FÀ ‘NA PALÏATA.O FÀ ‘NA LARDÏATA
A senso nell’uno e l’altro caso:Conferire a qualcuno un gran numero di batoste; id est: percuoterlo violentemente ed a lungo. Il termine che connota il primo caso, originariamente si riferiva al fatto che le percosse fossero inferte con un palo donde il nome (palïata) riferito in epigrafe; in prosieguo di tempo è venuta meno la particolarità del palo, ma è rimasta l’idea della gran quantità di percosse che la palïata comporta. La locuzione non piú molto usata, un tempo, invece, era sulla bocca di tutte le mamme che con essa espressione minacciavano i loro vivaci figlioletti insensibili a piú dolci rimbrotti, affinché si calmassero e recedessero dal loro irrequieto atteggiamento; ben piú dura e dolorosa la portata della seconda espressione: fà ‘na lardïata; oggi è ancora intesa come somministrazione di un gran numero di percosse, ma in origine riprendeva l’antica (epoca viceregnale) abitudine per la quale era concesso alla peggiore plebaglia che facesse ala al cammino di un condannato a morte verso il patibolo, di espandere ad libitum le sofferenze dell’infelice con sputi, percosse, dilianamento delle carni con tenaglie infuocate e soprattutto scottature operate con l’uso di pezzi di lardo ( da cui lardiata) bollente che venivano soffregati sul corpo del condannato; da questa barbarica usanza, per estensione il termine lardiata passò a significare: solenne bastonatura.
palïata = grave percossa, bastonatura inferta con un palo etimo: deverbale di palïà che è da palo (dal lat. palu(m)) =percuotere con un palo;
lardïata = di per sé salsa rustica a base di lardo, ma qui estensivamente vale solenne bastonatura con riferimento a tutte le sofferenze inflitte al destinatario nella maniera e con i mezzi ricordati precedentemente; quanto a l’etimo è voce deverbale di lardïà (sminuzzare il lardo e per traslato percuotere; lardià è da lardo che è dal lat. laridu(m)/lardu(m): lo strato di grasso sottocutaneo del maiale, che si conserva salato o affumicato per uso di cucina. Al proposito rammenterò che a Napoli esistono tre tipi di lardo e sono: a) lardo di testa o gola (altrove chiamato guanciale e a Napoli lardo ‘e mascariello; mascariello sost. neutro = gota derivato dal lat. volg. masca=guancia, gota donde anche la voce maschera; b) lardo ‘e curazza detto pure lardiciello ricavato dallo strato sottocuteneo della groppa della bestia, quella groppa che nei bovini forniva il cuoio donde i romani producevano le corazze, ragion per cui a Napoli il taglio di carne bovina ricavato dalla groppa/schiena viene detto appunto curazza; il lardo di groppa (lardiciello) presenta insinuata negli stati di grasso una tipica venatura di carne che rende leggermente meno grassi ed un po’ piú gustosi i ciccioli che si ricavano dalla fusione del grasso ‘e lardiciello nella produzione casalinga di sugna ; c) infine lardo ‘e panza lardo di pancia che è il piú compattatamente grasso, ricavato dallo strato sottocuteneo della pancia della bestia, il medesimo strato da cui si ricava la cosiddetta ‘nzogna ‘mpane, contrapposta, ma usata in unione con la ‘nzogna ‘e lardiciello nella produzione casalinga della sugna alimentare.
Raffaele Bracale
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