lunedì 6 febbraio 2017
VARIE 17/153
1.HÊ SCIUPATO ‘NU SANGRADALE.
Letteralmente: Ài sciupato un sangradale. Lo si dice di chi, a furia di folli spese o cattiva gestione dei propri mezzi di fortuna, dilapidi un ingente patrimonio al punto di ridursi alla miseria piú cupa ed esser costretti, magari, ad elemosinare per sopravvivere; il sangradale dell'epigrafe è il Santo Graal la mitica coppa in cui il Signore istituí la santa Eucarestia durante l'ultima cena e nella quale coppa Giuseppe d'Arimatea raccolse il divino sangue sgorgato dal costato di Cristo a seguito del colpo infertogli con la lancia dal centurione sul Golgota. Si tratta probabilmente di una leggenda scaturita dalla fantasia di Chrétien de Troyes che la descrisse nel poema Parsifal di ben 9000 versi e che fu ripresa da Wagner nel suo Parsifal dove il cavaliere Galaad, l'unico casto e puro, riesce nell'impresa di impossessarsi del Graal laddove avevan fallito tutti gli altri cavalieri non abbastanza puri.
2.HÊ TRUVATO ‘A FORMA D’’A SCARPA TOJA
Ad litteram: ài trovato la forma (su cui è stata modellata la tua scarpa) Id est: Ti conosco benissimo, sei stato addirittura modellato su di me e pertanto ti sei imbattuto in una persona cosí tanto simile a te (da poterti contrastare efficacemente in ogni circostanza giacché ti conosce bene ed a fondo e sa di te pregi e difetti). Espressione usata per mettere sull’avviso gradassi o prepotenti che erroneamente pensassero di poter sorprendere il contendente senza rendersi conto della vanità del loro comportamento che non rappresenta una sorpresa e/o un pericolo.
3.HE VIPPETO VINO A UNA RECCHIA.
Hai bevuto vino a una orecchia - Ossia vino scadente che fa reclinare la testa da un lato. Pare che il vino buono sia quello che fa reclinare la testa in avanti. Lo si dice per sottolineare i pessimi risultati di chi ha agito dopo di aver bevuto vino scadente.
4.I' FACCIO PERTOSE E TTU GAVEGLIE.
Letteralmente: Io faccio buchi e tu cavicchi. Id est: mi remi contro. La locuzione la si usa quando si voglia redarguire qualcuno che proditoriamente e senza apparenti motivi, anzi quasi per dispetto, si adopera per vanificare l'opera di chi si sta affannando in un'azione di senso contrario come nella locuzione càpita a chi si sta adoperando a fare buchi e trova chi invece si dà da fare per confezionare cavicchi atti a turare detti buchi.
5.I' TE CUNOSCO PIRO A LL' UORTO MIO.
Letteralmente: Io ti conosco pero nel mio orto. Id est: Io conosco bene le tue origini e ciò che sei in grado di produrre; non mi inganni: perciò è inutile che tenti di far credere di esser capace di mirabolanti o produttive imprese... La cultura popolare attribuisce le parole in epigrafe ad un contadino che si era imbattuto in una statua di un Cristo circondata di fiori e ceri. Il popolino aveva attribuito alla statua poteri taumaturgici, ma il contadino che sapeva che la statua era stata ricavata da un suo albero di pero, tagliato perché improduttivo, apostrofò la statua con le parole in epigrafe, volendo far intendere che non si sarebbe fatto trasportare dalla credenza popolare e conoscendo le origini del Cristo effiggiato, non gli avrebbe tributato onori di sorta.
BRAK
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