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LOCUZIONI [7.10.20]
1 FÀ
COMME A SSANTA CHIARA:
DOPP'
ARRUBBATA CE METTÈTTENO 'E PPORTE 'E FIERRO.
Letteralmente: far come per santa Chiara; dopo (che fu) depredata le si
apposero porte di ferro. Id est: correre ai ripari quando sia troppo tardi,
quando si sia già subíto il danno paventato, alla stessa stregua di ciò che
accadde per la basilica di santa Chiara che fu provvista di solide porte di
ferro in luogo del preesistente debole uscio di legno, ma solo quando i ladri
avevano già perpetrato i loro furti sacrileghi a danno della antica chiesa partenopea.
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2
ESSERE 'A TINA 'E MIEZO.
Letteralmente: essere il tino di mezzo. Id est: essere la massima somma di
quanto piú sporco, piú laido, piú
lercio possa esistere. Offesa gravissima che si rivolge a persona ritenuta
cosí massimamente sporca, laida e lercia fisicamente, ma ancóra di piú
moralmente, da essere paragonata al
grosso tino di legno posto al centro del carro per la raccolta dei liquami da
usare come fertilizzanti, nel quale tino venivano versati i liquami raccolti
con due tini piú piccoli posti ai lati del tino di mezzo dove veniva riposto
il letame raccolto.
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3 'A
CAPA 'E LL'OMMO È 'NA SFOGLIA 'E CEPOLLA.
Letteralmente: la testa dell'uomo è una falda,una tunica di cipolla. È il filosofico, icastico
commento di un napoletano davanti a comportamenti che meriterebbero d'esser
censurati e che si evita invece di criticare, partendo dall'umana
considerazione che quei comportamenti siano stati generati non da cattiva
volontà, ma da un fatto ineluttabile e cioé che il cervello umano è labile,
debole, deperibile ed inconsistente alla stessa stregua di una leggera,
sottile falda di cipolla.
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4 NUN
TENÉ VOCE 'NCAPITULO.
Letteralmente: non aver voce nel capitolo. Il capitolo della locuzione è il
consesso capitolare dei canonaci della Cattedrale; solo ad alcuni di essi era
riservato il diritto di voto e di intervento in una discussione. La locuzione
sta a significare che colui a cui è rivolta l'espressione non à nè
l'autorità, nè la capacità di esprimere pareri o farli valere, non contando
nulla, per cui è buona norma che taccia e non esprima giudizi o pareri.
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5 TU
NUN CUSE, NUN FILE E NUN TIESSE; TANTA GLIUOMMERE 'A DO' 'E CCACCE?
Letteralmente: Tu non cuci, non fili e non tessi, tanti gomitoli donde li tiri fuori? Tale domanda sarcastica la si
rivolge a colui che fa mostra di una inesplicabile, improvvisa ricchezza; ed
in effetti posto che colui cui viene rivolta la domanda non è impegnato in un
lavoro che possa produrre ricchezza, si comprende che la domanda è del tipo retorico
sottintendendo che probabilmente la ricchezza mostrata è frutto di mali
affari. È da ricordare anche che il termine gliummero =gomitolo dal
lat. glomus)indicava, temporibus
illis, anche una grossa somma di danaro corrispondente a circa 100 ducati d'argento.
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6
MUNTAGNE E MMUNTAGNE NUN S'AFFRONTANO.
Letteralmente: le montagne non si scontrano con le proprie simili. E' una
velata minaccia di vendetta con la quale si vuol lasciare intendere che si è
pronti a scendere ad un confronto anche cruento, stante la considerazione che
solo i monti sono immobili...
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7
FACCIA 'E TRENT'ANNE 'E FAVE.
Letteralmente: faccia da trent'anni di fava. Offesa gravissima con la quale
si suole bollare qualcuno che abbia un volto poco rassicurante, da galeotto,
dal quale non ci si attende niente di buono, anzi si paventano ribalderie. La
locuzione fu coniata tenendo presente che la fava secca era il cibo quasi
quotidiano che nelle patrie galere veniva somministrato ai detenuti; i
trent'anni rammentano il massimo delle detenzione comminabile prima
dell'ergastolo; per cui un individuo condannato a trent'anni di reclusione si
presume si sia macchiato di colpe gravissime e sia pronto a reiterare i
reati, per cui occorre temerlo e prenderne le distanze.
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8 SPARÀ
A VVRENNA.
Letteralmente: sparare a crusca. Id est: minacciare per celia senza far
seguire alle parole , i fatti minacciati. L'espressione la si usa quando ci
si riferisca a negozi, affari che si concludono in un nulla di fatto e si
ricollega ad un'abitudine dell'esercito borbonico i cui proiettili, durante
le esercitazioni, erano caricati con crusca, affinchè i colpi non
procurassero danno alla truppa che si esercitava.
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9 'E
SCIABBULE STANNO APPESE E 'E FODERE CUMBATTONO.
Letteralmente: le sciabole stanno attaccate al chiodo e i foderi duellano.
L'espressione è usata per sottolineare tutte le situazioni nelle quali chi
sarebbe deputato all'azione, per ignavia o cattiva volontà si è fatto da
parte lasciando l'azione alle seconde linee, con risultati chiaramente
inferiori alle attese.
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10 'A
TAVERNA D''O TRENTUNO.
Letteralmente: la taverna del trentuno. Cosí, a Napoli sogliono,
inalberandosi, paragonare la propria casa tutte quelle donne che vedono i
propri uomini e la numerosa prole ritornare in casa alle piú disparate ore,
pretendendo che venga loro servito un pasto caldo. A tali pretese, le donne
si ribellano affermando che la casa non è la taverna del trentuno, nota
bettola partenopea che prendeva il nome dal civico dove era ubicata, bettola
dove si servivano i pasti in modo continuato a qualsiasi ora del giorno e
della notte.
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11 'A
VACCA, PE NUN MOVERE 'A CODA SE FACETTE MAGNÀ 'E PPACCHE DÊ MMOSCHE.
Letteralmente: la mucca per non voler muovere la coda, si lasciò mangiare le
natiche dalle mosche. Lo si dice degli indolenti e dei pigri che son disposti
a subire gravi nocumenti e non muovono un dito per evitarli alla stessa
stregua di una vacca che assalita dalle mosche per non sottostare alla fatica
di agitare la coda, lasci che le mosche le pizzichino il fondo schiena!
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12
TRASÍ O PASSÀ CU 'A SCOPPOLA.
Letteralmente: entrare o passare con lo scappellotto. Id est: entrare in
teatro o altri luoghi pubblici come musei o pinacoteche o mostre artistiche
senza pagare e senza le necessarie credenziali: biglietti o inviti. La
locuzione fotografa il benevolo comportamento di taluni custodi che son
soliti fare entrare i ragazzi senza pagare il dovuto, spingendoli dentro con
un compiacente scappellotto. Per traslato la locuzione si attaglia a tutte
quelle situazioni dove gratuitamente si ottengono benefíci per la magnanimità
di coloro che invece dovrebbero controllare.
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13
POZZA MURÍ 'E TRUONO A CCHI NUN LE PIACE 'O BBUONO.
Letteralmente: possa morire di violenta bastonatura chi non ama il buono. In
una città come Napoli dove vi è un'ottima e succulenta cucina chi non è
buongustaio merita di morire bastonato violentemente. in napoletano TRUONO
significa sia tuono che percosse violente.
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14 'A
FORCA È FFATTA P''E PUVERIELLE.
Letteralmente: la forca è fatta per i poveri. Id est: nei rigori della legge
vi incorrono solo i poveri, i ricchi trovano sempre il modo di scamparla. In
senso storico, la locuzione rammenta però che la pena dell'impiccaggione era
comminata ai poveri, mentre ai ricchi ed ai nobili era riservata la decapitazione
o - in tempi piú recenti - la fucilazione.
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15
DARSE 'E PIZZECHE 'NCOPP' Â PANZA.
Letteralmente: darsi pizzichi sulla pancia. Id est: sopportare, rassegnarsi,
far buon viso a cattivo gioco. E' il consiglio che si dà a chi ad una
contrarietà sarebbe pronto a render la pariglia ed invece gli si consiglia di
sopportare assestandosi dei pizzichi sulla pancia quasi che il dolore fisico
che ne deriva servisse a lenire quello morale, in nome del quale ci si
sentirebbe pronto a scatenare una guerra!
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16
'NCOPP' Ô MUORTO SE CANTA 'O MISERERE.
Letteralmente: sul morto si piange il miserere Id est: non bisogna precorrere
i tempi, in ispece quelli delle lamentazioni che allora son lecite quando ci
si trovi davanti al fatto compiuto di un danno patito, mai prima.
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17
BBUONO PE SCERIÀ 'A RAMMA.
Letteralmente: buono per pulire le stoviglie di rame. Cosí in modo quasi
rabbioso viene definito un frutto cosí aspro di sapore da non essere edibile,
ma che può solo servire alla pulizia delle pentole di rame. Un tempo, quando
non esistevano acciai inossidabili o allumini leggeri, le pentole erano in
rame opportunamente ricoperte di stagno; per la loro pulizia e lucidatura ci
si serviva di pietra pomice, arena 'e vitrera (sabbia da vetraio ricca di
silice), e limoni con i quali si soffregavano le pentole fino a detergerle e
addirittura farle luccicare. Per traslato, la locuzione in epigrafe si
attaglia anche a chi è di carattere cosí aspro e spigoloso da non consentire
ad alcuno di avervi rapporti.
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18 ESSERE 'NU CASATIELLO CU LL'UVA PASSA.
Letteralmente: essere (simile ad) una caratteristica
torta dolce pasquale ripiena d'uva passita. Id est: essere una persona greve,
fastidiosa, indigesta, noiosa quasi come la torta menzionata già greve di suo
per avere tra i suoi ingredienti
numerosissime uova e pinoli,
tutte cose che ad alcuni risultano grevi ed indigesti,
resa meno digeribile dalla presenza dell'uva passita...
19 DDIO NE VO’ ‘O CORE.
Letteralmente Dio ne vuole il cuore; id
est: Dio ne desidera l’anima; détto di cosa o persona cosí malmessa, malridotta, consunta o
acciaccata da preconizzarsene
l’approssimarsi della fine cioè del momento di rendere (anche figuratamente)
l’anima al Creatore.
Brak
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