14 DATATE LOCUZIONI 28.2.21
1.ABBIARSE A CCURALLE.
Letteralmente: avviarsi verso i coralli. Id est: Anticiparsi, muovere
rapidamente e prima degli altri verso qualcosa. Segnatamente lo si dice delle
donne violate ed incinte che devono affrettare le nozze. La locuzione nasce
nell'ambito dei pescatori torresi (Torre del Greco -NA ), che al momento di
mettersi in mare lasciavano che per primi partissero coloro che andavano alla
pesca del corallo.
2.AGGIU VISTO 'A MORTE CU LL' UOCCHIE.
Letteralmente: Ò veduto la morte con gli occhi. Con questa locuzione
tautologica si esprime chi voglia evidenziare di aver corso un serio pericolo o
rischio mortale tale da portarlo ad un passo dalla morte e di esserne
fortunatamente restato indenne.
3.VULÉ PISCIÀ E GGHÍ 'NCARROZZA.
Letteralmente: voler mingere e al tempo stesso andare in carrozza Id est:
pretendere di voler conseguire due risultati utili, ma incompatibili fra di
essi.
4.VE DICO 'NA BUSCÍA.
Vi dico una bugia. E' il modo sbrigativo e piuttosto ipocrita di liberarsi
dall'incombenza di dare una risposta, quando non si voglia prender posizione in
ordine al richiesto e allora si avverte l'interlocutore di non continuare a
chiedere perché la risposta potrebbe essere una fandonia, una bugia...
5.FÀ 'O FRANCESE.
Letteralmente: fare il francese, id est: mostrare, dare a vedere o - meglio -
fingere di non comprendere, di non capire quanto vien detto, allo scoperto
scopo di non dare risposte, specie trattandosi di impegnative richieste o
ordini perentori. Èl'equivalente dell'italiano: fare l'indiano, espressione
che, storicamente, a Napoli non si comprende, non avendo i napoletani avuto
nulla a che spartire con gli indiani, sia d'India che d' America, mentre ànno
subíto piú d’ una dominazione francese ed ànno avuto a che fare con gente
d'oltralpe, con le quali malamente s’intendevano.
6.'O PESCE FÈTE D''A CAPA.
Letteralmente: Il pesce puzza dalla testa. Id est: il cattivo esempio viene
dall'alto, gli errori maggiori vengon commessi dai capi. Per cui: ove
necessario, se si vogliono raddrizzare le cose, bisogna cominciare a prender
provvedimenti innanzi tutto contro i comandanti.
7.'O PURPO S' À DDA COCERE CU LL'ACQUA SOJA.
Letteralmente: il polpo va fatto cuocere con la sola acqua di cui è pieno,
senza aggiunta d’altri liquidi che non siano i condimenti. La locuzione si usa
quando si voglia commentare l'inutilità degli ammonimenti, dei consigli et
similia, che non vengono accolti perché il loro destinatario, è di dura cervice
e non intende collaborare a recepire moniti e o consigli che allora verranno da
lui accolti quando il soggetto si sarà autoconvinto della opportunità di
accoglierli.
8.ACQUA 'E 'NNANZE E VVIENTO 'E RETO...
Letteralmente: Acqua di davanti e vento di dietro. È il malevolo augurio con
cui viene congedato una persona importuna e fastidiosa cui viene indirizzato
l'augurio di essere attinto di faccia da un violento temporale e di spalle da
un impetuoso vento che lo sospinga il piú lontano possibile, sotto un diluvio
d’acqua.
9.ABBUFFÀ 'A GUALLERA.
Letteralmente: gonfiare l'ernia. Id est: annoiare, infastidire, tediare
qualcuno al punto di procurargli una metaforica enfiagione di un'ipotetica
ernia. Si consideri però che in napoletano con il termine "guallera"
si indica oltre che l'ernia anche il sacco scrotale, ed è ad esso che con ogni
probabilità fa riferimento questa locuzione.La voce guallera s.vo f.le = ernia è dall’arabo wadara di pari significato.
10.QUANNO 'A FEMMENA VO’ FILÀ, L'ABBASTA 'NU SPRUOCCOLO.
Letteralmente: quando una donna vuol filare le basta uno stecco - non à bisogno
di aspo o di fuso.Id est: la donna che vuole raggiungere uno scopo, una donna
che voglia qualcosa, è pronta ad usare tutti i mezzi (quali che siano) pur di
centrare l'obbiettivo; non si ferma cioè davanti a nulla... spruoccolo s.vo m.le1(in
primis) stecco, pezzetto di legno o
di ramo, bastoncello, zeppa 2(per
traslato furbesco e salace, la voce nel parlato della città bassa vale )pene, membro maschile con
riferimento semantico non soltanto alla forma dell’aggeggio ma anche
rammentandosi di una tipica espressione partenopea che associa lo stecco ad un
buco. etimologicamente spruoccolo è da un tardo
lat. *(e)xperŏccolo→sp(e)roccolo→spruoccolo (da ex + pedunculu-m) con sincope,
assimilazione regressiva nc→cc dittongazione della ŏ diventata tonica e roticizazione osco/mediterranea d→r.
11.TENÉ 'E GGHIORDE.
Letteralmente: essere affetto da giarda, malattia che colpisce giunture ed
estremità di taluni animali; le parti colpite si gonfiano impedendo una
corretta andatura. La locuzione è usata nei confronti di chi appare pigro,
indolente e scansafatiche quasi avesse difficoltà motorie causate da enfiagione
delle gambe che appaiono come contratte ed attanagliate da nodi. In turco, con
il termine jord si indica il tipico doppio nodo dei tappeti - da jord a gghiorde
il passo è breve.
12.FARSE CHIOVERE 'NCUOLLO.
Letteralmente: farsi piovere addosso, ossia lasciarsi cogliere impreparato a
qualsivoglia bisogna, non prendere le opportune precauzioni e sopportarne le
amare conseguenze.
13.FÀ 'O CALAVRESE.
Fare il calabrese, ossia non mantenere la parola data, esser mendace, spergiuro
e mancator di parola tal quale un qualsivoglia calabrese che, malfidente di costituzione, sospettoso e diffidente usa
non tener fede a quanto promesso, giurato o addirittura pattuito nel
timore che il contraente, piú furbo di lui possa nuocergli... e gli abbia fatto
stendere un patto in suo (del calabrese) danno.
14.FARSE 'A PASSIATA D''O RRAÚ.
Letteralmente: fare la passeggiata del ragú. Id est: andare a zonzo senza
fretta. Un tempo, quando ancora la
TV non rompeva l'anima cercando di imporci diete e diete, i
napoletani, erano soliti consumare nel dí di festa un canonico piatto di
maccheroni al ragú. Il ragú è una salsa che à bisogno di una lunghissima
cottura, tanto che la sua preparazione cominciava il sabato sera e giungeva a
compimento la domenica mattina e durante il tempo necessario alla bisogna, gli
uomini ed i bambini di casa si dedicavano a lente e salutari passeggiate,
mentre le donne di casa accudivano la salsa in cottura e preparavano la
tavolata domenicale.
15.STÀ SEMPE 'NTRIDICE.
Letteralmente: stare sempe in tredici.Id est: esser sempre presente, mostrarsi
continuatamente, partecipare ad ogni manifestazione, insomma far sempre mostra
di sé alla stregua di un candelabro perennemente in mostra in mezzo ad un
tavolo, e poiché nella smorfia napoletana il candelabro, come le candele, fa 13
ecco che viene fuori l'espressione con la quale a Napoli si è soliti
apostrofare gli impenitenti presenzialisti...
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