martedì 12 agosto 2008

Sciaffèrre

Sciaffèrre

La voce in epigrafe (che nella lingua napoletana connota l’autista, il conducente sia pubblico che privato, voce spesso seguíta da opportuni specificativi di cui il piú noto è ‘e piazza= da piazza: sciaffèrre ‘e piazza = letteralmente conducente da piazza ossia: autista di taxi )stranamente manca in tutti i vocabolarî della lingua napoletana in mio possesso (… e non son pochi!) quantunque voce ampiamente usata nel parlato comune partenopeo a Napoli e provincia e (con poche variazioni) in altre cittadine campane o meridionali in genere (Avellino e provincia, Lucania, Puglia) nei significati – come ò detto – di autista, conducente di vetture pubbliche(autista di taxi, pullman, corriere etc.) e/o private(autista salariato alle dipendenze di famiglie facoltose); pacifica e di nessuna difficoltà l’etimologia del termine che è dritto per dritto dal francese chauffeur di identico significato.Da notare nella voce partenopea(come in tutte le parole derivate da lingua straniera e terminanti per consonanti) la paragoge (dal lat. tardo paragoge(m), dal gr. paragoghé, comp. di para- 'presso, accanto ' e agoghé 'il portare, il mettere'; propr. 'il mettere accanto') o epítesi (dal lat. tardo epithesi(m), che è dal gr. epíthesis 'sovrapposizione, aggiunta', da epitithénai 'sovrapporre') della semimuta e che va a formare la sillaba finale re con il tipico raddoppiamento della liquida etimologica r di chauffeur, come altrove tramme da e per tram, barre da e per bar.
Raffaele Bracale

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