lunedì 9 gennaio 2017
VARIE 17/39
1.'A SOTTO P’’E CCHIANCARELLE!
Ad litteram: Di sotto a causa dei penconcelli ma a senso: Attenti alla caduta dei panconcelli!
Locuzione con la quale si suole commentare tutti gli avvenimenti risultati o gravosi o pericolosi nel loro evolvere; essa prende l’avvio dal grido di avvertimento che erano soliti lanciare gli operai addetti alla demolizione di vecchi fabbricati affinché chi si trovasse a passare ponesse attenzione all’eventuale caduta dall’alto dei dissestati panconcelli: strette doghe di stagionato castagno, doghe che poste trasversalmente sulle travi portanti sorreggevano l’impiantito dei solai.
Oggi, per traslato, la locuzione viene usata quando si voglia avvertire che ci si trova davanti ad una situazione grave o foriera di pericolo, o quando ci si vuole dolere di non aver fatto a tempo ad avvertire gli altri dell’approssimarsi d’un danno e il danno stesso si sia già manifestato.
‘a sotto loc. avverbiale che vale da/di sotto formata dalla preposizione ‘a= da che è dal lat. de ab nei valori di moto da Luogo, origine, agente ecc.; e dal lat. de ad nei valori di moto a Luogo, stato in Luogo, destinazione, modo, fine ecc + l’avverbio sotto = sotto, in posizione inferiore dal tardo lat. subtus, avv. deriv. di sub 'sotto';
chiancarelle s.f. pl. di chiancarella = panconcello/a: asse di legno di contenuti spessore e lunghezza, asse ricavata dal taglio longitudinale del tronco d'albero (per solito castagno) e destinata, dopo la stagionatura, a essere ulteriormente tagliata in assi piú sottili, un tempo destinata alla formazione dell’impiantito di solai e/o pavimenti; la voce napoletana è un diminutivo di chianca che è dal lat. planca (tavola): normale nel napoletano il passaggio del digramma pl a chi cfr. platea→chiazza - plumbeum→ chiummo - plus→ cchiú - pluere→chio(v)ere; rammento che in napoletano la voce chianca derivata di planca indica la macelleria, il negozio di vendita di carni al minuto in quanto in origine nelle macellerie la carne veniva esposta e sezionata su di una tavola (planca→chianca) di legno.
2.A STRACCE E PPETACCE
Ad litteram: A stracci e brandelli; locuzione modale usata per indicare sarcasticamente tutte le azioni fatte in modo discontinuo, con scarsa applicazione, a morsi e bocconi, azioni che lasciano presagire risultati pessimi.
stracce s. m. plurale di straccio= pezzo di tessuto logoro, riutilizzabile industrialmente per la fabbricazione di carta e tessuti o impiegato in usi domestici per pulire e spolverare (in quest'ultimo caso, anche come prodotto commerciale specificamente fabbricato a tale scopo); nella loc. ‘nu straccio ‘e, (fam.) per indicare cosa o persona qualsiasi, di poco conto: nun tène ‘nu straccio ‘e vestito ‘a metterse ‘ncuollo=addosso; ‘nu straccio ‘e marito, ‘e; nun tene neppure ‘nu straccio ‘e amico pe se cunfidà; spec. pl. indumento logoro e dimesso: jí in giro vestuto ‘e stracce.
quanto all’etimo, straccio è un deverbale di stracci-are/à che è dal lat. volg. *extractiare, deriv. di tractus, part. pass. di trahere 'trarre';
petacce s.f. plurale di petaccia = cencio, brandello, straccio ed estensivamente abito di tessuto logoro; piú in generale con tutte le accezioni del precedente straccio, ma con valore accresciuto nel negativo: cchiú ca ‘nu straccio era ‘na petaccia!
quanto all’etimo, petaccia appare a taluno un derivato dello spagnolo pedazo= pezzo ma a mio avviso non è errato vedervi un derivato del lat. volg. *pettia(m), di origine celtica = pezza secondo il seguente percorso morfologico: pettia(m)→pet(ti)a(m) + il suff. dispregiativo aceus/a→accio/a; tuttavia è anche ipotizzato un lat. volg. *pitacium accanto al classico pittacium/pittacia= cencio, brandello. C’è da scegliere, quantunque a me piaccia la derivazione dal lat. volg. *pettia(m).
3.A 'STU NUNNO SULO 'O CANTERO È NNICESSARIO.
Letteralmente: la sola cosa necessaria a questo mondo è il pitale. Id est: niente e - soprattutto - nessuno sono veramente necessarii alla buona riuascita dell'esistenza la sola cosa che conta è nutrirsi bene e digerire meglio. In effetti con la parola cantero - oggetto destinato ad accogliere gli esiti fisiologici - si vuole proprio adombrare la buona salute indicata da una buona digestione, che intanto avviene se si è avuta la possibilità di nutrirsi. Si tenga presente che la parola cantero non à l'esatto corrispettivo in italiano essendo il pitale(con la quale parola si è reso in italiano) destinato ad accogliere gli esiti prettamente liquidi, mentre il cantaro era destinato ad accogliere quelli solidi.
4.'A TAVERNA D''O TRENTUNO.
Letteralmente: la taverna del trentuno. Cosí, a Napoli sogliono, inalberandosi, paragonare la propria casa tutte quelle donne che vedono i propri uomini e la numerosa prole ritornare in casa alle piú disparate ore, pretendendo che venga servito loro un veloce pasto caldo. A tali pretese, le donne si ribellano affermando che la casa non è la taverna del trentuno, nota bettola del contado napoletano, situata in quel della zona vecchia di Pozzuoli in via san Rocco oggi 16, all’insegna : TAVERNA DEL TRENTA E TRENTUNO che prendeva il nome dal civico dove era ubicata e che aveva due ingressi contigui: ai civici 30 e 31, bettola dove si servivano i pasti in modo continuato a qualsiasi ora del giorno e della notte.
taverna = bettola, osteria di infimo ordine; etimologicamente dal latino taberna(m) che significò bottega ed osteria ed è in quest’ultimo significato che la voce fu accolta,con tipica alternanza partenopea di B - V, nella lingua napoletana che per il significato di bottega preferí ricorrere, come vedemmo alibi, al greco apoteca donde trasse la voce puteca.
trentuno = agg. num. card. invar. numero naturale corrispondente a trenta unità piú uno; nella numerazione araba è rappresentato da 31, in quella romana da XXXI; l’etimo è dal lat. triginta + unum.
5.‘A TAVULA D''E PEZZENTIELLE. NUN MANCANO MAJE TUZZULELLE
Sul tavolo dei poverelli non mancano mai tozzi di pane
Id est: non ostante la miseria, su di un tavolo di poverelli, ci saranno sempre - a disposizione di tutti - pezzetti di pane, sia pure raffermi.
Brak
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