L’EQUIVOCO DEL FUTURO NEL NAPOLETANO
Faccio
sèguito a quanto ebbi a dire circa il condizionale nel napoletano, per rammentare che anche il futuro, come il
condizionale, è un tempo che benché
presente, ad incongrua imitazione dell’italiano, in talune grammatiche napoletane sia antiche
(P.P. Volpi) che moderne (Carlo Iandolo) dove è codificata e contemplata addirittura la
farraginosa morfologia etimologica (ad es. il futuro del verbo avere che à come
prima persona sg. avarraggio presuppone un binomio *habere + aggio→(*h)aberaggio→avarraggio, mentre la 2ª persona sg avarraje
presupporrebe un binomio *habere + aje→(*h)aberaje→avarraje);
orbene annoto che il futuro benché sia
un tempo esistente o considerato tale da professori e glottologi, ma non dal popolo
che fa l’idioma, in realtà è usato in poesia (per questioni di metrica o di
rima), ma pochissimo usato nel parlato
popolare che preferisce usare altre formule per indicare un’azione di là da
venire; per cui ad es. la frase
dell’italiano: domani andrò dal barbiere è resa in napoletano con dimane aggi’’a jí a ddô bbarbiere piuttosto che con dimane
jarraggio a ddô bbarbiere e talvolta, altrove, con il presente in
funzione di futuro dimane vaco a ddô bbarbiere. Infatti nel napoletano del popolo
si usa spesso la locuzione aggi’ ‘a che seguíta da un verbo all’infinito raffigura l’espressione italiana devo da o anche semplicemente devo; ad es. l’espressione T' aggi’
‘a vedé va tradotta Ò da vederti ossia Devo da
vederti oppure piú semplicemente
Devo vederti; altrove ed è il caso che ci
occupa con l’espressione aggi’
‘a (=ò da) si rende in
napoletano l’idea di un’ azione futura; ad es.: Dimane aggi’ ‘a jí a ppavà ‘e ttasse (Domani andrò a pagare le tasse) e ciò
perché nel napoletano il verbo <dovére>
manca ed è supplito dalla costruzione con il verbo avere seguito dalla
preposizione ‘a (da) e dall’infinito connotante l’azione dovuta: ad es. aggio ‘a purtà ‘sta lettera (devo
portare questa lettera), hê ‘a cammenà
cchiú chiano! (devi camminare piú lentamente!); la medesima costruzione è
usata pure, come ò anticipato e chiarito in funzione di futuro. Va da sé che non mette
conto considerare come testimonianza di riferimento l’uso che del futuro, come
del condizionale, che ad imitazione dell’italiano, ne fanno letterati, poeti
e/o parolieri spesso condizionati da problemi di metrica e/o espressivi risolti
con soluzioni imitative che non fan testo in quanto non autenticamente
napoletane ( cioè del popolo napoletano che – ripeto - è quello che fa l’
autentico idioma!).
Per ogni
altra considerazione sul perché della coniugazione del futuro marcata su di una
simile dell’italiano, rimando a quanto détto alibi circa il condizionale.
Annoto in chiusura, non ricordando se lo abbia già détto,[nel qual caso mi
ripeto] che l’uso improprio, nel
napoletano, del futuro cosí come
del condizionale può esser consentito
eccezionalmente in poesia, ma mai nella prosa e chi lo fa, magari ad imitazione
di grandi [come ad es. Eduardo De Filippo(Napoli, 24 maggio 1900 – †Roma, 31
ottobre 1984) il quale, per farsi
apprezzare fuori di Napoli, non esitò a
martirizzare il nostro idioma), chi lo fa commette un abuso
imperdonabile giacché ai grandi si perdona, ma non a chi li scimmiotta].
E chi à orecchie
da intendere, intenda!
E qui giunto mi
fermo convinto d’avere esaurito l’argomento, sperando d’avere interessato chi
mi legge e chiedendo venia nel caso avessi scandalizzato qualcuno!Satis est.
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