TENÉ ‘NCANNA e PPURTÀ ‘NCANNA
Anche questa volta faccio sèguito ad un
quesito rivoltomi dall’amico M.M. (al solito, motivi di riservatezza mi
impongono di riportar solo le iniziali
di nome e cognome di chi mi scrive per sollecitar ricerche) occupandomi delle
due espressioni partenopee in epigrafe
che ad un profano non meridionale parrebbero indicare la medesima azione, atteso
che qualche impreparato iconoclasta potrebbe rendere in italiano con un unico avere alla gola che non chiarirebbe nulla circa le
esatte valenze delle due espressioni che in realtà sono affatto diverse e sono
addirittura antitetica l’una dell’altra. Entro in medias res e preciso súbito che la napoletana tené
‘ncanna à da rendersi in italiano con un tenere alla gola, mentre l’espressione purtà ‘ncanna deve rendersi in italiano con un portare alla gola. Si tratta cioè di due cose molto
diverse e qui di sèguito preciso. Con la prima espressione, tené ‘ncanna costruita con
il verbo tenere mantenere, reggere,serrare, stringere si connota un’azione
sgradevole, quasi súbita, sopportata facendosi riferimento a qualcosa e/o qualcuno che molto
poco amabilmente ci serri, ci stringa
alla gola quasi come una corda, un cappio cosa cioè tutt’altro che piacevole.
Al contrario con l’espressione purtà
‘ncanna costruita con il verbo portare,
reggere, sorreggere, sostenere, supportare,avere si connota un’azione gradevole, non tollerata, ma quasi cercata,voluta e di
cui si è contenti facendosi riferimento a qualcosa e/o qualcuno che gradevolmente
si porti, si regga, figuratamente sospeso al collo e o gola a mo’ di prezioso monile. Si tratta, ripeto di due cose molto diverse di cui la prima
rappresenta un tedio, un fastidio, mentre la seconda rappresenta un piacere,un
diletto. Esaminiamo le parole; il verbo napoletano tené/tènere [che è dal
lat. Lat. teníre, corradicale di tendere 'tendere'] à all’incirca
i medesimi significati del verbo avere e cioè1 possedere beni materiali, o anche doti morali,
attributi, qualità, titoli e sim.; usato assol., essere ricco in senso
materiale: tené ddoje case, pochi sorde, tanti libbre; tené ‘na bbella voce, coraggio,
bbuonu core; tené n'inteliggenza pronta; tené fortuna; tené ‘na laurea; tené
‘na famiglia ca tene assaje )avere due case, pochi soldi, tanti
libri; avere una bella voce, coraggio, buon cuore; avere
un'intelligenza pronta; avere fortuna; avere una laurea; una
famiglia che possiede molto)
unito ad un compl. oggetto che esprime
un'estensione determinata di tempo, indica età, anzianità, oppure stabilisce
quanto manca a una scadenza, al verificarsi di un evento: mia figlia tene
sidice anne; tengo ancora ‘na
semmana ‘e ferie; tene sulo pochi
juorne ‘e vita (mia figlia à sedici anni; o ancora una settimana
di vacanze; à solo pochi giorni di vita), è nato da pochi giorni, oppure gli restano pochi giorni da
vivere | se il compl. oggetto è riferito a persona, indica appartenenza
affettiva o anche possesso carnale: tene ‘nu
figlio e nun cerca ato; chill'ommo à tenuto paricchi ffemmene;
(à un figlio e non cerca altro; quell'uomo à avuto molte donne); in altri casi indica la relazione
che il nome stesso esprime: tene mugliera e ffiglie; tenimmo cierti
pariente a mMilano; tène ddoje secretarie e ‘nu sciafferre (à moglie e figli; abbiamo dei
parenti a Milano; à due segretarie e l'autista) | in loc. partic.:
tené coccosa ‘e quacchuno, ‘e coccosa (avere
qualcosa (molto) di qualcuno, di qualcosa), ricordarlo, rassomigliargli
un po' (molto);tené quacchuno dâ
parta soja (avere qualcuno dalla propria
parte), goderne gli appoggi, il favore; 2 quando la cosa o la persona
che appartiene è determinata predicativamente, piú che indicarne l'appartenenza
ne indica la particolare condizione o qualità: tene ‘e capille janche; tene ‘nu
frate cucino miedeco; tene ‘a machina ca nun riesce a ppartí(à i capelli bianchi; o un
cugino medico; à la macchina che non riesce a partire )' sono
assimilabili a quest'uso talune loc. partic.: tené caro quaccuno, coccosa(avere
caro qualcuno, qualcosa), esservi affezionato;tené pe ccerto coccosa
(avere per certo qualcosa), ritenerla certa, esserne sicuro | con
determinazioni di luogo, indica collocazione nello spazio:tenevo a ffràtemo
vicino;ténevemo n’albero annante;tene ‘nu nievo ‘nfaccia (avevo mio fratello
accanto; avevamo un albero davanti; à un neo sulla guancia)
3 tenere: tené coccosa ‘mmano, dint’â sacca; tene sempe ‘o cappiello ‘ncapa(avere qualcosa in mano,
in tasca; à sempre il cappello in testa)
4 contenere, comprendere:Roma tene cchiú ‘e tre meliune ‘e perzone; l’Itaglia tene vinte reggione (Roma
à piú di tre milioni di abitanti; l'Italia à venti regioni)
5 indossare, portare addosso: teneva ‘nu vestito assaje alicante(aveva
un abito molto elegante )
6 conseguire, ottenere; ricevere:nun aggiu tenuto nutizzie soje ‘a paricchio
( non o ricevuto notizie sue da tempo
7 acquistare, comperare; percepire, riscuotere,
ricavare:à tenuto chillu lietto ‘attone pe ppochi llire (à avuto quel letto
d’ottone per poche lire); ne tene sempe tanto ‘e chill’appartamento (ne ricava sempre tanto dal fitto di quell’appartamento)
8 sentire, provare; soffrire: tené simpatia pe quaccuno, tené ggenio ‘e
fà coccosa; tené famma, friddo; tené ‘nu pisemo ‘ncopp’ô stommaco(avere simpatia per qualcuno; avere voglia di
fare qualcosa; avere fame, freddo; avere un peso sullo stomaco)
9 in talune loc. il significato del verbo è precisato dal sostantivo che
lo segue;talora il sostantivo che determina il significato è introdotto da a
o in: tené a mmente (avere a
mente), ricordare; tené a ccore(avere a cuore), essere interessato;tené
‘ncapo (avere in animo), essere intenzionato
10 seguito da da (→’a)
ed un infinito, vale dovere: tengo ‘a faticà tutto ‘o juorno(o da lavorare
tutto il giorno);| il concetto di dovere è implicito in talune loc.
costituite da tenere e un sostantivo, che si riferiscono a un'azione che
si svolgerà nel futuro: tengo ll’esame (avere
gli esami), dover sostenerli;tengo ‘na riunione ‘e condominio (avere una
riunionecondominiale), dovere parteciparvi
11 costruito con da e il verbo all'infinito, puo anche esprimere
la possibilità di compiere un'azione:tené poco ‘a campà; nun tènere ‘a magnà (avere poco da vivere; non avere da
mangiare)
Quanto all’etimo il verbo avere deriva dal lat. àbere.
; a sua volta il verbo tenere (oltre le accezioni suddette) mantiene in napoletano,
con eccezione di quelle indicate in appresso
da 6 a 10 e quelle relative alla forma riflessiva, le medesime accezioni dell’italiano e cioè: 1 avere qualcosa
con sé e stringerla in modo da non lasciarla cadere o sfuggire; reggere: tenere
in mano un bastone (tené ‘nu bastone ‘mmano); tenere in braccio un bimbo(tené
‘nu criaturo ‘mbraccio); teneva un sacco sulle spalle(teneva ‘nu sacco
‘ncopp’ê spalle) | tenere il sacco a qualcuno (tené ‘o sacco a quaccheduno),
esserne complice | tenere l'anima con
i denti, (tené ll'anema cu ‘e diente,
(fig.) essere molto malato, stare per morire |
2 mantenere qualcosa o qualcuno in una posizione o in una condizione
particolare: tenere le mani in tasca, il cappotto abbottonato, il
cappello in testa; tenere la finestra aperta, i libri in ordine;
tenere bene i vestiti; tenere il vino al fresco; tenere una
vivanda in caldo | tenere stretto, stringere ' tenere qualcosa da conto,
conservarla con cura ' tenere qualcosa a mente, a memoria, ricordarla
| tenere una pratica sospesa, non evaderla | tenere qualcuno in sospeso,
non dargli una risposta definitiva | tenere d'occhio qualcuno, qualcosa,
sorvegliarlo | tenere le mani a posto, non percuotere, non toccare, non
infastidire | tenere la lingua a posto, non parlar male di o a qualcuno
| tenere qualcosa, qualcuno in pugno, (fig.) averlo in proprio
potere | tenere a bada qualcuno, dominarlo | tenere buono qualcuno,
mantenerselo amico per timore o per calcolo | tenere qualcuno informato,
al corrente, informarlo | tenere qualcuno come un cane, trattarlo
come un cane | tenere un piede in due staffe, (fig.) barcamenarsi
tra due situazioni che dovrebbero essere incompatibili, cercando di trarre profitto
da entrambe o di uscirne senza danno
3 mantenere: tenere una nota, (mus.) prolungarne il suono
con la voce o con uno strumento; tenere la destra (o la sinistra),
procedere lungo il lato destro (o sinistro) di una strada; tenere la rotta,
navigare mantenendo la rotta; tenere il mare, di nave, o anche di persona,
sopportare bene il mare mosso; l'automobile tiene bene la strada, non
sbanda; tenere il posto, occuparlo e conservarlo; tenere il filo del
discorso, non divagare | osservare: tenere una regola, la parola;
tenere fede a un giuramento; sai tenere un segreto? | tenere
le distanze, (fig.) trattare con distacco, far sentire a un inferiore
la differenza di grado
4 possedere: non tengo una
lira; tengo famiglia
5 conservare qualcosa in proprio possesso, nelle proprie mani, per sé;
avere: questo libro non mi serve piú, tienilo; tenere una baby-sitter,
averla alle proprie dipendenze | esercitare, gestire, amministrare: tenere
una carica pubblica; tenere una trattoria in centro, un banco lotto;
tenere il banco, nei giochi di carte, accettare le puntate degli altri
giocatori; tenere banco, (fig.) primeggiare in una conversazione
tra piú persone | (lett.) ottenere, raggiungere: e tiene un premio /
ch'era follia sperar (MANZONI Il cinque maggio)
6 trattenere: lo abbiamo tenuto a pranzo, a dormire da noi;
la malattia l'à tenuta a letto tre mesi | non lasciar sfuggire, non dare
sfogo; trattenere: tenere il pianto, il riso
7 occupare: le truppe sbarcate tenevano saldamente la spiaggia; il
quadro teneva tutta la parete | (poet.) dominare: Tien quelle
rive altissima quiete (LEOPARDI La vita solitaria 33)
8 contenere: il fiasco tiene due litri; la platea tiene ottocento
spettatori
9 stimare, giudicare: lo tenevo per un amico sincero; tenere
qualcuno in molto conto, in poca considerazione; tenere per fermo,
per certo qualcosa, esserne convinto | tenere qualcuno in conto, in
concetto di, considerare come: Dante teneva Virgilio in conto di maestro
10 organizzare, fare: tenere una conferenza, una lezione |
tenere consiglio con qualcuno, consigliarsi con lui | tenere compagnia a
qualcuno, passare del tempo insieme a qualcuno per distrarlo, per non farlo
annoiare ecc. ||| v. intr. [aus. avere]
1 di una chiusura, di un recipiente, non lasciar uscire il liquido: il
rubinetto, il serbatoio non tiene
2 resistere, far buona presa: la corda, i ganci tengono bene;
l'àncora tiene | detto di pianta, allignare: un terreno in cui l'olivo
non tiene | tenere duro, resistere a oltranza
3 tenere dietro, seguire (anche fig.): le sue lezioni sono
cosí difficili che gli allievi non gli tengono dietro
4 parteggiare: tenere dalla parte dei contribuenti | tenere
per, a una squadra, fare il tifo per essa
5 dare importanza a qualcosa o a qualcuno (usato anche con la particella
pron. intensiva): è uno che tiene alle apparenze; ci tengo molto che
tu superi gli esami
6 (non com.) assomigliare a qualcosa o a qualcuno: tiene dal
padre; un fenomeno che tiene del miracoloso ||| tenersi v.
rifl.
1 attaccarsi, aggrapparsi (spec. con le mani): tienti stretto al
manubrio
2 mantenersi in una data condizione o posizione; seguire una data direzione:
tenersi in piedi; tenersi pronto, aggiornato; tenersi a
destra, a galla | tenersi sulle sue, trattare gli altri con distacco;
non dare confidenza a nessuno | tenersi al vento, (mar.) procedere
con la nave tenuta il piú possibile sottovento; (fig.) mettersi dalla parte
del piú forte | tenersi al largo, (mar.) navigare tenendosi lontano
dalla costa | tenersi al largo da qualcuno, qualcosa, (fig.)
evitarlo prudentemente
3 trattenersi: mi tenni a stento dal ridere
4 stimarsi, giudicarsi: si tiene un grande uomo; si teneva onorato
dell'incarico | anche assol. : chi si tiene è tenuto
5 attenersi: tenersi ai patti, alle regole, alle
prescrizioni del medico; tenersi ai fatti, limitarsi all'esposizione
dei fatti, senza aggiungere opinioni personali ||| v. rifl. rec. tenersi
l'un l'altro: si tenevano per mano.
In particolare il napoletano à alcune frasi tipiche costruite con il verbo tenere:
1)tené a stecchetto= mantenere in economia forzata di cibo, di beni e quant’altro – lesinare; l’espressione prende il via dal modo parsimonioso con cui venivano cibati gli uccellini, imbeccati di piccolissime quantità di cibo mantenuti sull’estremità d’uno stecchetto di legno;
stecchetto s. m. = piccola assicella di legno; etimologicamente si tratta del diminutivo maschile (vedi il suff. etto) di stecco = ramoscello sfrondato e secco; bastoncino sottile e appuntito; (fig.) si dice pure di persona molto magra; la voce stecco è dal longobardo stek= bastone; rammento che in napoletano si registra pure la voce stecchetta di uguale significato ed etimo, ma diminutivo femminile (vedi il suff. etta) di stecco riferito ad un ramoscello sfrondato e secco, ad bastoncino sottile e appuntito leggermente piú grosso di un eventuale stecchetto, secondo il noto criterio che in napoletano si considera femminile un oggetto piú grande del corrispondente maschile (es.: tammurro piú piccolo - tammorra piú grande, tino piú piccolo - tina piú grande, carretto piú piccolo – carretta piú grande, cucchiaro piú piccolo - cucchiara piú grande etc.; fanno eccezione tiano piú grande - tiana piú piccola, caccavo piú grande - caccavella piú piccola. ).
2)tené ‘mmano nell’esortazione tiene ‘mmano!= aspetta, non precipitare nell’azione quasi che l’azione che si stia per eseguire, possa esser cosa da trattenere con le mani;
3)tené mente nell’esortazione di tono dispiaciuto rivolta a qualcuno da cui si chieda o ci si attenda una compartecipazione emotiva: tiene mente!=poni mente, osserva, guarda un po’cio che succede!; ben diversa la successiva espressione che recita
4)tené a mmente nell’esortazione tiene a mmente!=ricorda esattamente (cio che dico/cio che avviene), non dimenticartene: un giorno potrei chiamarti a testimone di tutto cio che sto dicendo o che sta accadendo.
Rammento infine che con il part. presente agg.le plur. di tené e cioè con teniente plur. di tenente = tenente,anzi con l’iterativo teniente,teniente ci si riferisce al modo di cottura della pasta che occorre far lessare brevemente, senza che si disfaccia e nell’iterazione quasi superlativa teniente teniente vale molto pronti, quasi duretti come cosa che abbia tenuto la cottura evitando di ammollarsi eccessivamente; letteralmente tenente e teniente sono, come o detto, il participio presente del verbo tené (tenere) che, ripeto, è dal latino teníre, corradicale di tendere 'tendere'.
E veniamo al verbo
purtà//purtare
v. tr. [lat. pŏrtare]
1.
a.
Reggere, sostenere su di sé un oggetto (o un peso qualsiasi), di solito mentre
si compie un movimento, e quindi spostando o trasferendo l’oggetto stesso da
luogo a luogo: portare un pacco, un fagotto,
un ombrello, una valigia,
un vassoio; portare un fascio di legna; portare
una sedia; determinando il modo: portare uno zaino sulla
schiena; portare un bambino in braccio, in collo, a cavalluccio
(in partic.: portare in seno, in grembo,
detto della madre durante la gestazione); portare una borsa a tracolla; portare il fucile ad
armacollo; portare una cartella sotto il braccio; determinando il
luogo dove l’oggetto viene spostato o depositato: portare
le valigie alla stazione, la damigiana in cantina, un libro in biblioteca, un cappotto in lavanderia, i quadri dal corniciaio; portare in tavola,
servire le vivande, le varie portate; farsi portare
la colazione a letto; si è portata a casa una bella coppa;
determinando la persona alla quale l’oggetto è consegnato: portami il cappotto; porta
una sedia per la signora; in trattorie: mi
porti una bistecca, il conto,
la lista dei vini; con riferimento a veicoli: la nave portava un carico di scorie radioattive;
gli aerei che portano i pellegrini alla Mecca;
con riferimento ad animali da soma: solo un mulo puo
portare un simile peso su per un sentiero cosí aspro. Locuzioni
partic.: portare qualcuno in trionfo, sollevarlo in alto sulle
braccia, per festeggiarlo, spec. dopo una vittoria sportiva; portare un cero alla Madonna,
a s. Antonio,
portarlo in chiesa, come offerta alla Madonna, a s. Antonio (anche fig., per
significare che si è avuta una grande fortuna, o che si è scampati a un
pericolo). In frasi proverbiali: portare legna al bosco, acqua
al mare, vasi a Samo,
nottole ad Atene, cavoli
a Legnaia, e sim., fare cose completamente inutili o superflue.
b.
Recapitare, consegnare, recare (in questo caso si attenua l’accezione del
sostenere, mentre prevale quella del movimento): il
fattorino à portato questo telegramma; ànno
portato un regalo, dei fiori;
portare in dono, in dote, in omaggio;
porta a casa tutto lo stipendio senza tenere niente per sé;
anche accostare, avvicinare: portare il cibo alla bocca; si
porto la mano alla fronte. In usi fig., con sost. astratti: portare una notizia,
un ordine, un messaggio;
portatemi presto una risposta; ti prego di portargli i miei saluti; portare aiuto, soccorso; portare guerra, farla, dichiararla; portare qualcosa a conoscenza
di qualcuno, fargliela sapere.
c.
Prendere con sé (non necessariamente addosso), per bisogno o comodità, spec.
quando si viaggia, ci si trasferisce, si esce di casa: sarà meglio portare l’ombrello;
ti sei portato da (o il)
mangiare?; quando parto con
l’aereo, porto con me solo una
piccola borsa da viaggio; è vietato portare
armi.
d.
Talora manca l’accezione del movimento, e si à solo quella del reggere, del
sostenere, o dell’avere su di sé: lo stelo porta il
fiore; l’asta che porta la bandiera; le travi portano il tetto; la colonna porta il capitello. Nella scherma, portare il ferro,
impugnare bene, tenere saldamente l’arma in pugno, in modo da poterla dirigere
al bersaglio nel modo voluto (di taglio, di punta, ecc.). Anche, avere la
capacità potenziale di sostenere, di reggere un determinato carico: riesce a portare sulle
spalle con facilità una cassa pesante 100 chili; un camion che porta 50 quintali; una nave che porta 20.000 tonnellate; questa bilancia porta fino a 10 kg, à la portata
massima di 10 kg (v. portata); con riferimento alla
disponibilità di posti in un veicolo: l’aereo porta 300
passeggeri; un’automobile che
porta 5 persone al massimo. In partic., e per lo piú con valore
estens., di parti del vestiario o d’altre cose che si mettono addosso: porta sempre abiti molto eleganti; non porto mai il cappello; continua a portare una
pelliccia passata di moda; porta la divisa solo
quando è in servizio; portare la camicia sbottonata; portare il lutto,
essere vestito a lutto; e con sign. piú prossimo a «tenere temporaneamente» o
«usare abitualmente»: portare i capelli lunghi, portare
la barba, i baffi, le trecce; portare gli occhiali, le lenti a contatto,
la parrucca. Fig., scherz.: portare i pantaloni
(o i calzoni), detto di chi comanda, di chi svolge
compiti tradizionalmente solo maschili: in quella casa è la
moglie che porta i pantaloni!; ài capito chi è che
porta i calzoni in casa loro?
2.
Usi fig., connessi col sign. fondamentale:
a.
Detto di parti del corpo, tenerle in una determinata posizione, in un
determinato atteggiamento: portare il braccio al collo; portare
il busto eretto, la
schiena curva; portare la testa, la fronte alta.
b.
Con senso affine ad avere (a cui si affianca in qualche caso anche quello di
mostrare), in determinati casi: portare un nome celebre, illustre;
l’opera porta il nome di tutti e due gli autori;
l’articolo porta la firma del direttore del giornale;
la lettera non porta la data; nell’incidente si è ferito al viso, e ne porta ancora i segni; che sia un uomo volgare, lo porta scritto in fronte.
c.
Detto di sentimenti, provare, nutrire: portare amore, odio, rancore a qualcuno; te
lo prometto per l’affetto che ti porto; dopo
tanto tempo mi porta ancora il broncio; cerca
di portare pazienza ancora per
qualche giorno; portare rispetto alla vecchiaia; non porta rispetto a nessuno. Solo ant. in altre
espressioni: portare dolore, soffrire; portare
opinione, credere; portare
ferma credenza, essere fermamente convinto; portare fede,
mantenerla, essere fedele: Fede portai al
glorïoso offizio (Dante). Sempre di sentimenti, o di atteggiamenti
dell’animo, ma con sign. piú immediatamente vicino a quello fondamentale del
verbo: portare chiuso in cuore un segreto, un dolore, un dubbio,
serbarlo segretamente nel proprio intimo.
d.
Sopportare: portare con dignità il proprio lutto, le proprie disgrazie; lui fa i suoi comodi, e io ne porto le conseguenze. Nell’uso ant.: portare le ingiurie;
portare pazientemente i mali;
portare la povertà,
le malattie (dove oggi si direbbe solo sopportare, sostenere,
e sim.). Analogam., e piú com.: portare bene il vino, l’alcol,
berne in quantità senza ubriacarsi; portare bene, male gli anni,
l’età, mantenersi bene in rapporto alla propria
età, dimostrare meno o piú anni di quelli che si ànno; fig., portare la propria croce,
sopportare una disgrazia, un dolore; prov., ambasciator non porta
pena, chi è incaricato di recare un’ambasciata non è responsabile
del contenuto di questa.
e.
Sostenere, favorire, appoggiare: portare un candidato o portare
la candidatura di qualcuno; à fatto una carriera brillante perché era portato dal
direttore. Con sign. analoghi, ma con traslati diversi: portare qualcuno alle stelle,
esaltarlo con parole di grande ammirazione; portare in palma di mano, tenere in alta considerazione.
3.
Per l’ampiezza delle sue accezioni, è molto frequente l’uso di portare in luogo di altri verbi, piú appropriati
ma meno comuni:
a.
Col sign. di condurre: portare i bambini al circo;
portare il cane a spasso;
mi à portato a cena in un nuovo ristorante; l’ànno portato in prigione; se non migliora lo porteranno all’ospedale. Di
strade, far arrivare in un luogo: tutte le strade
portano a Roma (per lo piú fig.: lo stesso scopo si puo raggiungere
con metodi diversi); questo viale porta
direttamente in centro. Con sign. affine, far venire, far arrivare,
prolungare fino a un determinato punto: ànno portato il gas
metano anche nel centro della città; forse
porteranno la ferrovia fino al nostro paese; fig. e scherz.: qual buon vento ti porta?, modo di esprimere
meraviglia per una visita inaspettata ma gradita; fig.: portare l’acqua al proprio
mulino, cercar di fare il proprio interesse; portare a maturazione,
a compimento, a conclusione
qualcosa, fare in modo che qualcosa giunga ai risultati che si
erano prefissati.
b.
Trasportare, trascinare, detto spec. di acqua, di elementi naturali: la forza della corrente lo à portato lontano; i fiumi portano le loro acque al mare; il fiume in piena portava con sé detriti d’ogni genere;
andiamo dove ci porta la corrente (anche in
senso fig.); le foglie portate dal vento volavano
nell’aria; fig.: le tue promesse se
l’è portate il vento, si sono dissolte, non sono state mantenute.
c.
Guidare, detto di veicoli: portare bene, male la macchina;
ò fatto un corso di vela, ma da solo non so portare la barca; non sono capace di
portare il motorino; portare la nave in porto
(e, fig., portare in porto un affare, una
faccenda, le trattative,
condurle a termine, a buon esito). Sempre col senso di guidare, si dice anche
(e spesso usato assol.), nel ballo in coppia, di quello fra i due ballerini, di
norma il cavaliere, che guida l’altro, che à cioè l’iniziativa dei passi e dei
movimenti.
d.
Addurre: portare nuovi argomenti nella discussione; portare la testimonianza di
qualcuno; portami le prove,
se vuoi che ti creda; ti portero un altro esempio; voglio portarti un paragone; dopo essersi comportato male à portato delle scuse ridicole.
e. come nel caso che ci occupa indossare,calzare,
avere su di sé, agghindarsi con. purtava ‘e guante e ‘nu paro ‘e scarpe
jalizze;purtava ‘nu paro ‘e ricchine ‘e curallo (indossava i guanti ed un paio di scarpe gialle;aveva un paio di orecchini in corallo)
f.
Spingere, indurre: tutto porta a sperar bene; le cose détte portano ad un’unica conclusione; cio mi porta a crederti, a darti piena fiducia; è stata la disperazione a portarlo a quel gesto;
solo l’affetto mi porta a dirti queste cose.
f.
Avere come conseguenza, implicare: la concorrenza porta
un livellamento dei prezzi; questo fatto porterà
delle conseguenze; la natura,
almeno quella degli uomini, porta che vita e infelicità non si possono scompagnare
(Leopardi); non com. nel sign. di esigere, richiedere: bisogna vestire come porta la stagione.
g.
Produrre: ogni albero porta i suoi frutti;
e fig.: i miei sacrifici ànno portato i loro
frutti; ecco i bei frutti che à portato la tua
pigrizia. Anche, far produrre, far nascere, recare con sé: l’inverno ci porta arance e mandarini; la primavera ci à portato belle giornate; la vecchiaia porta molti disagi; la notte porta consiglio; portare la discordia in un
luogo; portare gloria, onore; portare danno, rovina; portare fortuna, sfortuna,
disgrazia; fam., portare
bene, portare male. Talvolta anche preannunciare: vento, nubi che portano
pioggia.
h.
Nelle operazioni aritmetiche, lo stesso che riportare,
fare un riporto: 7 piú 6 fa 13, scrivo il 3 e porto
l’1, ecc.
4.
Con avverbî: portare avanti, far avanzare, far progredire, svolgere: portare avanti un’azione,
un’iniziativa, un
discorso; portare
(o tirare) in lungo,
protrarre, prolungare, differire: portare in lungo un lavoro, una
ricerca, una questione;
portare in alto,
sollevare: portate le braccia in alto e respirate
profondamente (anche fig.: l’ambizione lo porterà
molto in alto); portare su, far crescere, aumentare: il freddo à portato su i prezzi della verdura; portare via,
togliere da un luogo per trasportare altrove: me
ne sono andato portando via tutta la mia roba; anche strappare,
rubare, sottrarre: il vento mi à portato via la sciarpa;
gli ànno portato via il portafogli mentre era sull’autobus;
portare via il posto a
qualcuno; detto di persona, allontanarla, catturarla o farla
morire: non si voleva staccare di lí, e dovettero portarla via a forza; i carabinieri l’ànno portato via; una polmonite lo porto via in pochi giorni. Con
altro sign. l’espressione a portar via,
lo stesso che da asporto . Con lo stesso
senso di portar via, anche senza l’avv.
(e piú spesso nella forma rinforzata portarsi):
che il diavolo ti porti!, che il diavolo se lo porti!, come esclamazioni
di ira, di insofferenza e sim.
5.
In marina, usato assol., si dice che le vele portano
quando prendono bene il vento, quando cioè sono investite dal vento sulla
superficie volta verso poppa; quindi, far portare
le vele, orientare le vele o manovrare in modo
che il vento agisca favorevolmente; donde la locuz. avere
le vele in portare, il cui opposto è avere
le vele a collo.
6.
intr. pron.:
a.
Andare, recarsi: portarsi sul luogo del disastro,
della sciagura; l’ispettore
si porto sul luogo del delitto; spesso esprime anche l’idea dello
sforzo, della fatica sopportata per raggiungere una meta: strisciando sul pavimento riuscí a portarsi fino alla porta
e a chiamare aiuto; si porto a fatica fin
sulla soglia. Talvolta significa piuttosto presentarsi: portarsi candidato in un collegio. Di veicolo o
d’imbarcazione, spostarsi: portarsi piú a destra,
portarsi verso il centro della strada, verso il marciapiede; portarsi di prua, di
poppa, di traverso, sopravvento, sottovento,
manovrare con la nave in modo da disporla in tale posizione.
b.
Comportarsi, agire: si è portato molto bene nei miei confronti;
questo non è il modo di portarsi in pubblico; portarsi onestamente, correttamente, con
signorilità, da gentiluomo,
da mascalzone; diede
qualche avvertimento alle donne, sul modo di portarsi
con la signora (Manzoni).
c.
Stare, nel senso di essere in determinate condizioni fisiche: si porta bene, per
gli anni che à; raro e solo ant. portarsi male.
◆ Per gli usi proprî del part. pres. portante,
come agg. e sost. e del part. pass. portato, come agg. e s.
m., v. alle singole voci.
E veniamo infine a
‘ncanna= in gola espressione usata sia in senso reale come nel caso di funa ‘ncanna= corda alla gola – annuzzà ‘ncanna= soffocare per non riuscire a deglutire un boccone di cibo finito per traverso oppure in senso figurato come nel caso che ci occupa, oppure in senso metaforico restà ‘ncanna= restare in gola détto di cio a cui non si è pervenuti e/o non si sia potuto conseguire; ‘ncanna è: in+canna→(i)ncanna→’ncanna; (canna deriva dal latino/greco kanna e questo dal semitico qaneh) dove ovviamente con canna si intende il canale della gola); l’altra voce usata per indicare propriamente il canale della gola, il gorgozzúle (dall'ant. gorgozzo o gorgozza, che è dal lat. volg. *gurgutiam, per il class. gurges -gitis 'gola’) è cannarone palesemente accrescitivo della pregressa canna; cannarone tuttavia non dovrebbe indicare la trachea (dal lat. tardo trachia(m), dal gr. trachêia (artíría), propr. '(arteria) ruvida', f. sost. dell'agg. trachys 'ruvido', perché al tatto risultano sensibili i passaggi fra un anello cartilagineo e l'altro) che è poi l’organo dell'apparato respiratorio a forma di tubo, costituito da una serie di anelli cartilaginei, compreso fra la laringe e i bronchi, organo cui si fa riferimento con il napoletano canna; cannarone è usato infatti soprattutto nelle espressioni in cui occorra sottolineare una pretesa vastità del tratto del tubo digerente che va dalla faringe allo stomaco, cioè dell’esofago (dal gr. oisophágos, comp. di óisein 'portare, trasportare' e pàghêin 'mangiare') di chi ingurgiti molto cibo e lo faccia voracemente; possiamo percio dire che in napoletano – contrariamente da cio che ritengono i piú avvezzi a far d’ogni erba un fascio, la voce canna corrisponde alla trachea mentre il cannarone è l’esofago.
A margine rammentero che nell’uso del parlato soprattutto provinciale e/o dell’entroterra accanto al termine cannarone ne esistono altri due da esso derivati e che ne sono una sorta di dispregiativo e sono: cannaruozzo e cannaruozzolo; il suffisso ozzo/uozzo di matrice tardo latino volgare fu usato per indicare (cfr. Rohlfs G.S.D.L.I.E S.D. sub 1040 )qualcosa di rozzo, grossolano, contadinesco e dunque di pertinenza di voci dispregiative; tuttavia nel caso di cannaruozzolo ci troviamo in presenza di una sorta di divertente ossimoro determinato dall’aggiunta d’un suffisso diminutivo olus→olo ad un termine accrescitivo e dispregiativo come cannaruozzo (che in origine è cannar(one)+uozzo).
Non mi pare ci sia altro da aggiungere per cui mi fermo qui, sperando d’avere accontentato l’amico M.M. ed interessato qualcun altro dei miei ventiquattro lettori e chi forte dovesse imbattersi in queste paginette. Satis est.
Raffaele Bracale
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