CAMMENÀ TUTTO ‘MPASTURATO oppure TUTTO ‘MPERUZZULATO.
A Napoli, quando si voglia commentare, per dileggio o solo con un’icastica osservazione, l’incedere indeciso o difficoltoso di qualcuno che abbia serî problemi deambulatorî o faccia le viste di averne, s’usa dire che colui cammina tutto ‘mpasturato oppure tutto ‘mperuzzulato ossia ad un dipresso: impastoiato al massimo oppure del tutto ingessato.
Nei tempi andati l’espressione in epigrafe fu usata, in forma di salace interrogativo, a mo’ di rimbrotto rivolto dai genitori ad un figlio che per cattiva volontà incedesse con andatura scorretta o indecisa incedendo ‘e sguincio oppure ‘e renza. invece di camminar correttamente.
Prima di esaminare i termini della locuzione in epigrafe, soffermiamoci su ‘e sguincio (di sghimbescio) e su ‘e renza (con una cattiva abitudine).
C’è una differenza sostanziale tra le due locuzioni;infatti jí ‘e renza si riferisce effettivamente ad un modo di camminare identificandolo nel procedere in modo obliquo, quasi inclinati su di un lato; diverso il gghí ‘e sguincio che attiene ad un modo di camminare e propriamente a quel modo che comporta un’andatura di sghimbescio, tortuosa, e mentre la prima locuzione è usata solo in riferimento al modo di camminare, la seconda è riferita non solo ad un modo di procedere, ma anche ad un modo comportamentale che sia scorretto, subdolo, non lineare, in una parola: sleale.
Il termine sguincio viene dal francese guenchir (procedere di sbieco) cui è premessa una S rafforzativa;
il termine renza viene invece dal participio presente del verbo latino haerere= aderire; in napoletano infatti si dice pure tirarse ‘na renza cioè prendere un’abitudine, aderire ad un modo di fare.
cammenà= camminare, incedere; voce verbale infinito denominale del latino volgare *camminu(m), di orig. celtica: cam=passo;
tutto, derivato dal lat. volg. *tuctu(m), per il class. totu(m) intero, tutto,è un aggettivo, ma qui con valore intensivo assume il significato equivalente a quello degli avv. interamente, completamente;
‘mpasturato = impastoiato, quasi come le bestie cui pastori e bovari usano serrare con le pastoie le zampe posteriori affinché riesca difficile alle bestie uscir fuori dal gregge o dalla mandria; etimologicamente la voce a margine è il part. pass. maschile dell’infinito ‘mpasturà =metter le pastoie denominale derivato da un in illativo + pastora da un tardo latino pastoria(m)=pastoia , deriv. di pastus 'pascolo';
‘mperuzzulato = costretto nelle perozzole ( assicelle lignee per bloccare le caviglie fratturate o slogate; etimologicamente la voce a margine è il part. pass. maschile dell’infinito ‘mperuzzulà denominale derivato da un in illativo +perozzole (plurale femm. metafonetico del masch. sing. peruozzolo= al sing. masch.= piuolo, zampa di sedia e/o tavolo; al plur. femm. = stecche lignee da ingessatura) derivato da un latino volgare *pedocèolu(m)→pedòcciolu(m) con i normali passaggi di d→r, cci→zz e dittongazione della sillaba breve ǒ→uo; da un’evidente base pes-pedis tenendo presente che tutti i significati sia del peruozzolo che delle perozzole attengono al piede o all’equiparato: il piuolo è lo scalino dove poggiare il piede, la zampa di sedia e/o tavolo è quasi un piede e le stecche lignee dette perozzole furono usate, tagliate a giusta misura per ingessare soprattutto le caviglie.
Va da sé che chi fosse impastoiato o ingessato non potrebbe incedere in maniera normale e si dovrebbe adattare a procedere di sghimbescio o in maniera indecisa. Raffaele Bracale
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