PIGNATA e 'NFRUCIARE
In napoletano la voce pignata/pignato nell’unico
significato di pentola di coccio bassa, ma capace riprende forse per
adattamento la voce toscana pignatta→pignata
s. f. , che anticamente fu
anche:
pignatto→pignato s. m.
nei significati di
1) pentola molto capace, per lo piú di terracotta | (fam.) qualunque tipo di pentola. dim. pignattella, pignattina, pignattino (m.)
2) sorta di mattone forato impiegato nella costruzione dei solai. Tutto ciò sempre che non sia vero il contrario e cioè che un/una originario/a pignato/a partenopei non siano diventati pignatto e pignatto nell’italiano;
1) pentola molto capace, per lo piú di terracotta | (fam.) qualunque tipo di pentola. dim. pignattella, pignattina, pignattino (m.)
2) sorta di mattone forato impiegato nella costruzione dei solai. Tutto ciò sempre che non sia vero il contrario e cioè che un/una originario/a pignato/a partenopei non siano diventati pignatto e pignatto nell’italiano;
L’etimo è incerto; forse da
un deriv. del lat. pinguis 'grasso', col sign. di 'recipiente per
conservare il grasso, la sugna;con una lettura metatetica di pinguis→pignuis addizionato di apta→atta donde *pignatta (adatta a contenere il grasso).
Tuttavia un'altra scuola di
pensiero ( alla quale mi piace aderire!) pensa ch'essa voce pignata possa derivare dal latino pineata(olla)in quanto il coperchio della pignata terminava quasi
sempre a mo' di pigna (in latino pinea).
Tra le locuzioni
proverbiali o i modi di dire
costruiti usando il sostantivo pignata/pignato o un loro diminutivo
rammenterò:
1)nun fà ascí ‘o ggrasso d’’o pignato che letteralmente sta per impedire
al grasso di traboccare dalla pignatta, ma nel suo sotteso significato
metaforico vale: adoperarsi per non
permettere che le risorse familiari travalichino i sacrosanti confini della
famiglia per essere destinate ad estranei e/o a parenti non molto prossimi.
Ovviamente il nun fà può
essere letto come imperativo per cui tutta la frase va letta impedisci al grasso di traboccare dalla
pignatta e cioè fa’ in modo di non permettere
che le risorse familiari travalichino i sacrosanti confini della famiglia per
essere destinate ad estranei e/o a parenti non molto prossimi.
2) ‘E fatte d’’a pignata ‘e ssape ‘o cucchiaro che letteralmente sta per le
faccende della pignatta sono a conoscenza soltanto del cucchiaio (e cioè del
mestolo)che è solito rimestare nella detta pignatta e/o pentola; anche per
questo secondo proverbio esiste ovviamente un significato metaforico ed atteso
che anche in questo proverbio la voce pignata
vale nucleo familiare, se ne deduce che il significato metaforico è il seguente:
solo coloro che vivono nell’àmbito
familiare e sono cioè dentro la famiglia ne possono conoscere
esattamente necessità, bisogni ed ovviamente i guai che eventualmente la
affligono alla medesima stregua del mestolo (cucchiaro) che abituato a
rimestare nella pentola, ne conosce oltre che il contenuto, eventuali
ammaccature e/o incrinature.
3) Pàrono ‘o servezziale e ‘o pignatiello
Sembrano il clistere e il
pentolino. La locuzione viene usata per indicare in maniera sarcastica due persone (parenti o amici) che spesso e
volentieri sono insieme e che difficilmente si separano, come accadeva un
tempo quando i barbieri che erano un po' anche cerusici,chiamati per praticare
un clistere si presentavano recando in una mano l'ampolla di vetro (serviziale) atta alla
bisogna e nell’altra un pentolino per
riscaldarvi l'acqua occorrente...
Rammentati i due proverbî
ed il modio di dire, prendiamone in esame alcune parole:
‘o ggrasso letteralmente il grasso= condimento ricavato
dalla sottocute del maiale; ovviamente qui è usato nel senso traslato ed
estensivo di risorsa economica; la
voce a margine è un sost. neutro (la gran parte degli alimenti in napoletano è
di genere neutro) derivato dal lat. volg. grassu(m), da crassus
'grasso', forse per incrocio con grossus 'grosso';
ascí = uscire, venir fuori, debordare voce verb.
infinito dal lat. volg. parlato *axire marcato su exire,
comp. di ex- 'fuori' e ire 'andare';
fatte = fatti, accadimenti e genericamente, cose,
faccende, avvenimenti e qui
estensivamente necessità, bisogni e persino guai sost. masch. plurale di fatto che è dal lat. factu(m), part. pass. neutro sost. di facere
'fare';
cucchiaro letteralmente cucchiaio, ma estensivamente mestolo,
posata da servizio; la voce a margine deriva dal lat. cochleariu(m),
deriv. di cochlea 'chiocciola', perché in orig. serviva per mangiare le
chiocciole; faccio notare che il l’unico suff. arius à dato in italiano aio e nelle lingue regionali aro.
Ricorderò
ancóra che talvolta il proverbio ‘E
fatte d’’a pignata ‘e ssape ‘o cucchiaro
viene riportato, specialmente sulla bocca del popolino meno
addentro alla parlata napoletana, e
talvolta addirittura negli scritti di certuni sedicenti autori esperti del
napoletano...., viene riportato dicevo con un improprio ‘E fatte d’’a pignata ‘e ssape ‘a
cucchiara! E che si tratti di
un’espressione impropria si ricava da una semplice osservazione: in pretto,
corretto napoletano il sostantivo cucchiara indica la mestola del muratore (cfr. l’espressione stà
cazza e cucchiara= stare cazza (secchio della malta) e cazzuola) cioè stanno secchio della
calcina e cucchiaia. - Cioè:vanno di pari passo, stanno sempre insieme.
Erroneamente qualcuno riferisce il modo di dire qui riportato con
l’espressione: Stanno tazza e cucchiaro, espressione inesatta innanzi tutto
perché la posata che accompagna la tazza, a Napoli è esclusivamente riportata
come diminutivo: ‘o cucchiarino ed invece la locuzione, sulle labbra dei vecchi
napoletani comporta la presenza della cucchiara (cazzuola) arnese tipico dei muratori;
ed è impensabile che una cazzuola venga
usata per rimestare in una pignatta nel cibo in cottura...
Ricorderò infine che in lingua napoletana con il femminile si indica un oggetto piú grande del
corrispondente maschile (es.: cucchiara (piú grande) e cucchiaro ( piú piccolo),tina
(piú grande) e tino( piú piccolo) carretta (piú grande) e carretto ( piú
piccolo),tammorra (piú grande) e tammurro (piú piccolo);fanno eccezione caccavo
(piú grande) e caccavella ( piú piccola) e tiano (piú grande) e tiana( piú
piccolo).
cazza =
anticamente recipiente per lo piú di ferro, provvisto di manico, nel quale si
fondevono i metalli e successivamente il secchio della malta/calcina usato dai
muratori, secchio che con linguaggio corrente viene quasi sempre détto cardarella diminutivo di cardara= caldaia derivato dal lat. volg.
caldaria(m), deriv. di calidus 'caldo', mentre cazza deriva dal lat. volg cattia(m),
forgiata sul gr. kyathos 'coppa, tazza' ;
serviziale = clistere, clisma, parola che fu
anche (sia pure nella forma di servigiale)
nell’italiano antico con i medesimi significati,forgiata sul lat. servitiu(m),
deriv. di servus 'schiavo' + il suffisso di pertinenza ale da alis.
'NFRUCIARE
la
voce verbale ‘nfrucià/’nfruciare nel significato di nascondere, stipare, immettere, inserire a forza, è una forma
collaterale degli originarî ‘nfrúcere/’nfrucecà di identico
significato; tutte le tre voci verbali derivano dal latino infulcire= stipare da cui con aferesi della vocale d’avvio e metatesi della liquida l divenuta r è scaturito direttamente ‘nfrúcere,
mentre per ‘nfrucecà (donde poi ‘nfrucià o meglio ancóra ‘nfrucïà)
ci si serví di una infissione rafforzativa ic e cambio di coniugazione rispetto all’originale latino infulcire→infulcícire→infulcicare→’nfrucecà.
Rammenterò infine che con
significato estensivo, il part. passato di ‘nfrucià,
‘nfruciato è usato pure per
significare: rimpinzato, gonfio di cibo.
Raffaele
Bracale 22/11/2006
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