À TIRATO ‘A SCIAVECA oppure
STA TIRANNO ‘A SCIAVECA
Letteralmente: À tirato la sciabica oppure Sta tirando la sciabica
Ambedue le espressioni sono usate o posteriormente o nel mentre ad ironico ed antifrastico commento delle azioni di chi o reduce da o operante un leggero e/o inconferente lavoro, faccia invece cialtronescamente le viste di aver condotto a termine o di star facendo una faticosa incombenza;
la sciaveca è la grossa rete a strascico munita di ampio sacco centrale ed ali laterali sorrette da sugheri galleggianti, che viene calata in mare in prossimità della battigia e poi faticosamente tirata a riva a forza di braccia dai pescatori che per poterlo piú agevolmente fare sogliono entrare in acqua fino a restare a mollo con il fondoschiena donde l’espressione: stà cu ‘e ppacche dint’ a ll’acqua id est: star con le natiche in acqua per significare oltre che lo star lavorando faticosamente anche lo star in grande miseria nella convinzione (sia pure erronea) che il mestiere di pescatore non sia mai abbastanza remunerativo.
Etimologicamente la parola sciaveca pervenuta nel toscano come sciabica è derivata al napoletano (attraverso lo spagnolo xabeca) dall’arabo shabaka da cui anche il portoghesejabeca/ga.
Pacche s. f. pl. di pacca= gluteo, natica e per traslato ognuna delle piú parti in cui si può dividere longitudinalmente una mela o una pera; etimologicamente la voce è dal lat. med. pacca marcato sul long. pakka.
A margine di quanto détto rammento che a Napoli e nel suo circondario, a far tempo dai primi anni del 1800 con la parola “sciaveca”, si intese altresí una strategia missionaria ideata dal sacerdote don Vincenzo Romano (Torre del Greco (NA), 3 giugno 1751 -† ivi 20 dicembre 1831); tale sacerdote dell’ordine teatino, si avvicinava con il crocifisso in mano, a capannelli di persone o a singoli passanti, improvvisando sul momento una predicazione, salvo poi ad accompagnare gli uditori, se consenzienti, alla piú vicina chiesa od oratorio per pregare insieme. Si può facilmente cogliere l’accostamento semantico tra la sciabica ( grossa rete da pesca) ed il nome sciaveca” (sciabica) dato dallo stesso don Vincenzo Romano a quella sua improvvisata predicazione che risultava essere appunto una sorta di grossa rete da pesca tesa per pescare proseliti, sulle orme del Signore che aveva détto a Simon Pietro con l’invito a seguirlo:”Ti farò pescatore di uomini!” L’operato di don Vincenzo Romano divenne esempio per i suoi confratelli che lo imitarono al segno che da quel momento tutti i sacerdoti teatini furono détti “chille d’ ‘a sciaveca” mandando in confusione persino il prof. Raffaele D’Ammbra e quelli che lo saccheggiano, che ritenne che l’ordine fondato da san Gaetano da Thiene avesse come norma la pratica della sciaveca.
Raffaele Bracale
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