RIMPROVERO & dintorni
Questa volta raccolgo la sfida del mio caro amico N.C.(i
consueti problemi di riservatezza mi costringono ad indicare solo le iniziali
di nome e cognome) che,memore ch’io abbia piú volte affermato che il napoletano
sia piú preciso e circostanziato dell’italiamo, mi à sollecitato a parlare
delle eventuali voci del napoletano che rendano quella italiana dell’epigrafe.
Il caro amico – come diciamo dalle mie parti -
m’ à rattato addó me prore
(letteralmente: mi à grattato dove mi prude, id est: mi à sollecitato sul
mio terreno preferito) per cui raccolgo il guanto di sfida cominciando, come è
mio solito, con l’esaminare dapprima le
voci dell’italiano:
rimprovero s.vo m.le
d’uso generico
indistinta voce che
non à alcun riferimento all’intensità emotiva delle azioni espresse, usata per indicare le parole o gli atti di
biasimo blandi o energici rivolti a chi abbia commesso un errore; è voce deverbale comp. di ri-
ed un derivato del lat. tardo improperare
richiamo s.vo m.le d’uso
generico come sinonimo della precedente, ma dai numerosi significati:
L’azione
di richiamare, il fatto di venire richiamato, e il modo con il quale si
effettuano. In partic.: 1.
a.
L’azione di chiamare e il fatto di essere chiamato nuovamente: r. in servizio (per es., di
un impiegato o funzionario già collocato a riposo); r. alle
armi, la chiamata in servizio del militare in congedo (avviso, ordine di r. alle armi; è stato disposto il r. di alcune classi). b. Invito oppure
ordine di fare ritorno, di rientrare: r.
del proprio rappresentante;
r. dell’ispettore da una missione;
r. di un ambasciatore, di un agente diplomatico,
come atto disposto dallo stato inviante per cause varie, ma indipendenti dai
rapporti con l’altro stato; r.
di una divisione dal fronte;
r. dall’esilio. c. (ed è il caso che ci occupa) Invito, sollecitazione a
ritornare a un determinato atteggiamento o modo di comportarsi: r. alla realtà, da uno stato
di illusione, di sogno; r.
all’ordine, al dovere, alla disciplina. Quindi,
con uso assol., avvertimento che costituisce un rimprovero, riprensione: il r. del capufficio lo lasciò indifferente;
nonostante i continui r.
dell’insegnante,
seguitò a non studiare.
d.
Richiesta di riconsegna, di restituzione, di rinvio: r. di effetti, nel linguaggio
bancario, l’ordine che un cliente dà a una banca di restituirgli l’effetto
rimesso precedentemente per l’incasso; r.
di decimi, nelle
società per azioni, l’invito della società ai proprietarî di azioni non ancora
interamente pagate di versare i decimi ancora dovuti. e. In medicina, iniezione di r., o assol. richiamo, la
reinoculazione; anche questa è una voce deverbale comp. di ri- ed
un derivato di chiamare dal lat. clamare
rimbrotto s.vo m.le
disusato, un tempo generico sinonimo delle precedenti l’atto del redarguire, rimprovero, riprensione
anche questa è una
voce deverbale di rimbrottare che è
voce comp. da re-
probitare letto nella forma contratta re-prob’tare→reprottare
con assimilazione regressiva b→t e
successiva epentesi eufonica di una emme che
forní remprottare donde remprotto ed infine rimbrotto
sgridata, s.vo f.le d’uso
familiare, generico sinonimo delle
precedenti l’atto dello sgridare, del
redarguire, rimprovero, riprensione;
anche questa è
una voce deverbale di sgridare che è
voce comp. da s-gridare
che è molto probabilmente dal lat. quiritare, propr. 'chiamare in
aiuto i Quiriti' e quindi 'gridare al soccorso', o, meno probabilmente e morfologicamente
improbabile da un quirritare 'grugnire', di orig. onomatopeica.
Come abbiamo visto, tutte le voci dell’italiano sono
prossoché dei generici sinonimi; ben
diversa cosa càpita con le voci del napoletano ognuna delle quali à un ben
determinato e circostanziato campo di applicazione in quanto voci molto piú
precise ed appropriate con riferimento a quella che chiamerò intensità
espressiva.
Ed eccole queste voci
del napoletano, che eviterò di indicare in ordine alfabetico, ma riporterò nell’ordine crescente della intensità
espressiva:
levata s.vo f.le contenuta sgridata, paternale con finalità
educative. Si tratta d’un’ antica e desueta voce derivata quale deverbale di levare= togliere, sottrarre con
riferimento semantico al fatto che il genitore che di solito provvedeva a
sgridare i figlioli cui era destinata la levata,l’accompagnava con la
limitazione del godimento di liberalità che, per punizione di eventuali
marachelle, bricconate, ragazzate, non
venivano piú concesse. Rammenterò che la voce ormai non piú usata fu già
temporibus illis (dopo l’invasione dei soldati sabaudi) sostituita sulla bocca del popolo basso (che
non ne intendeva bene il significato semantico) fu sostituita con l’assonante lavata (‘e capa) che naturalmente non era autenticamente napoletana in quanto
mutuata dalla lavata di capo della
lingua italiana.
Lengorïata s.vo f.le piú ampia
sgridata,estesa rampogna, durevole strigliata, verbosa paternale con finalità educative. Si
tratta d’un’ antica e desueta voce derivata dal s.vo lenga/lengua con riferimento semantico alla lunga articolazione
della lingua di chi procedesse a tale ampia
sgridata,estesa rampogna, durevole strigliata, verbosa paternale.
‘ntemmerata s.vo f.le ampissima, per tempo e modi, sgridata,estesissima rampogna, durevolissima strigliata, lunghissimo rimbrotto
accompagnato da urli e strilli e da un
tono di voce al di sopra dei righi; voce derivata dalle parole iniziali di una
lunga orazione lat. alla Madonna, del sec. XIV.
renfaccio s.vo m.le duro,
severo rimprovero, forte sgridata,
rabbuffo
molto aspro, fatto con intonazione sdegnata o
con parole minacciose; voce desueta un tempo di competenza di genitori o
superiori, usata nei confronti di figlioli riottosi indocili, ribelli, o di
sottoposti indisciplinati, insubordinati; voce deverbale di rinfacciare derivato di faccia (dal lat. volg. *facia(m),
per il class. facíe(m) 'forma esteriore, aspetto, faccia',) con il
prefisso iterativo rin.
repulone s.vo m.le durissimo,
severissimo rimprovero aspro e
risentito, accompagnato dall’uso delle mani per assestare al malcapitato cui è
diretto il repulone, spinte e/o scrollate o scotimenti, scosse, botte, colpi,
urti per indurlo a far tesoro della rampogna ricevuta; voce derivata dallo
spagnolo repelón (corsa impetuosa di
cavallo, tirata di capelli).
cancarïata s.vo f.le la piú ampia
sgridata, la piú estesa rampogna possibile , strapazzata brusca se non
violenta, insistente e continuata , con cui si biasima il
comportamento di qualcuno o gli si rinfaccia inettitudine e/o manchevolezze
redarguendolo a piú non posso; si tratta etimologicamente di voce deverbale di cancarïà (rimproverare, sgridare ma
anche divorare, mangiare avidamente) che qualcuno (D’Ascoli) ipotizzano da un
lat. reg. cumgridiāre frequentativo
di gridāre ,mentre la maggior parte
degli addetti ai lavori si trincera dietro un pilatesco etimo ignoto che – al
solito – mi procura attacchi d’orticaria. Ora a mio avviso, posto che la
proposta del D’Ascoli – quantunque semanticamente non faccia una grinza, la
vedo morfologicamente difficilmente perseguibile, si devono tentare altre
strade etimologiche e penso che il verbo cancarïà
(donde è derivato il s.vo a margine in esame) il verbo cancarïà possa essere a sua volta un denominale del s.vo gangaro→cancaro (derivato dal lat.
mediev. gangamon,
gr. γάγγαμον):
attrezzo da pesca formato da due semicerchi di ferro, del diametro da
uno a due metri, che si uniscono ad angolo retto e ai quali si applica una
robusta rete a forma di sacco della lunghezza di 2-3 metri; è rimorchiato da un
battello mediante due lunghi cavi sui fondi sabbiosi per la pesca di piccoli
pesci, di molluschi, crostacei, vermi ed echinodermi; semanticamente la
faccenda si spiegherebbe con il fatto che come il gangaro→cancaro
à la funzione di ridurre all’obbedienza ed in cattività piccoli pesci,
molluschi, crostacei, vermi etc., cosí la cancariata à la funzione di biasimare
il comportamento di qualcuno affinché receda da inettitudine e/o manchevolezze
e si ravveda; morfologicamente poi non ci sarebbero grossi problemi atteso che
spesso nel napoletano si à la lenizione
di c in g e viceversa.
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