L’ACCENTO CIRCONFLESSO NELLA SCRIZIONE DELLA PARLATA
NAPOLETANA.
Mi è stato chiesto da un cortese amico (di cui per motivi di
riservatezza mi limito ad indicare le sole iniziali M.T.) mi è stato chiesto,
dicevo, di spender qualche parola per illustrare l’uso dell’accento
circonflesso nella scrizione della parlata napoletana. L’accontento súbito
chiarendo in primis ed in generale che
l’accento circonflesso (o semplicemente il circonflesso, s.vo m.le) è un segno grafico (rappresentato con la forma ^ e talora, nel
greco antico, ˜) indicante in origine quell’aspetto del tono, proprio del
greco, in cui all’ascesa della voce ne
segue la discesa, nella stessa vocale (sempre lunga) o dittongo. In francese,
il circonflesso è usato per ricordare una lettera caduta in una fase storica
precedente o per indicare il valore particolare di una vocale (âne, mûr, prêt).
In italiano, à funzioni puramente ortografiche e ormai di uso non assoluto; può essere
adoperato per indicare la contrazione in una sola -i del plur. dei nomi o agg.
in -io
atono (per es. oratorî pl. di oratòrio, varî pl. di vàrio, ecc., che si scrivono però anche oratorii
o oratòri
o semplicemente e sciattamente oratori, varii o vari,
ecc.), oppure per indicare altre
contrazioni della lingua ant. o poetica (per es. fûr = furono, tôrre = togliere,
côrre =
cogliere e sim.); più di rado per distinguere parole di uguale
grafia (per es. côrso «della Corsica», ma piú spesso còrso,
di fronte a corso/córso
part. pass. di correre). Tanto precisato passiamo al napoletano e diciamo
che in generale l’accento circonflesso
nella scrizione del napoletano va posto su qualsiasi vocale (â, ê,
î, ô, û) o semivocale (ĵ) per contrassegnare le forme contratte, che son tipiche del linguaggio poetico, dovute alla sincope di una sillaba per ragioni di metrica,
ma che vengono usate anche in prosa per indicare le crasi(scritture
contratte/fusioni) in voci verbali o le
crasi delle preposizioni articolate, nonché quelle in taluni aggettivi possessivi come
esemplificherò a seguire. Infine l’accento circonflesso è posto sulla vocale i→î quale
segno diacritico di voci omofone: es. sî=
sei [voce verbale] diverso e distinto da si = se,si’ = signor, sí
avverbio affermativo. E proseguiamo dicendo súbito che nel corretto napoletano
scritto la â corrisponde all’italiano alla in quanto crasi (scrittura
contratta/fusione) della preposizione a +
l’articolo ‘a mentre l’ ô corrisponde all’italiano allo/al in quanto crasi (scrittura
contratta/fusione) della preposizione a + l’articolo ‘o ed infine l’ ê corrisponde all’italiano alle/ a gli/ai in quanto crasi
(scrittura contratta/fusione) della
preposizione a + l’articolo ‘e. Il fatto è che solo pochissimi poeti e/o
scrittori napoletani ànno o ebbero
dimestichezza con le crasi o si rifiutano/rifiutarono di usarle ritenendole
troppo eleganti, di competenza dei solo addetti ai lavori e/o poco popolari e
di difficile fruizione per il pubblico medio. A mio avviso è invece giusto ed opportuno che chi à qualche piccola competenza piú degli altri faccia proseliti, tirando le orecchie (se
occorre) anche a Di Giacomo, ad Eduardo
ed altri famosi, con buona pace di taluni intellettuali iconoclasti delle
regole grammaticali d’antan!
Rammento altresí che le crasi summenzionate â,ê,ô
vanno sempre usate non soltanto da sole
quali corrspondenti delle preposizioni articolate, ma nelle locuzioni
articolate formate con preposizioni improprie che ànno tutte una forma scissa, mantenendo
separati gli articoli dalle preposizioni e mentre nell’italiano s’usa far
seguire alla preposizione impropria il solo articolo, nel napoletano occorre
aggiungere alla preposizione impropria
non il solo articolo, ma la preposizione
articolata formata con la preposizione semplice a ( ad es. nell’italiano si à: sotto il tavolo, ma nel napoletano si
esige sotto al tavolo e ciò per
riprodurre correttamente il pensiero di chi mentalmente articola in napoletano e non in italiano [e ciò perché
chi scrive in napoletano, deve pensare in napoletano!]). Mi pare opportuno che
a questo punto mi soffermi sulle preposizioni articolate nel napoletano e
rammenti che anche nell’idioma napoletano c’è l’uso sia nel parlato che nello
scritto delle preposizioni articolate ovverossia di quelle preposizioni formate dall’unione
degli articoli determinativi sg. e pl.
con le preposizioni semplici (di, a, da, in, con, su, per, tra fra) o
dall’unione dei medesimi articoli con
quelle improprie (sotto, sopra, prima, dopo,dietro, davanti, insieme,vicino,
lontano etc.). Comincio súbito con il dire che nel napoletano, cosí come nell’italiano,
le locuzioni articolate formate con avverbi o preposizioni improprie ànno tutte una forma
scissa, mantenendo separati gli articoli dalle preposizioni e mentre
nell’italiano s’usa far seguire alla preposizione impropria il solo articolo,
nel napoletano occorre aggiungere alla
preposizione impropria non il
solo articolo, ma la preposizione articolata formata con la preposizione
semplice a ( ad es. nell’italiano si à: sotto
il tavolo, ma nel napoletano si esige sotto
al tavolo e ciò per riprodurre correttamente il
pensiero di chi mentalmente articola in
napoletano e non in italiano). Tanto premesso annoto altresí che mentre
in italiano la gran parte delle preposizioni articolate formate dall’unione
degli articoli sg. e pl. con le preposizioni semplici, ànno una forma
agglutinata, nel napoletano ciò non avviene che per una o due preposizioni
semplici, tutte le altre si rendono con la forma scissa mantenendo cioè
separati gli articoli dalle preposizioni.
Passiamo ad elencare dunque le preposizioni articolate cosí
come rese in italiano e poi in napoletano:
con la preposizione a in italiano si ànno al = a+il, allo/a= a+lo/la
alle = a+ le agli = a+ gli (ma è bruttissimo e personalmente non l’uso mai
preferendogli la forma scissa a gli!)
in napoletano si ànno le medesime preposizioni articolate formate dall’unione
degli articoli ‘o (lo/il), ‘a (la) ‘e (i/gli/le) con la preposizione a,ma
esistono nel napoletano due distinte morfologie delle preposizioni articolate
formate con la preposizione semplice a e gli articoli determinativi; la
prima morfologia è quella che fa ricorso alla crasi /unione che produce una
preposizione articolata di tipo
agglutinata resa graficamente con
particolari forme contratte: â
= a+ ‘a (a+ la), ô = a + ‘o (a+ il/lo), ê = a + ‘e (a + i/gli oppure a+ le)
da usarsi davanti a parole comincianti per consonanti, mentre davanti a parole
comincianti per vocali si fa ricorso ad una morfologia rigorosamente scissa e si usano a ll’
(= alla/allo/al/alle/a gli) ess.: â casa
= alla casa, ô puorto = al porto, ê scieme, ê sceme= a gli scemi/ alle sceme, ma a ll’ommo = all’ uomo, a
ll’anema = all’ anima a ll’uommene =
a gli uomini, a ll’ alimentari = alle
(scuole) elementari;
con la preposizione di in italiano si ànno del = di+il, dello/a= di+lo/la
delle = di+ le, degli = di+ gli; in napoletano le analoghe preposizioni formate
dagli articoli ‘o (lo/il), ‘a (la) ‘e (i/gli/le) con la preposizione de (=di), produce una preposizione articolata di forma
rigorosamente scissa o tutt’al piú apostrofata: de ‘o→d’’o, de
‘a→d’’a, de ‘e→d’’e; con la preposizione
da
in italiano si ànno dal = da+il, dallo/a= da+lo/la dalle = da+ le, dagli = di+ gli;
in napoletano le analoghe preposizioni formate dagli articoli ‘o (lo/il), ‘a
(la) ‘e (i/gli/le) con la preposizione da talora anche ‘a (=da), produce una preposizione articolata di forma
normalmente scissa e spessa apostrofata:
da
‘o→d’’o, da ‘a→d’’a, da ‘e→d’’e
ma come ognuno vede la forma apostrofata (quantunque usatissima) presta il
fianco alla confusione con le preposizioni articolate formate con la
preposizione de (=di), e d’acchito è impossibile distinguere tra de ‘o→d’’o, de
‘a→d’’a, de ‘e→d’’e e da ‘o→d’’o, da
‘a→d’’a, da ‘e→d’’e e bisogna far
ricorso al contesto per chiarirsi le idee; ò dunque proposto e qui propongo d’usare una forma affatto diversa per le
preposizione napoletane da + ‘o→dô = dal, da+
‘a→dâ = dalla, da+ ‘e→dê = dagli/dalle, forma
da usarsi ovviamente davanti a parole principianti per consonanti (ess.: dâ scola = dalla scuola. dô treno = dal treno, dê scarpe = dalle scarpe), forma che eliminando l’apostrofo e facendo ricorso
alla medesima contrazione usata per le
preposizioni articolate formate con la preposizione a consente di evitare la deprecabile confusione cui accennavo precedentemente. Ovviamente
non sarà possibile usare questa forma davanti a parole principianti per vocali
e sarà giocoforza usare da ‘o, da ‘a, da
‘e evitando di apostrofarle per evitare possibili confusioni. Rammento che
nel napoletano è usata spessissimo una locuzione articolata che con riferimento
il moto a luogo rende i dal/dallo – dalla – dalle – dagli dell’italiano ; essa
è (la trascrivo cosí come s’usa generalmente fare,ma a mio avviso erroneamente
in quanto non ricostruibile nei suoi elementi costitutivi) essa è add’’o/add’’a/add’
‘e es.: è gghiuto add’ ‘o zio(è andato dallo zio) è gghiuta add’ ‘a nonna, add’
‘e pariente (è andata dalla nonna, dai parenti);; francamente non si
capisce da cosa sia generato quel add’ né
si comprenderebbe il motivo dell’agglutinazione
della preposizione a con la successiva da→dd’; a mio avviso è piú corretta
e qui la propugno: a ddô/ a ddâ/ a ddê per cui sempre ad es. avremo: è gghiuto a ddô zio(è andato dallo zio) è
gghiuta a ddâ nonna, a ddê pariente (è
andata dalla nonna, dai parenti);;
rammento tuttavia di non confondere
a ddô con l’omofono addó←addo(ve)
= dove, laddove che è un
avverbio e cong. subord. che introduce proposizioni avversative,
relative, interrogative dirette ed indirette.
Proseguiamo.
Con la preposizione in in italiano si ànno nel = in+il, nello/a= in+lo/la
nelle = in+ le, negli = in+ gli; in napoletano per formare analoghe preposizioni, si fa ricorso alla
preposizione impropria dinto (dentro – indal lat. d(e) int(r)o→dinto); come ò già
détto e qui ripeto: le locuzioni articolate formate con preposizioni improprie
ànno nel napoletano tutte una forma
scissa, mantenendo separati gli articoli dalle preposizioni e mentre
nell’italiano s’usa far seguire alla preposizione impropria il solo articolo,
nel napoletano occorre indefettibilmente aggiungere alla preposizione impropria non il solo articolo, ma la preposizione
articolata formata con la preposizione semplice a ( ad es. nell’italiano si à: dentro la stanza, ma nel napoletano si
esige dentro alla stanza e ciò per
riprodurre correttamente il pensiero di chi mentalmente articola in napoletano e non in italiano) per cui le
locuzioni articolate formate da dinto
a e dagli articoli ‘o (lo/il),
‘a (la) ‘e (i/gli/le) saranno rispettivamente dint’ô dint’â, dint’ê che rendono rispettivamente
nel/néllo,nélla,negli/nelle.
Con la preposizione con in italiano si ànno col = con+il, collo/a=
con+lo/la colle = con+ le, cogli = con+ gli, ma a mio avviso
son tutte bruttissime, a parte che prestano il fianco alla confusione con
taluni sostantivi e non le uso mai preferendo sempre e non da ora la forma disagglutinata ; in napoletano le
analoghe preposizioni formate dagli articoli ‘o (lo/il), ‘a (la) ‘e (i/gli/le)
con la preposizione cu (=con), produce una
preposizione articolata di forma rigorosamente scissa o tutt’al piú
apostrofata, forma che però sconsiglio: cu ‘o→c’’o, cu ‘a→c’’a,
cu
‘e che non ammette apostrofo, quantunque qualcuno si ostini a scrivere
un bruttissimo ch’’e .
Con la preposizione su in italiano si ànno sul = su+il, sullo/a= su+lo/la
sulle = su+ le, sugli = su+ gli; in napoletano per formare analoghe preposizioni, si fa ricorso alla
preposizione impropria ‘ncoppa (sopra – su, dal lat. in + cuppa(m)); come ò già détto e qui
ripeto: le locuzioni articolate formate con preposizioni improprie ànno tutte
una forma scissa, mantenendo separati gli articoli dalle preposizioni e mentre
nell’italiano s’usa far seguire alla preposizione impropria il solo articolo,
nel napoletano occorre aggiungere alla
preposizione impropria non il
solo articolo, ma la preposizione articolata formata con la preposizione semplice
a ( ad es. nell’italiano si à: sulla
tavola o sopra la tavola , ma nel napoletano si esige sulla o sopra alla tavola e ciò per riprodurre correttamente il
pensiero di chi mentalmente articola in
napoletano e non in italiano) per cui le locuzioni articolate formate da ‘ncoppa a e dagli articoli ‘o (lo/il), ‘a (la) ‘e
(i/gli/le) saranno rispettivamente ‘ncopp’ô ‘ncopp’â, ‘ncopp’ê che rendono rispettivamente
sul/sullo,sulla,sugli/sulle. Tutte le altre preposizioni formate dagli articoli ‘o
(lo/il), ‘a (la) ‘e (i/gli/le) con le corrispondenti preposizioni semplici
napoletane delle italiane per (pe)
tra/fra(‘ntra/’nfra) ànno una forma rigorosamente scissa o ma solo per la preposizione pe,
(mentre per ‘ntra/’nfra non è consentito) scissa o tutt’ al piú apostrofata: pe ‘o→p’’o (per il/lo), pe
‘a→p’’a (per la), pe ‘e→p’’e (per gli/le), mentre
avremo solo ntra/’nfra ‘o - ntra/’nfra ‘a - ntra/’nfra ‘e.
Per tutte le altre preposizione articolate formate
dall’unione dei soliti articoli con preposizioni improprie (sotto, sopra,
dietro, davanti, insieme,vicino, lontano etc.), ci si regolerà alla medesima
maniera di quanto ò già detto circa le preposizioni formate da dinto o ‘ncoppa tenendo presente che in napoletano sotto, sopra,dietro,
davanti, insieme,vicino, lontano sono rese
rispettivamente con sotto,
‘ncoppa,arreto, annanze,’nzieme,vicino/bbicino,luntano e tenendo presente
altresí che occorre sempre rammentare
che le parole e le frasi da esse formate servono a riprodurre un pensiero; ora sia che si parli, sia che si scriva, un
napoletano, nello scrivere in vernacolo, non potrà pensare in toscano e fare
poi una sorta di traduzione:commetterebbe un gravissimo errore.Per
esemplificare: un napoletano che dovesse scrivere: sono entrato dentro la casa,
non potrebbe mai scrivere: so’ trasuto dint’ ‘a casa; ma
dovrebbe scrivere: so’ trasuto dint’â (dove la â è la
scrittura contratta della preposizione articolata alla) casa; che
sarebbe l’esatta riproduzione del suo pensiero napoletano: sono entrato
dentro alla casa. Allo stesso modo dovrà comportarsi usando sopra (‘ncopp’
a...) o sotto (sott’a....) in mezzo (‘mmiez’ a...) vicino al/allo (vicino a
‘o→vicino ô) e cosí via, perché un napoletano articola mentalmente sopra
al/alla/alle/ a gli... e non sopra il/la/le/gli... e parimenti pensa sotto
al... etc. e non sotto il ... etc. D’
altro canto anche per la lingua italiana i piú moderni ed usati vocabolarî (TRECCANI) almeno per dentro non disdegnano le costruzioni: dentro al, dentro alla accanto alle piú classiche dentro il, dentro la.
Rammento ora che l’accento circonflesso è posto sulla vocale
i→î
quale segno diacritico di
voci omofone come si evince dall’esempio che segue SI SÎ TU ‘O SI’ PREVETE CA CE À
BENEDITTO QUANNO DICETTEMO ‘E SÍ, PECCHÉ MO TE LL’ANNIJE?
Letteramente Se sei
tu il signor prete che ci à benedetti quando dicemmo di sí (quando sposammo)
perché ora lo neghi?
Frasetta che non à alcun recondito significato traslato e/o
nascosto usata solo per illustrare alcuni vocaboli partenopei tra i quali ben
quattro differenti Si che avendo
ognuno un ben preciso,
differente significato necessitano di
quattro diverse scritture che indichino d’acchito e precisamente la
diversa funzione grammaticale dei
quattro omofoni si. Cominciamo: il primo
Si
scritto senza alcun segno
diacritico (accento o apostrofo) corrisponde all’italiano se nei significati e
funzioni che seguono:
1) posto che, ammesso che (con valore condizionale; introduce la protasi, cioè la subordinata condizionale, di un periodo ipotetico): si se mette a pparlà,nun ‘a fernesce cchiú; si i’ fosse a tte ,me ne jesse a ffà ‘na scampagnata ; si tu avisse sturiato ‘e cchiú ,fusse o sarriste stato prumosso; si fosse dipeso ‘a me, mo nun ce truvarriamo o truvassemo a chistu punto; si fusse stato cchiú accorto , non te fusse o sarriste truvato dinto a ‘sta situazziona (o pop.: si ire cchiú accorto , non te truvave dinto a ‘sta situazziona ) | in espressioni enfatiche, in frasi incidentali che attenuano un'affermazione o in espressioni di cortesia: ca me venesse ‘na cosa si nun è overo!; pure tu, si vulimmo sî ‘nu poco troppo traseticcio; si nun ve dispiace, vulesse ‘nu bicchiere ‘e vino; pecché, si è llecito,aggio ‘a jrce semp’i’? | può essere rafforzata da avverbi o locuzioni avverbiali: si pe ccaso cagne idea, famme ‘o ssapé; si ‘mmece nun è propeto pussibbile, facimmo ‘e n’ata manera | in alcune espressioni enfatiche e nell'uso fam. l'apodosi è spesso sottintesa: ma si non capisce ‘o riesto ‘e niente!; si vedisse comme è crisciuto!; se sapessi!; se ti prendo...!; e se provassimo di nuovo...? | si maje, nel caso che: si maje venisse, chiàmmame; anche, col valore di tutt'al più: simmo nuje, si maje, ca avimmo bisogno ‘e te; 2) fosse che, avvenisse che (con valore desiderativo): si vincesse â lotteria!; si putesse turnarmene â casa mia!; si ll’ avesse saputo primma! 3) dato che, dal momento che (con valore causale): si ne sî proprio sicuro, te crero; si ‘o ssapeva, pecché nun ce ll’ à ditto? 4) con valore concessivo nelle loc. cong. se anche, se pure: si pure se pentesse, ormaje è troppo tarde; si anche à sbagliato, no ppe cchesto ‘o cundanno 5) preceduto da come, introduce una proposizione comparativa ipotetica: aggisce comme si nun te ne ‘mportasse niente; me guardava comme si nun avesse capito; comme si nun si sapesse chi è! 6) introduce proposizioni dubitative e interrogative indirette: me dimanno si è ‘na bbona idea; nun sapeva si avarria o avesse fernuto pe ttiempo; nun saccio che cosa fà, si partí o restà; s’addimannava si nun se fosse pe ccaso sbagliato | si è overo?, si tengo pacienza?, sottintendendo 'mi chiedi', 'mi domandi' ecc.
Rammento che questa congiunzione si napoletana non viene mai usata come sost. m. invar. come invece capita con
il corrispettivo se dell’italiano. Procediamo
--si’ è l’apocope di si(gnore) e pertanto
esige il segno diacritico dell’apostrofo finale; viene usato per solito davanti ad un
sostantivo comune o davanti a nome proprio di persona (ad es.: ‘o si’
prevete= il signor prete, ‘o si’ Giuanne = il signor Giovanni.) L’etimo del
lemma signore da cui l’apocope a margine si’ è dal
francese seigneur forgiato sul latino seniore(m) comparativo di senex=vecchio,anziano.
Ricordo che
càpita spesso che sulla
bocca del popolino, meno conscio o attento
del/al proprio idioma, (la qual cosa non fa meraviglia)ma –
inopinatamente – pure sulle labbra e sulla punta della penna di taluni pur grandi e grandissimi autori partenopei
accreditati d’essere esperti e/o studiosi della parlata napoletana la voce a margine è resa con la trasformazione del corretto si’
(che è di per sé – come ò sottolineato - è l’apocope di si(gnore)
) con uno scorretto zi’ (zio) apocope appunto di zio che è dal lat. thiu(m).
--sî corrispondente all’italiano sei voce verbale (2° p.sg. indicativo pres.)
dell’infinito essere dal lat. esse la forma sî derivata
etimologicamente dal lat. si(s)
esige un segno diacritico (accento circonflesso) non etimologico per
distinguere la voce verbale a margine, come abbiamo visto, da altri omofoni si
presenti nel napoletano e di cui parlerò successivamente;
--sí avverbio affermativo derivato dal lat. sic 'cosí', forma
abbr. della loc. sic est 'cosí è'
1 si usa nelle risposte come equivalente di un'intera
frase affermativa (può essere ripetuto o rafforzato): "Hê capito?"
"Sí"; "Venarranno pure lloro?" "Sí";
anche, "Sí, sí", "Sí certo", "Sí overamente!", "Ma
sí!" | facette segno ‘e sí, annuire ' dicere ‘e sí,
acconsentire ' risponnere ‘e sí, affermativamente ' paré, sperà,
credere ecc. ‘e sí, che sia cosí ' si è ssí, in caso affermativo: si è ssí, te
telefono/' sí, dimane, (fam. iron.) no, assolutamente no
2 spesso contrapposto a no: dimme sí o no!; ‘nu juorno
sí e uno no, a giorni alterni ' sí e no, a malapena, quasi ' te muove sí o no?, esprimendo
impazienza ' cchiú sí ca no, probabilmente sí
3 con valore di davvero, in espressioni enfatiche: chesta sí
ch’ è bbella!; chesta sí che è ‘na nuvità!
E passo ora ad esemplificare le necessarie crasi con uso del circonflesso in talune voci
verbali e segnatamente in quelle del
verbo avé(avere) di cui la 2ª pers. sg. dell’ind. presente è aje= ài,ma può esser resa con hê dove la ê è sí la crasi di aje ma
necessita dell’aggiunta della consonante diacritica h che permetta di evitare la confusione tra ê= ai/alle/a gli e la voce verbale hê= ài; ancóra la 1ª pers.
pl. dell’ind. presente è avimmo= abbiamo,
ma può esser resa anche con a(v)immo→aimmo
oppure âmmo o îmmo che sono crasi di aimmo.
Non mi sovvengono altri esempi per cui mi
fermo qui, sperando d’avere accontento l’amico M.T. ed interessato qualcun
altro dei miei ventiquattro lettori.
Satis est.
Raffaele
Bracale
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