TE MANNO Ê PELLERINE!
Letteralmente: Ti mando ai Pellegrini! Id est: Ti percuoto
e/o maltratto cosí tanto da costringerti a ricoverarti presso un ospedale che
nella fattispecie è quello dei Pellegrini. Premesso che quantunque a Napoli
l’Ospedale dei Pellegrini è meno antico dell’Ospedale Incurabili [datato 1521]
è proprio il Pellegrini, nell’inteso comune, quello piú noto in quanto ubicato
in una zona piú popolare ed un tempo
facilmente raggiungibile. Non fa meraviglia perciò che la minacciosa espressione, diventata
proverbiale, in epigrafe faccia
riferimento proprio all’ antichissima opera assistenziale partenopea risalente
al 1578 quando venne fondata un’arciconfraternita per assistere i tanti pellegrini che nel corso
dei loro lunghi viaggi sostavano nella città. L'edificio di culto e
l'omonimo ospedale sorsero ad opera del cavaliere gerosolimitano Fabrizio
Pignatelli di Monteleone [, duca di Ferrandina, fratello di Ettore II, priore
di Sant’Eufemia dell’Ordine gerosolimitano, luogotenente e vice reggente di
tutti i Priorati del Regno.] ed in
seguito, il complesso, venne affidato alla Confraternita della Santissima
Trinità.
L'ospedale la cui struttura fu disegnata da Carlo
Vanvitelli, fu ampliato nel 1769 e con l'occasione fu realizzato anche
l'ampliamento della chiesa, cosí com’è oggi. Chiesa ed ospedale all’epoca della
fondazione erano edificati in una zona popolare detta
Pignasecca su terreni posti fuori le
mura e quindi di poco valore; inoltre quella zona era malfamata
giacché frequentata dal popolino dedito a traffici illeciti e vi
erano molti giacigli di prostitute.Il
nome Pignasecca lo si deve ad una
leggenda secondo la quale un giorno venne trovato in istrada l’anello
del vescovo che lo aveva perduto durante uno dei suoi frequenti incontri
notturni con malviventi e/o prostitute.Un popolano che prese
l’anello, a mo’ di dileggio e di memoria,
lo conficcò con un chiodo nel grande albero di
pigne che dominava il quartiere. L’albero
per la vergogna si seccò
dando il nome alla zona identificata
appunto come Pignasecca.
R.Bracale
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