TOVAGLIA, ASCIUGAMANO & DINTORNI
Questa volta voglio interessarmi di taluni vocaboli che,
quantunque – sulle prime – possono apparire simili, se non uguali, quanto alla
morfologia, nel toscano e nell’italiano, si differenziano nei significati per
la diversa destinazione d’uso degli oggetti che rappresentano, che se ne fa o
se ne dà. Intendo parlare dei diversi nomi che si danno in italiano ed in
napoletano a quel capo di biancheria familiare usato per nettarsi o asciugare
mani e volto; detto capo è chiamato in toscano asciugamano, mentre in
napoletano e in molte altre lingue centro meridionali, esso capo è tuvaglia o
tuaglia; anche l’italiano à il lemma tovaglia, ma – come vedremo di qui a breve
– la tovaglia, si differenzia dalla tuvaglia /tuaglia per la diversa
destinazione d’uso del capo di bancheria che mentre nel napoletano indica il
telo usato per nettarsi o asciugar mani e volto, in italiano connota il piú
ampio telo usato per coprire ed apparecchiare la mensa. Cominciamo col dire che
il vocabolo asciugamano (forgiato sul basso latino: ex-sucare+ mano) è vocabolo
molto piú recente (‘800) rispetto all’antico tovaglia il quale anche in
italiano, originariamente e con provenienza dal latino tuàlia attraverso un
provenzale toalha ed un francone thwahlja, indicò proprio ciò che indica nel napoletano
e cioè il telo per asciugarsi dopo essersi lavati. Non so cosa o quale sia
stata la necessità che abbia spinto alla creazione del vocabolo asciugamano
(che a mio avviso è comunque molto riduttivo: non si comprende mai perché il
vocabolo consideri le sole mani escludendo braccia, gambe, volto e/o altre
parti del corpo che pure vengono asciugate con il medesimo telo (l’avessi
coniato io mi sarei inventato un piú ampio aggettivo, per poi sostantivarlo,
del tipo asciugale aggiungendo all’ex-sucare iniziale, il suffisso aggettivale
di pertinenza alis (ale) come ad es. in dominicale (del domine), naturale
(della natura) etc.)) e si sia dato diverso significato alla parola tovaglia
destinandola cioè, proditoriamente, a soppiantare l’antico mantile che con
provenienza dall’antico latino mantelum(telo per le mani) indicò dapprima il
tovagliuolo con cui i commensali si nettavano le mani e/o la bocca (tovagliuolo
che non era fornito da chi offriva il desinare, ma era portato da casa dai
singoli commensali che l’usavan sia per tergersi le mani sia , annodandone le
quattro cocche, per asportare avanzi di cibarie); successivamente il mantelum
indicò estensivamente pure il drappo usato per apparecchiare le mense ed il
derivato mantile tenne brillantemente il campo ad indicare il drappo usato per
approntar mense ed ancora lo tiene in talune lingue centro meridionali dove
quel drappo o telo è ancóra detto mantile o mandile con tipica alternanza T e D
mentre la parola tovaglia resa tuvaglia o tuaglia ancóra continua ad indicare
il telo per asciugar mani , volto ed altre parti del corpo.Segnatamente nell’idioma
napoletano ‘a tuaglia / tuvaglia tiene
brillantemente testa al nuovo asciugamano, mai accettato veramente, mentre per
ciò che concerne il telo / drappo per approntar le mense, i napoletani già nel
tardo medioevo in luogo del mantile che poco aveva attecchito, ma pur sempre
dal latino , lingua di cui è figlio il napoletano, avevano tratto
dall’aggettivo mensalis (di pertinenza della mensa) il sostantivo mensale da cui
mesale con tipica sincope davanti alla esse della consonante enne cosí come
capita con pesolo (sospeso) da pensilis, mese da mensis e pesà da pinsare.
Rammenterò ancóra che anticamente, quando il mantile era passato ad indicar il
drappo per le mense e non piú il tovagliuolo per nettar bocca e mani i
napoletani e soprattutto i provinciali adusi alla campagna si inventarono per
indicar quel tovogliuolo il termine stujavocca o con morfologia contratta
stujaocca o altrove in altri ambiti regionali anche stujavucco, stujavuc e
consimili che è esattamente il netta-bocca formato dall’addizione del verbo
stujà (= pulire, che(e qui per una volta posso concordare con i soliti
Cortelazzo e Marcato ed altri che vorrebbero da una particolare accezione
(sollecitare) del latino studère, anche se penso che si possa pure lasciar
tentare e ricollegarsi ad uno strofinar con la stuoia, atteso che il
tovagliuolo di cui ci si serve per pulir la bocca possa esser agevolmente
rapportato ad un piccolo stuoino sia pure morbido e non ruvido;) con il
sostantivo bocca nelle varie riproposizioni regionali: vocca, vucco, vuc
etc.Tutto ciò ad una prima lettura del termine; successivamente mi sono reso
conto che più che al lat. stujà sia da collegare al catalano estojar che vale
estorcere e ciò ben si attaglia al pulirsi la bocca che è l'azione con cui
quasi si estorce il lordo dalla bocca. Infine voglio ricordare che, accanto
alla parola tuaglia, tuvaglia come telo per asciugarsi, i napoletani,
mutuandolo da un linguaggio chiesastico ebbero pure manutergio (che è dal lat.
manutergiu(m), comp. di manus 'mano' e un deriv. di tergere 'asciugare') e che
originariamente fu un piccolo telo usato dai sacerdoti per tergersi le mani
durante le abluzioni liturgiche; ugualmente dal linguaggio chiesastico
mutuarono il termine manipulo,essenzialmente un piccolo telo atto a detergere
il sudore nei mesi estivi, che è dal lat. manipulu(m), comp. di manus 'mano' e
un deriv. di *plíre 'riempire'; quindi: cosa da poter tenere in una mano; ed in
effetti prima di divenire un paramento sacro, il manipolo fu un piccolo telo da
manovrare con una sola mano usato dai sacerdoti per nettarsi il sudore, telo
che per comodità veniva posto sull’avambraccio sinistro; a titolo di curiosità,
dirò che anche la lingua nazionale derivò un suo manipolo dal medesimo
manipulum latino, ma per l’italiano il manipolo fu ed è un sinonimo di mannello
cioè la manciata di spighe tenute con una sola mano, mentre l’altra le recide
con la falce. Raffaele Bracale - Napoli
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