Sciaffèrre
La voce in epigrafe (che nella lingua napoletana connota l’autista, il conducente sia pubblico che privato, voce spesso seguíta da opportuni specificativi di cui il piú noto è ‘e piazza= da piazza: sciaffèrre ‘e piazza = letteralmente conducente da piazza ossia: autista di taxi )stranamente manca in tutti i vocabolarî della lingua napoletana in mio possesso (… e non son pochi!) quantunque voce ampiamente usata nel parlato comune partenopeo a Napoli e provincia e (con poche variazioni) in altre cittadine campane o meridionali in genere (Avellino e provincia, Lucania, Puglia) nei significati – come ò detto – di autista, conducente di vetture pubbliche(autista di taxi, pullman, corriere etc.) e/o private(autista salariato alle dipendenze di famiglie facoltose); pacifica e di nessuna difficoltà l’etimologia del termine che è dritto per dritto dal francese chauffeur di identico significato.Da notare nella voce partenopea(come in tutte le parole derivate da lingua straniera e terminanti per consonanti) la paragoge (dal lat. tardo paragoge(m), dal gr. paragoghé, comp. di para- 'presso, accanto ' e agoghé 'il portare, il mettere'; propr. 'il mettere accanto') o epítesi (dal lat. tardo epithesi(m), che è dal gr. epíthesis 'sovrapposizione, aggiunta', da epitithénai 'sovrapporre') della semimuta e che va a formare la sillaba finale re con il tipico raddoppiamento della liquida etimologica r di chauffeur, come altrove tramme da e per tram, barre da e per bar.
Raffaele Bracale
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