di sica, pugnale considerato a Roma tipico strumento degli omicidi a tradimento); vediamoli
gorilla, s. m. invar.
1 grande scimmia antropomorfa africana, con braccia lunghe e
robustissime, folto pelo bruno-nerastro sul corpo e nero sul muso, piedi
prensili (ord. Primati)
2 (fig.) uomo dall'aspetto scimmiesco o dalle maniere volgari e
grossolane
3 (fig. spreg.ed è l’accezione che ci occupa) guardia del corpo,
spec. di importanti personaggi del mondo politico e dello spettacolo: l'auto
presidenziale era circondata dai gorilla; l’attrice era guardata a vista dai suoi gorilla.
Voce dal lat. scient. Gorilla, che è dal gr. Górillai pl.: adattamento greco di una voce africana con cui Annone, un viaggiatore cartaginese del sec. 5° a. C., dice nel suo Periplo di aver sentito chiamare certe donne selvagge e pelose dell’Africa, ripresa poi nel 1847 dall’esploratore e missionario americano T. S. Savage per designare alcune scimmie antropomorfe da lui scoperte nell’Africa centrale.
scherano, agg. e s. m. (lett.)
sgherro, sicario, birro, sbirro, bravo, bravaccio, cagnotto, giannizzero
voce dal got. *skaran «capitano» e, per scadimento semantico,anche «bandito»,«bravo»;«masnadiero»;;
sgherro s. m.
1 un tempo, uomo d'armi al servizio di un privato, generalmente
prepotente e violento | faccia da sgherro, brutto ceffo
2 (spreg.) poliziotto, guardia armata: il dittatore era seguito
da un codazzo di sgherri
come agg.vo (lett.) di
sgherro: un giovinastro... riconoscibile... ad una sua camminata sgherra
| alla sgherra, alla maniera degli sgherri.
Dal longob. skarrjo «capitano».
Giunti a questo punto passiamo ad illustrare le voci del napoletano che rendono spesso piú significativamente ed in maniera piú esatta quelle dell’italiano; per comodità d’esposizione ò preferito dividere le voci elencandole numericamente (*nr) sotto la voce di riferimento dell’italiano:
*1 alla voce scagnozzo dell’italiano corrispondono le voci napoletane
accoléto s. m.
1 (in primis voce eccl.) chi è insignito
dell'accolitato, e in genere chi serve all'altare
2 (estens.spreg. ed è
il nostro caso ) chi fa parte del sèguito di un personaggio o frequenta
abitualmente un gruppo spesso con
mansioni di prepotenza e di
soperchierie;
la voce è dal lat. eccl. acoluthu(m),marcato sul gr. akólouthos 'compagno di vita','chi tiene la medesima via', deriv. di kéleuthos 'sentiero'
ammartenato a.vo m.le bravaccio, guappo | spec.
nel Seicento, sgherro al servizio di un signore, da cui riceveva protezione e
garanzia d'impunità: precisamente colui che incede con aria di gradasso, di
spavaldo, di prepotente , come chi sia – in linea con la etimologia – provvisto
di martina/o voce furbesca – gergale con cui si indica, con riferimento al
soldato san Martino, alternativamente la spada, lo stocco, il coltello, l’arma
bianca insomma qualsiasi arma che offra sicurezza, quando non sicumera a chi
ne sia provvisto;
cacciuttiello s.vo m.le al f.le cacciuttella (ma solo nella accezione che segue sub 1) 1 in primis cagnolino e per estensione, come nel caso che ci occupa,
2 seguace, sostenitore, accolito con compiti di aiuto e/o protezione alla medesima stregua d’un cane fidato.
La voce etimologicamente è un diminutivo (cfr. il suffisso iello) del s.vo cacciuotto dal lat. catulus incrociato con caccia + il suff. dim. uotto.
féroce agg.vo e s.vo m.le e solo m.le
come agg.vo: 1 crudele, disumano; atroce, spietato: ‘nu
tiranno feroce ;; animo, sguardo
feroce ' bestie feroci, grossi animali, spec. felini, che vivono
allo stato selvaggio e aggrediscono l'uomo
2 terribile, violento: dolore, freddo feroce | (iperb.)
insopportabile, grandissimo: noia, fame feroce | scherzo
feroce, molto pesante
3 (ant.) di animo acceso, violento | (estens.) impavido,
valoroso | (fig.) altero, sprezzante;
come s.vo m.le
1 sbirro, agente di polizia, guardia armata
2 uomo d'armi generalmente prepotente e violento, spesso inquadrato militarmente, al servizio di un privato.
La voce etimologicamente è dal lat. feroce(m), deriv. di ferus 'selvaggio, crudele'
Straviso s.vo m.le e solo m.le
1 in primis uomo di misere condizioni poi per ampliamento semantico il suo accolito cioè
2 uomo d'armi generalmente prepotente e violento, spesso inquadrato militarmente, al servizio gratuito di un privato di meschine condizioni;
voce deverbale di stravisà = deformare, travisare, sfregiare oppure denominale diretto da extra-visu(m)
*2 alla voce servo dell’italiano corrispondono le voci napoletane
Criato,s.vo m.le al f.le criata
con questi termini, per altro abbondantemente desueti ci si riferisce al/alla prestatore/trice d’opere domestiche in famiglie della piccola borghesia o genericamente ad uomo o donna di servizio, addetto/a ai lavori in casa in ispecie nella cucina o al servizio ai tavoli delle locande o bettole: insomma questi soggetti sono i medesimi nel tardo XVII sec. presero rispettivamente il nome di fante e fantesca; quanto all’etimo la voce a margine, per il maschile è voce derivata dall’iberico criado= servitore, famiglio, valletto; e criata ne è ovviamente la femminilizzazione; annoterò al proposito che anche nell’italiano antico con il medesimo etimo dallo spagnolo vi fu la voce creato=servo,valletto, famiglio ma non esistette la corrispondente creata: misteri della lingua italiana!
giacchetto agg.vo e s,vo m.le e solo maschile
Servo in uniforme, famiglio di un personaggio militare;
voce derivata quale diminutivo, per degradazione semantica del nome proprio francese Jacques→jacquette= servitorello,garzone;
laccheo agg.vo e s,vo m.le e solo maschile
1 famiglio di un nobile;
2servo in livrea
che seguiva o precedeva a piedi il padrone in carrozza
2 (spreg.) persona servile; servo;
voce dal fr. laquais, con paragoge di una semimuta finale;
schiavuttiello agg.vo e s,vo m.le e solo maschile
giovane inserviente, domestico, garzone spesso di origini straniere e di colorito olivastro;voce derivata quale diminutivo (cfr. il doppio dim. utto+iello→uttiello) del s.vo schiavo (in genere di carnagione scura) che è dal lat. mediev. sclavu(m), slavu(m), propr. '(prigioniero di guerra) ‘slavo';
settepanelle/settepanielle agg.vi e s.vi m.le e solo maschili; voce desueta:
servitorello di padrone povero o avaro, domestico che si contentava di ricevere oltre il pasto giornaliero, quale salario settimanale sette pezzi di pane: la panella o paniello(etimologicamente dal latino panis + i suffissi di genere iello o ella ) sono ambedue un’ ampia pagnotta di forma rotondeggiante e del peso di ca 1 kg.da non confondere con la panella siciliana che è una focaccina condita di farina di ceci
settescorze, agg.vo e s,vo m.le e solo maschile pure questa voce ampiamente desueta: servitorello di padrone povero o avaro, domestico che iperbolicamente si contentava di ricevere in aggiunta ad un unico pasto giornaliero, quale salario settimanale sette scorze di formaggio avanzate ai pasti del proprio avaro padrone;
scorze s.vo f.le pl. di scorza s. f.
1 rivestimento del fusto e delle radici degli alberi: staccare una
scorza di quercia | buccia grossa di alcuni frutti: ‘a scorza d’ ‘e castane; ‘na scorza ‘e limone(la scorza delle castagne; una scorza di limone).
2 (estens.) buccia grossa di formaggi duri
3 (estens.) pelle di alcuni animali, spec. di
pesci e serpenti
4 (fig.) pelle dell'uomo (spec. in alcune loc. dell'uso fam.): tené ‘a scorza tosta (avere la scorza dura), sopportare
bene le fatiche, gli strapazzi, i malanni
5 (fig.) aspetto esteriore, apparenza: nun guardate â scorza pecché tène ‘o core bbuono!(non badate alla scorza perché à il cuore
buono). Voce dal lat. scortea(m) 'veste di pelle', f. sost.
dell'agg. scorteus, deriv. di scortum 'pelle'.
votacantere/jettacantere agg.vo e s,vo m.le e/o f.le
letteralmente: vuota/buttapitali; servo/a di infimo ordine addetto/a alle incombenze piú umili quale quella di svuotare i vasi di comodo (càntare/càntere) usati dalla famiglia per le proprie deiezioni quotidiane; in sèguito quando fu dismesso l’uso dei càntare/càntere e subentrato quello dei cessi mutò anche il nome della serva addetta alle incombenze piú umili (ed ò parlato di serva e non di servo/a in quanto la mansione non fu piú maschile e/o femminile, ma solo femminile) ed alla voce a margine subentrò quella di zambracca= serva di infimo conio, fantesca addetta alla pulizia dei cessi. La voce originò dall’addizione del suffisso dispregiativo acca (= accia) con la parola zambra (che è dal francese chambre) in francese la voce chambre indicò dapprima una generica camera, poi uno stanzino ed infine il gabinetto di decenza.
Come anticipato letteralmente le voci votacantere/jettacantere sono l’agglutinazione rispettivamente del s.vo càntere/càntare o con la voce verbale vota = vuota (3° pers. sg. ind. pres. dell’infinito vutà = vuotare e cfr. ultra ; oppure del s.vo càntere/càntare con la voce verbale jetta = butta (3° pers. sg. ind. pres. dell’infinito jettà = buttare, gettare dal lat. *iectare intensivo di iàcere=scagliar via;
càntere/càntare s.vo m.le pl. di càntero/càntaro alto e vasto vaso cilindrico dall’ampia bocca su cui ci si poteva comodamente sedere, vaso di comodo atto a contenere le deiezioni solide; etimologicamente la voce càntero o càntaro è dal basso latino càntharu(m) a sua volta dal greco kàntharos; rammenterò ora di non confondere la voce a margine con l’altra voce partenopea
2) - cantàro (che è dall’arabo quintâr) diversa per accento tonico e significato: questa seconda infatti è voce usata per indicare una unità di misura: cantàio= circa un quintale ed è a tale misura che si riferisce il detto napoletano: Meglio ‘nu cantàro ‘ncapo ca n’onza ‘nculo ( e cioè: meglio sopportare il peso d’un quintale in testa che (il vilipendio) di un’oncia (ca 27 grammi) nel culo (e non occorre spiegare cosa rappresenti l’oncia richiamata…)); molti napoletani sprovveduti e poco informati confondono la faccenda ed usano dire, erroneamente: Meglio ‘nu càntaro ‘ncapo…etc.(e cioè: meglio portare un pitale in testa che un’oncia nel culo!), ma ognuno vede che è incongruo porre in relazione un peso (oncia) con un vaso di comodo (càntaro) piuttosto che con un altro peso (cantàro)!
A margine di tutto esamino due icastiche frasi e due duri insulti che chiamano in causa il càntaro/càntero. Cominciamo con le frasi:
1) Rompere ‘nu càntero = infrangere un vaso di comodo; frase usata per significare guastare un affare, deteriorare una faccenda; il collegamento semantico si coglie facilmente considerando che il guastare un affare, o il deteriorare una faccenda posson produrre degli effetti negativi quali quelli derivanti dalla rottura d’un vaso di comodo, di cui non ci si potrà piú servire per i proprî bisogni;
rompere v. tr.o intr.; come v. transitivo:
1 fare a pezzi, mandare in
frantumi; spezzare, spaccare: 2 interrompere
3 non rispettare, non osservare; violare
4 (lett.) sconfiggere;
come v. intr.
1 interrompere i rapporti con qualcuno
2 naufragare, frangersi
3 (lett.) prorompere, erompere
4 (fam.) annoiare, seccare
5 detto di un fiume, allagare rompendo gli argini; straripare:
2) Vutà ‘o càntero = vuotare il vaso di comodo vale a dire: rinfacciare torti subíti o spiacevolezze patite; anche in questo caso è relativamente semplice cogliere il collegamento semantico tra il vuotare un vaso di comodo ed il rinfacciare torti subíti trattandosi in ambedue i casi di due operazioni fastidiose e/o spiacevoli, ma necessarie ed in fondo chi rinfaccia torti subíti o spiacevolezze patite si affranca di qualcosa di sgradevole che fino al momento di liberarsene era stata tenuta come un peso increscioso sul proprio io, il tutto alla medesima stregua di chi in tempi andati (cfr. alibi ‘a malora ‘e Chiaia ) era costretto all’incresciosa, ma necessaria operazione di svuotare in mare i vasi di comodo colmi degli esiti fisiologici della famiglia.
Vutà/are v. tr. = vuotare, rendere vuoto, privare qualcosa del contenuto; svuotare; etimologicamente denominale del lat. volg. *vocitu(m), variante di *vacitu(m), part. pass. di *vacíre 'essere vuoto', corradicale del lat. vacuus 'vuoto'.
Faccio notare che nel napoletano non va confuso il verbo a margine vutà = vuotare con il verbo avutà/are = voltare, girare, volgere, indirizzare in un altro senso; orientare altrove (derivato dal lat. volg. * a(d)+volutare, intensivo di volvere 'volgere'; da * a(d)+volutare→av(ol)utare→avutare).
E veniamo ai duri brucianti insulti che sono:
a) Piezzo ‘e càntero scardato! e b) Pezza ‘e càntero!
Sgombero súbito il campo da un facile equivoco: è vero che l’insulto sub a) per solito è rivolto ad un uomo dandogli del coccio infranto di un vaso da notte sbreccato, nell’intento di classificarlo e considerarlo moralmente sporco, lercio, immondo, individuo sordido, abietto, corrotto, ripugnante come potrebbe essere un pezzaccio di un vaso da notte che per il lungo uso risulti sporco e sbreccato; dicevo è pur vero che l’insulto sub a) per solito è rivolto ad un uomo, mentre l’insulto sub b) è rivolto ad una donna,bollando anche costei come persona moralmente sporca, sozza, lorda e quindi da evitare, ma le voci usate piezzo e pezza non sono il maschile ed il femminile di un unico termine, come qualche sprovveduto potrebbe ipotizzare, ma sono due sostantivi affatto diversi di significato affatto diversi:
piezzo s.vo m.le = pezzo, quantità, parte non determinata, ma generalmente piccola, di un materiale solido, qui usato nel significato di coccio, ciascuno dei pezzi in cui si rompe un oggetto fragile; l’etimo della voce a margine è dal lat. med. pettia(m) con metaplasmo e cambio di genere; ben diverso il sostantivo
pezza s.vo f.le = straccio, cencio, pezzo, ritaglio di tessuto (con etimo dal dal lat. med. pettia(m)); nella fattispecie la pezza dell’insulto in esame fu quello straccio, quel cencio usato in tempi andati per ricoprire, in attesa di vuotarli, i cànteri usati quando cioè risultassero colmi di escrementi; la medesima pezza era talora usata per nettarsi dopo l’operazione scatologica ed in tal caso però prendeva furbescamente il nome di ‘o liupardo (il leopardo) risultando détta pezza al termine delle operazioni maculata a macchie come il mantello d’un leopardo.
Rammento infine che in luogo dell’insulto piezzo ‘e càntero
un tempo fu usato un corrispondente scarda ‘e ruagno che ad
litteram è: coccio di un piccolo vaso da
notte. Cosí con gran disprezzo si usò e talvolta ancóra s’usa definire chi sia
sozzo, spregevole ed abietto al punto da poter essere paragonato ad un lercio
coccio di un contenuto vaso da notte infranto, vaso che è piú piccolo e basso
di quello detto càntaro o càntero.
Per ciò che attiene alla etimologia della parola
scarda s.vo f.le che è pari pari anche nel
siciliano, nel pugliese ed in altri linguaggi meridionali, considerata da sola
e senza aggiunte specificative, vale:
pezzo, scheggia frammento, scaglia (di legno, di vetro o di altro); per ciò che
attiene l’etimo,dicevo noto che il
D.E.I. si trincera dietro un pilatesco etimo incerto una scuola di pensiero (C.
Iandolo) propone una culla tedesca sarda= spaccatura, qualche altro (Marcato)
opta per una non spiegabile, a mio avviso, derivazione da cardo che dal lat.
cardu(m) indica quale s. m.
1 pianta erbacea con foglie lunghe, carnose, di colore biancastro, commestibili
(fam. Composite) | cardo mariano, pianta erbacea con foglie grandi e
infiorescenze globose a capolino (fam. Composite) | cardo dei lanaioli, pianta
erbacea con foglie fortemente incise e infiorescenze a capolino, di colore
azzurro, con brattee uncinate, usate per cardare la lana e pettinare le stoffe
(fam. Dipsacacee)
2 il riccio della castagna
ed ognuno vede che non v’à alcun collegamento semantico possibile tra questa
pianta ed un pezzo, scheggia frammento, scaglia (di un qualcosa).
A mio modo di vedere è molto piú opportuno chiedere soccorso etimologico al
francese écharde: scheggia.
Sistemata cosí la questione etimologica, affrontiamo quella semantica
ricordando che in napoletano con l’accrescitivo femminile scardona la voce in
esame assume un significato del tutto positivo valendo gran bel pezzo di
ragazza,di donna; con la voce scardona viene infatti indicata una donna
giovane, bella, alta, formosa fino ad esser procace; al contrario una valenza
affatto negativa la voce scarda (che
attraverso il verbo scardare=
sbreccare è anche alla base dell’agg.vo scardato/a) l’assume nell’espressione Sî‘na scarda ‘e ruagno! = Sei un coccio
d’un piccolo vaso da notte!
Ruagno s.vo m.le =
pitale, piccolo vaso da notte.Per ciò che riguarda etimo e semantica di questa
voce dirò súbito che essendo solitamente questo vaso di comodo ubicato nei
pressi del letto per essere prontamente reperito in caso di impellenti necessità,
scartata l’ipotesi fantasiosa che ne fa derivare il nome da un troppo generico
greco organon (strumento), penso si possa aderire all’ipotesi che fa derivare
il ruagno da altro termine greco,
quel ruas che indica lo scorrere,
atteso che il ruagno era ed in alcune vecchie case dell’entroterra campano
ancóra è destinato ad accogliere improvvisi contenuti scorrimenti o viscerali o derivanti da cattiva ritenzione
idrica.
*3
ed infine alle voci scherano/
sgherro dell’italiano corrispondono le voci napoletane
Acciaffatore s.vo m.le e
solo maschile in primis 1 birro,guardia poi 2 (spreg.) poliziotto, agente ed infine 3 chi svolge privatamente indagini
poliziesche, detective
ed
estens. Chi al soldo
d’un privato governa in maniera repressiva; la voce è un deverbale di acciaffà = catturare, arrestare (adattamento locale di ciuffare(denominale di ciuffo dal longob.*zupfa
(ted. Zopf 'treccia, coda') )= afferrare, prendere rapidamente e con forza:
ammartenato di questa voce e della successiva ne ò già détto antea sub *1
accoléto
cientarme s.vo ed agg.vo m.le e solo maschile in primis 1 gendarme e per ampiamento semantico 2 guardia, agente, poliziotto, carabiniere ed infine 3 guardia armata al servizio di un privato;
vocedal fr. gendarme incrociato con ciento (cento), dalla loc. gens d'arme 'gente
féroce. Anche di questo agg.vo, s.vo ò già détto antea sub *1
E qui penso proprio di poter far punto convinto d’aver contentato mia nipote e qualche altro dei miei abituali ventiquattro lettori. Satis est.
Raffaele Bracale
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