‘NZUVARATO, ‘NZUARATO
Le voci in epigrafe sono morfologicamente due forme leggermente
diverse di un unico part. passato del verbo ‘nzuvarà/’nzuarà
= allappare, allegare i denti (riferito a della frutta( e su tutta rammenterò il cachi)
che non avendo raggiunto la dovuta maturità, risulti alla masticazione aspro e
legnoso tale appunto da allappare,
allegare i denti; da notare che stranamente
le voci in epigrafe pur essendo un participio passato, si traducono come se si
trattasse di un participio presente per cui ‘nzuvarato,
‘nzuarato si rendono non (come sarebbe corretto) con allappato,
allegato ma con allappante, allegante i denti, mentre in senso traslato valgono che rende trascurabile cosa che semanticamente si spiega con il
fatto che un frutto non maturo poco si presta ad esser gustato rendendosi cosí
quasi inavvertibile, trascurabile da parte di chi evita di mangiarne.
E passiamo alla questione morfologica ed etimologica.
Comincerò col dire che due dei piú consultati calepini della
parlata napoletana ( il D’Ascoli e l’ Altamura) stranamente (che si siano
copiati pedissequamente l’un l’altro?...) accanto alle corrette voci in epigrafe, elencano uno scorretto e –
reputo - inesistente infinito ‘nzuvarí/‘nzuarí donde deriverebbero (che pretese!) nzuvarato, ‘nzuarato laddove chi appena
appena mastichi di idioma napoletano può cogliere l’incongruenza di voler ottenere un participio passato in ato da
un verbo della terza coniugazione cioè in ire che
al massimo avrebbe potuto generare
nzuvarito, ‘nzuarito, non certamente nzuvarato,
‘nzuarato che son figli dell’infinito ‘nzuvarà/‘nzuarà della 1°
coniugazione.
Quanto all’etimologia una comune corrente di pensiero (cui peraltro aderí un tempo il D’Ascoli (parce sepulto!) ed oggi pure
l’amico prof. Carlo Iandolo) parla di una derivazione dal lat.in (illativo) + suber = sughero,
arzigogolando che un sughero addendato produca sui denti e tutta la bocca una
sensazione spiacevole, tal quale quella che produce un frutto non maturo se
addentato. Mi spiace per l’amico Iandolo, ma la strada semantica che propone mi
pare impervia e perciò non percorribile (chi o perché mai dovrebbe addentare (per assaporarlo) un sughero?); reputo che sia piú corretto e semanticamente vicino
al vero pensare per ‘nzuvarà/‘nzuarà,
una derivazione dal lat.in (illativo) + una lettura metatetica di sorbum = sorbo il cui frutto sorba raccolta ancòra acerba è messa a
maturare su di un letto di paglia e qualora questo frutto venga addentato prima
della dovuta maturazione risulta (questo sí!) allappante ed allegante denti e
bocca. Ò comunicato, per le vie brevi, all’amico Iandolo questa mia ipotesi e
l’à riconosciuta piú corretta e semanticamente vicina al vero di quella sposata
oggi da lui ed un tempo dal D’Ascoli.
Un ultima precisazione; mi si chiede quale delle due voci in
epigrafe sia la piú corretta; dirò che nel linguaggio popolare sono usatissime
ambedue, epperò la prima: ‘nzuvarato la
si ritrova maggiormente nello scritto e
mi appare quella morfologicamente piú rispondente all’etimo (sia pure con la
tipica alternanza partenopea b/v) , laddove la seconda: ‘nzuarato è dell’àmbito del parlato con
sincope della v ritenuta pleonastica e retaggio forse di un’antica epentesi
eufonica.
raffaele
bracale
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