1.ADDURMIRSE CU ‘A
ZIZZA ‘MMOCCA
Ad litteram: Addormentarsi con la tetta in bocca
Detto a mo’ di dileggio
soprattutto dei tontoloni, dei creduloni
che si mostrano nel loro agire irresoluti ed eccessivamente tranquilli, quasi
fossero dei piccoli ragazzi cui
basta offrire una mammella da succhiare,
per farli tranquillamente e repentinamente
addormentare.
2. BBELLO E BBUONO
Ad litteram: Bello e buono id est: all’improvviso, d’un tratto,
inopinatamente quasi sottointendendo che
l’avvenimento di cui si tratta sia
peggiorativo rispetto a quello (bello e buono)
cui à fatto seguito o in cui si è insinuato; quasi uno dicesse: la
situazione era propizia e d’un tratto è mutata in peggio; per meglio intendere
la locuzione vedi alibi l’espressione â’ntrasatta
- che, come significato, è di portata simile.
3. BONANOTTE Ê SUNATURE oppure Ê SANTE
Ad litteram: buona notte ai sonatori oppure
ai santi ; espressioni che
si usano con senso di profondo cruccio,
ad amaro commento di situazioni che si sono concluse, ma in maniera molto
negativa di talché verrebbe fatto di pensare che non resti da o congedare
sbrigativamente i sonatori o salutare deferentemente i santi atteso che né gli uni, né gli altri possano o
abbiano potuto far qualcosa per migliorare la situazione de qua.
4. BBRUTTO CU ‘O TÈ, CU ‘O NÈ, ‘O PIRIPISSO E ‘O
NAIANÀ
Locuzione ( intraducibile ad litteram), con cui si suole indicare il massimo grado di bruttezza che venga raggiunto da qualcuno, brutto oltre ogni ragionevole
dubbio; l’espressione, che può essere usata indifferentemente nei riguardi di
una donna o di un uomo, compendia in quattro
quid non meglio identificati e che sarebbe vano tentare di riconoscere,
i parametri negativi in presenza dei quali si può essere certi di trovarsi
davanti a persona decisamente brutta; è vero pure però il ragionamento inverso:
quando si pensa di avere a che fare con persona decisamente brutta, la si
accredita di quei quattro parametri di
cui in epigrafe anche se non li si
identifica o possa identificare apertamente e chiaramente.
5. BARBA, CAPILLE E PPALLUCCELLA ‘MMOCCA specialmente
nell’espressione SERVÍ ‘E BBARBA etc.
Ad litteram: barba, capelli e pallina in bocca specialmente nell’espressione servir
di barba etc. Cosí, un tempo,
veniva indicato il “servizio” completo offerto dai barbitonsori girovaghi, che
per pochi soldi servivano il cliente di rasatura di barba e taglio di capelli,
offrendo per sopramercato al cliente una
piccola sfera che inserita in bocca e trattenuta tra denti e guancia, consentiva a questa di
tendersi in maniera da favorire la rasatura; la sfera offerta, naturalmente
monouso, era costituita o da una
piccolissima mela che, terminata la rasatura veniva mangiata, o da un congruo
confetto, (ricoperto da una friabilissima
glassa zuccherina),prodotto in quel di Sulmona, confetto che, assolta la
sua funzione, veniva mangiato.
Oggi l’espressione in epigrafe è usata da chi
voglia significare che il suo comportamento, nei riguardi del destinario della
locuzione, non è suscettibile di miglioramento
in quanto è un comportamento pieno e completo in ogni sua parte o
manifestazione.
6. BBUONO PE SCERIÀ ‘A RAMMA
Ad litteram: buono per soffregare le stoviglie di rame
Un tempo, quando la chimica non aveva ancóra
prodotto tutti i detergenti o detersivi che, aiutando la massaia, inquinano il
mondo, e quando l’acciaio 18/10
non era entrato ancóra in cucina sotto forma
di stoviglie, queste erano di lucente rame opportunamente, per le parti che
venivano a contatto con il cibo, ricoperte di
stagno .Per procedere alla pulizia delle stoviglie di rame si
usavano due ingredienti naturali: sabbia
‘e vitrera (sabbia da vetrai, ricca di silice) e limoni ; orbene quegli agrumi non edibili perché o di sapore
eccessivamente aspro o perché carenti di succo, erano destinati allo scopo di
pulire e rendere luccicanti le stoviglie; per cui di essi frutti si diceva che
erano bbuone pe scerià ‘a ramma. Per traslato, oggi di chi, uomo o cosa, manchi
alla sua primaria destinazione, si dice ironicamente che è buono etc. il verbo scerià id est: soffregare, nettare,
lucidare viene da un tardo latino: flicare
da cui felericare e poi flericare, donde scericare e infine scerià tutti con il significato di
soffregare.
7. ACCUNCIARSE QUATT' OVE DINTO A 'NU PIATTO.
Ad litteram:Sistemarsi quattro uova in un piatto - cioè:assicurarsi una comoda rendita di posizione, magari a danno di altra persona (per solito la porzione canonica di uova è in numero di due...tutte quelle che eccedono sono state sottratte ad altri).
Ad litteram:Sistemarsi quattro uova in un piatto - cioè:assicurarsi una comoda rendita di posizione, magari a danno di altra persona (per solito la porzione canonica di uova è in numero di due...tutte quelle che eccedono sono state sottratte ad altri).
8. BBUONO P’APARÀ ‘O MASTRILLO
Ad litteram: buono per armare la trappolina id est: appena sufficiente a predisporre
l’esca di una trappolina. La locuzione si usa nei confronti di qualcosa,
soprattutto edibile, che sia cosí parva res
da non poter soddisfare un sia pur modesto appetito, ma appena appena
sufficiente a far da esca; per traslato la locuzione è usata nei confronti di
tutto ciò che sia palesemente piccolo
e/o modesto.
9. BBBUONO ‘NSALUTE E SCARZO A DDENARE
Ad litteram:Bene in salute, ma poco provvisto di danaro.
Spesso alla semplice, spontanea domanda : “Come
state?” fatta da un conoscente incontrato per caso, a Napoli si suole
rispondere con la locuzione in epigrafe con la quale ci si vuol mettere al riparo da eventuali
sorprese, volendo quasi dire: “Se la tua domanda è stata fatta con la semplice
intenzione di informarti sul mio stato di salute, sappi che sto bene; ma se la
domanda era propedeutica ad una richiesta di prestito, sappi allora che le mie
condizioni economiche attuali, non mi permettono di fare prestiti o
elargizioni; evita perciò di farmene
richiesta!”La locuzione è divenuta col tempo, quasi una frase idiomatica e viene usata sempre in risposta alla domanda
de quo, indipendentemente se esistano o meno
condizioni economiche precarie.
10. CACCIÀ ‘E CCARTE
Ad litteram: tirar fuori le carte Non si tratta però, chiaramente di tra fuori
da un cassetto le 40 carte di cui è formato il mazzo napoletano di carte da
giuoco per principiare una partita.
Si tratta, invece, di procurarsi le necessarie
documentazioni burocratiche per avviare una certa pratica o per portarla a
compimento.In particolare la locuzione in epigrafe è usata dai
promessi sposi che, intendendo contrarre il loro matrimonio, devono
sobbarcarsi all’impresa di procurarsi
presso uffici pubblici e/o luoghi di culto le prescritte documentazioni, dette in
maniera onnicomprensiva: carte,
senza le quali, non è possibile pervenire alla celebrazione delle nozze. Va da
sè che quasi tutti i negozi giuridici
necessitano di ineludibili carte
da procacciare e ciò à dato modo a
taluni napoletani, disperatamente senza lavoro, di inventarsi un mestiere:
quello di procacciatore di carte; questo utilissimo individuo, per poche lire si accolla l’onere di fare lunghissime file
davanti agli sportelli degli uffici dell’anagrafe pubblica, o si accolla la
fatica di raggiungere posti lontani e impervi da raggiungere per procurare al
richiedente le carte necessarie.
brak
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