BABÀ NAPOLETANO
NOTA
Il
babà, come è universalmente conosciuto, è un dolce soffice e cedevole monoporzione di forma tronco-conica sormontata da un
gonfio cappello, dolce soffice e
cedevole principe, accanto alla
sfogliatella ed alla mitica pastiera, della
cucina partenopea.
Esso
dolce pur essendo originario della Polonia pervenne a Napoli (divenendo uno dei
dolci piú graditi della pasticceria partenopea) attraverso i cuochi francesi (i
famosissimi monzú[voce corruttiva del
fr. monsieur]) chiamati a Napoli
dalla regina Maria Carolina d’Asburgo (sorella della notissima Maria Antonietta, quella che finí i suoi giorni ghigliottinata con
il consorte Luigi XVI al tempo (1793 rispettivamente 21/1 il re e 16/10 la
regina) della rivoluzione francese) in occasione delle proprie nozze ( 7 aprile
1768) con Ferdinando IV Borbone – Napoli. Il dolce deve il suo nome alla
morbidezza e cedevolezza dell’impasto atto alla malferma dentatura delle
persone anziane;baba in lingua
polacca vale:nonna,donna vecchia; quando
poi il baba polacco, al seguito del
re Stanislao Leszczinski,
(che qualcuno vuole ne sia stato casualmente l’inventore)re di Polonia dal 1704
al 1735, giunse in Francia dapprima a
Luneville e di lí a Parigi alla pasticceria Sthorer, dove
tutti lo conobbero ed apprezzarono, esso
vide il suo nome pronunciato alla francese con la a finale accentata babà e tale fu anche a Napoli (che anzi ne raddoppiò
espressivamente la seconda esplosiva labiale e babà diventò babbà e
preceduto dall’articolo addirittura ‘o
bbabbà); nella città partenopea , come ò détto, prese stabile dimora per il tramite dei monzú francesi (cuochi di corte); anzi a
Napoli vide raddoppiata b intervocalica
diventando babbà e fu dolce tanto amato ed apprezzato da
pervenire in talune locuzioni napoletane; Cito,ad es. : Sî ‘nu bbabbà! (Sei un babà)
détto di persona (uomo) d’indole buona e mansueta fino alla prona
accondiscenza, mentre riferito ad una donna
Sî ‘nu bbabbà vale Sei tanto bella e buona (che meriteresti
d’esser mangiata, come un babà!).
Rammento altresí che soprattutto nell’
icastico parlato della città bassa la
voce bbabbà è usata quale traslato furbesco e giocoso per indicare il
pene, il membro virile con riferimento semantico alla forma del dolce
monoporzione.
Esiste poi una diverte espressione
partenopea che recita:
Puoi irrorarlo con quanto rhum tu voglia, uno stronzo non diverrà
mai un babà.
Id est: Per quanto tu tenti di
edulcorarlo, uno stronzo non potrà mai diventare un dolce saporito come un
babà; alla stessa stregua: per quanto lo si cerchi di migliorare uno sciocco
non potrà mai cambiare in meglio la propria natura.
Veniamo alla ricetta:
1)Versione
normale
per la pasta
500 g farina americana
(manitoba),
50 g zucchero,
150 g burro ammorbidito a temperatura ambiente, oppure 1 etto di strutto,
sale fino – un cucchiaino da caffè,
8 uova,
2 panetti di lievito di birra.
50 g zucchero,
150 g burro ammorbidito a temperatura ambiente, oppure 1 etto di strutto,
sale fino – un cucchiaino da caffè,
8 uova,
2 panetti di lievito di birra.
2)Versione con
l’uvetta
500 g farina americana
(manitoba),
50 g zucchero,
150 g burro ammorbidito a temperatura ambiente, oppure 1 etto di strutto,
sale fino – un cucchiaino da caffè,
8 uova,
50 g zucchero,
150 g burro ammorbidito a temperatura ambiente, oppure 1 etto di strutto,
sale fino – un cucchiaino da caffè,
8 uova,
150
gr. di uvetta ammollata nella bagna calda e poi strizzata,
2 panetti di lievito di birra.
2 panetti di lievito di birra.
per la bagna
2 litri di acqua
600 g di zucchero
1 buccia intera di limone non trattato,
rum q.s.
Procedimento
Mettere
nella ciotola girevole dell’ impastatrice la farina, lo zucchero, il burro a
pezzettini o lo strutto, il sale ed il lievito sbriciolato. Avviare le fruste e
miscelare il tutto. Aggiungere le uova ad uno ad uno ( e solo quando il
precedente sia stato ben assorbito).
La pasta dovrà risultare elastica e rimanere attaccata alle
fruste. Per ottenere ciò è importante la quantità di uova: evitare di
sceglierle troppo grandi; se lo fossero mettere i primi sette, sempre uno alla volta,
ed eventualmente aggiungerne solo metà dell’ultimo. Impastare con le fruste fino a che la pasta
non salga sulle fruste sino a ricoprirne quasi le astine e non risulti gommosa.
Nella versione con l’uvetta, a questo punto aggiungere all’impasto le uvette
ammollate nella bagna calda, strizzate e leggermente infarinate e continuare
l’impastatura per alcuni minuti. Per
verificare che la pasta sia cresciuta a dovere,
prendere un pizzichino di pasta
tra l'indice e il pollice ed allargare le dita: se risulta elastica e quasi
gommosa è pronta. Far crescere la pasta nella ciotola stessa sino a che non
raggiunga il bordo. Trasferire in un unico stampo con buco centrale imburrato
(o in piú stampi piccoli ed a tronco di cono) e far crescere di nuovo fino a raggiungere i
bordi del/déi contenitore/i. Infornare in forno caldo a 180°C per circa 20 minuti.
Preparare la bagna: Scaldare l'acqua, lo zucchero, la buccia di limone ed il
rum (la quantità dipenderà dai gusti) fino a far sciogliere lo zucchero.
Eliminare la buccia del limone. Mettere il babà su una grata (va bene quella del forno) e poggiarla su una teglia o
un recipiente abbastanza grande. Praticare dei fori con uno stuzzicadenti sulla
superfice superiore del babà (quella piú lucida) e cominciare a bagnare usando
un mestolo. Girare il babà e continuare a bagnare piú volte. Quando il bagno
termina recuperarlo dalla teglia su cui poggia la grata (serve a questo),
eventualmente riscaldarlo nuovamente e continuare a bagnare il babà. Lasciare
poi gocciolare il babà sulla grata per qualche ora. Servire le fettine di babà
aggiungendo ancora altro liquido (che sarà stato messo a parte) se necessario o
gradito.Qualora si siano usati piccoli stampi tronco-conici da 7 cm. di altezza (in ognuno dei quali andrà messa pasta per 35
o 50 grammi) i babà risultanti potranno esser bagnati immergendoli rapidamente
per intero nel bagno e recuperandoli con una schiumarola.
Il babà può essere
indifferentemente accompagnato da liquori dolci (rosolî) o secchi (cognac e/o
brandy)
Mangia Napoli: bbona salute!
Raffaele Bracale
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