CCA
CCA ( e non ca)avv
= qui, in. questo luogo; vale l’italiano qua; etimologicamente dal lat. (e)cc(um) (h)a(c)→cca;
da notare che nell’idioma napoletano (cosí come in italiano il qua
corrispettivo) l’avverbio a margine va
scritto senza alcun segno diacritico
trattandosi di monosillabo che non ingenera confusione con altri;
nel napoletano esistono , per vero, una
congiunzione ed un pronome ca = (che), pronome e
congiunzione (ambedue dal lat. quia→q(ui)a→qa→ca
che però
si rendono con la c iniziale scempia, laddove
l’avverbio a margine è scritto sempre con la c iniziale geminata ( cca) e basta ciò ad evitar confusione tra i due
monosillabi e non necessita accentare l’avverbio, cosa che – invece – purtroppo
capita di vedere negli scritti di taluni sedicenti e/o acclamati scrittori/autori
partenopei, dei quali qualcuno addirittura usa scrivere l’avverbio a margine cca’(con un inutile segno d’apocope…, inutile giacché non è caduta alcuna
sillaba!) e talora addirittura ccà’
addizionando errore ad errore, aggiungendo (nel caso di ccà’) cioè al già inutile accento un pleonastico segno (‘) d’apocope atteso che,
ripeto, non v’è alcuna sillaba finale
che sia caduta e che vada segnata con il segno diacritico! In coda a quanto fin
qui détto, mi occorre però aggiungere
un’ultima osservazione: è vero che gli
antichi vocabolaristi (P.P. Volpi, R. Andreoli) registrarono l’avverbio a
margine come cà per distinguerlo dagliomofoni ca (che) pronome e
congiunzione. Si trattava d’una grafia erronea, giustificata forse dal fatto
che temporibus illis lo studio della linguistica era ancóra gli albori e quei
vocabolaristi, meritorî peraltro per il corposo tentativo operato nel registrare puntigliosamente i lemmi della parlata napoletana, non erano né
informati, né precisi. Ancóra tra gli antichi vocabolaristi devo segnalare il
caso del peraltro preziosissimo Raffaele D’Ambra che,
diligentemente riprendendo l’autentica parlata popolare registrò
sí l’avverbio a margine con la c iniziale geminata (cca)
ma lo forní d’un inutile accento (ccà) forse lasciandosi fuorviare dal
cà
registrato dai suoi omologhi. Dal tempo però dei varî P.P. Volpi,
R. Andreoli e Raffaele D’Ambra la
linguistica e lo studio delle etimologie à fatto enormi passi per cui se mi
sento di perdonare a Raffaele
D’Ambra,P.P. Volpi, R. Andreoli e ad altri
talune imprecisioni o strafalcioni, non mi sento di perdonarli a taluni
spocchiosi sedicenti e/o acclamati scrittori/autori partenopei, dei
quali qualcuno addirittura cattedratico d’ateneo , colpevolmente a digiuno di
regole linguistiche, (quando non sai una
cosa, insegnala!) che si abbandonano a fantasiose, erronee soluzioni
grafiche!
Raffaele
Bracale
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