16 ESPRESSIONI
1.Ê CANE DICENNO
letteralmente:
dicendo ai cani locuzione pronunciata magari accompagnata da
un gesto scaramantico con la quale si
vuol significare: non sia mai!, accada ai cani e non a noi, ciò che
stiamo dicendo!
2. A MMORTE ‘E SÚBBETO.
Ad
litteram: a morte subitanea id est:
repentinamente, senza por tempo in mezzo; detto soprattutto in riferimento ad ordini da eseguirsi, come indicato in
epigrafe, con la stessa immediatezza di
una morte repentina.
3. AGGIU
VISTO 'A MORTE CU LL' UOCCHIE.
Ad litteram: Ò visto la morte con gli occhi Con questa tautologica locuzione si esprime chi voglia portare a conoscenza degli altri di aver corso un serio, grave pericolo tale d’averlo portato ad un passo dalla morte, vista da molto vicino e di esserne venuto fortunatamente fuori, tanto da poterlo raccontare.
Ad litteram: Ò visto la morte con gli occhi Con questa tautologica locuzione si esprime chi voglia portare a conoscenza degli altri di aver corso un serio, grave pericolo tale d’averlo portato ad un passo dalla morte, vista da molto vicino e di esserne venuto fortunatamente fuori, tanto da poterlo raccontare.
4. ACCURTÀ
‘E PASSE A QUACCHEDUNO
Ad
litteram:accorciare (ridurre) i passi a
qualcuno; id est: ridimensionare i
movimenti di qualcuno al fine di impedirgli di procedere oltre; detto soprattutto
di chi - mostratosi troppo saccente e supponente - si stia comportando, conseguentemente, con boria e vacua baldanza; ebbene è buona norma che costui venga
ridimensionato, con parole ed atti, perché comprenda quali sono i limiti nei
quali deve muoversi e non li ecceda.
5. ACCUSSÍ
À DDA JÍ
Ad
litteram : cosí deve andare;
fatalistica espressione con la quale a Napoli si suole accettare tutte
quelle situazioni che non possono essere
eluse o evitate ed alle quali perciò bisogna - sia pure obtorto collo -
soggiacere.Talvolta per completamento della frase in epigrafe ed a significare
un totale abbondono nell’ Ente supremo che muove tutti gli accadimenti umani,
si aggiunge un religioso e rassegnato e
accussí sia ( e cosí sia).
6. ACCUSSÍ
VA ‘O MUNNO
Ad
litteram: cosí va il mondo:
espressione analoga alla precedente, ma con un piú marcato senso di impotenza
davanti alla ineluttabilità di taluni avvenimenti, che – in qualsiasi parte del
mondo – evolvono nella medesima maniera...
7.ABBRUSCIÀ ‘O PAGLIONE
Ad litteram: bruciare il
pagliericcio id est: far terra bruciata attorno a qualcuno. Grave minaccia
con la quale si comunica di voler
procurare, a colui cui è rivolta, un
grave, gravissimo anche se non
specificato danno; la locuzione rammenta ciò che erano soliti fare gli eserciti
sconfitti , in ispecie quelli francesi che nell’abbondonare l’accampamento fino
a quel momento occupato, usavano
bruciare tutto per modo che l’esercito sopravveniente non potesse averne neppure un sia pur piccolo
tornaconto.Oggi la locuzione in epigrafe è usata con due significati, uno meno
grave, l’altro piú duro; nel significato meno duro l’espressione significa mancare a un impegno, a un appuntamento; nel
significato piú minaccioso l’espressione
è usata per minacciar imprecisati
ma totali danni; infatti con l’espressione T’aggi’
‘abbruscià ‘o paglione! si vuol significare: Devo arrecarti tutto il danno possibile, bruciandoti persino il
pagliericcio su cui dormi, per non darti
piú modo neppure di riposare!
Anticamente l’espressione in epigrafe valeva come minaccia di
sodomizzazione. ma è difficile comprende
quale sia il percorso semantico
seguíto per apparentare il paglione (pagliericcio) con la sodomizzazione; si
può ipotizzare ragionevolmente che si sia usato il termine paglione come figura
estensiva di un fondoschiena gonfio tal
quale un pagliericcio imbottito; va da sé che una pratica sodomitica
comporterebbe un’infiammazione del fondoschiena tale da lasciarlo quasi ardente,
quasi come per una ustione. )
abbruscià = bruciare, ardere, incendiare,consumare,
distruggere, rovinare con l'azione del fuoco o del calore.
l’etimo è da un lat. volg. ad+brusiare→abbrusiare→abbrusciare/à
paglione s. m. = pagliericcio, saccone pieno di paglia o foglie
secche usato come materasso; quanto all’etimo paglione è un evidente
accrescitivo (cfr. suff. one) di paglia
che è dal lat. palea
8. Â CASA
D’’O FERRARO, ‘O SPITO ‘E LIGNAMMO.
ad
litteram: in casa del fabbro, lo spiedo è
di legno; locuzione usata ad ironico commento di tutte quelle situazioni nelle quali, per
accidia o insipienza dei protagonisti
vengono a mancare elementi che
invece si presupponeva non potessero mancare e ci si deve accontentare
di succedanei spesso non confacenti.
9. ‘A
CARNA TOSTA E ‘O CURTIELLO SCUGNATO.
ad
litteram: la carne dura ed il coltello
senza taglio. Icastica locuzione che
si usa a dolente commento di situazioni
dove concorrano due o piú elementi negativi tali da prospettare un sicuro insuccesso delle
operazioni intraprese. Altrove per significare la medesima cosa s’usa l’espressione
illustrata al numero successivo.
10. AIZÀRSE
‘NU CUMMÒ
ad
litteram: caricarsi addosso un canterano;
detto di chi abbia impalmato una donna
anziana, non avvenente e, a maggior disdoro, priva di congrua dote. Si
ritiene che chi abbia fatto un simile matrimonio, abbia compiuto uno sforzo simile a quello di quei facchini addetti a trasporti, facchini
che sollevavano e si ponevano sulle
spalle pesanti cassettoni di legno
massello, sormontati da pesanti lastre di marmo.
aizar(se)
= sollevar(si), alzar(si), caricar(si)
di qualcosa; voce verbale infinito derivato dal lat. altiare→auziare→aizare;
cummò s.m. = canterano, cassettone voce derivata dal francese commo(de).
11. CH’HÊ VISTO?
GIAMBATTISTA ‘INT’Ô CANISTO?
Ad
litteram: Cosa ài veduto? (la testa) di Giambattista nel canestro? Domanda
ironica rivolta per dileggio a chi senza un acclarato, evidente, cogente
motivo si mostri con il volto segnato dal raccapriccio, dal terrore, dalla paura, dallo spavento, nonché dal ribrezzo quasi che sia reduce dalla
agghiacciante, orribile, orrenda, spaventosa, ripugnante visione di una testa mozzata. Nella fattispecie si
suppone che la testa mozzata sia quella d’ un tal Giambattista che piú precisamente
è il cugino precursore di Nostro Signore
Gesú Cristo cioè Giovanni il Battista che [come riportato nella sacra scrittura
(Vangelo di Marco 6,14-29)] fu
decapitato per ordine di Erode e gliene
fu recata la testa su di un vassoio. È di tutta evidenza che
nell’espressione in esame, per non perdere l’espressività d’ una rima la testa, in luogo d’esser mostrata su di un
vassoio, è mostrata in un canestro (in
napoletano canisto che rima acconciamente con Giambattista). Va da sé che o
vassoio o canestro non cambia la sostanza dell’orripilante visione, tale da
generare pauroso sgomento, terrore,
panico. Altrove con analoga valenza chi senza
un acclarato, evidente, cogente motivo si mostri con il volto segnato dal
raccapriccio, dal terrore viene considerato sarcasticamente
alla
medesima stregua di un
12. PULICENELLA
SPAVENTATO DÊ MMARUZZE. id est: Pulcinella spaventato dalla visione di un
secchio colmo di innocue lumache, cosí
come in una divertente farsa di Antonio Petito.
13. LEVARSE ‘E
PÀCCARE ‘A FACCIA.
Ad litteram: togliersi gli schiaffi da faccia; poiché è impossibile fare
materialmente ciò che è affermato nella locuzione,è chiaro ch’essa deve intendersi nel senso figurato di riscattarsi da un’onta subíta, lavarsene,
in una parola: vendicarsi , fieramente ricambiando il male ricevuto.
14. LEVARSE ‘O
SFIZZIO.
Ad litteram: togliersi il gusto, nel senso di
raggiungere, conquistandeselo,
l’appagamento di una intensa voglia
di un desiderio a lungo covato e
finalmente raggiunto. il termine sfizzio
(correttamente scritto in napoletano con due zeta) deriva con qualche probabilità
dal latino satis -facio e ne
conserva il sostrato di soddisfazione per raggiunger la quale occorre fare abbastanza.
Non manca però coloro
(ed io mi ci accodo) che propendono non
a torto per un’etimologia greca da un
fuxis(evasione) con tipica prostesi della S intensiva partenopea, atteso che lo
sfizio è qualcosa che eccedendo il normale si connota come un’evasione dalla
quotidianeità. 15. METTERE LL’ASSISE Ê CETRÓLE nell’espressione VA
METTENNO LL’ASSISE Ê CETRÓLE
Ad litteram: mettere il calmiere ai cetrioli nell’espressione va
ponendo il calmiere sui cetrioli.
Icastica espressione con la quale si stigmatizza il comportamento
sciocco di chi dedica il proprio tempo
ad attività inutili, pretestuose ed inconferenti quale quella di calmierare il prezzo dei cetrioli, ortaggio
che sebbene sia di largo consumo, per solito è a buon mercato e non v’è bisogno
che se ne calmieri il prezzo; per traslato, l’espressione in esame viene
riferita ad ogni attività che si riveli
inutile e per ciò stesso sciocca.
16. MIÉTTELE NOMME PENNA!
Letteralmente vale : Chiamala penna!; Cosí suole, a mo’ di
sfottò, consigliare chi vede
qualcuno prestare un oggetto a
persona che si ritiene non restituirà
mai il prestito, volendo significare: “Ài
prestato l’oggetto a quella tale persona? Ebbene, rasségnati a perderlo; non
rivedrai mai piú il tuo oggetto che,
come una piuma d’uccello è volato via!”
La piuma essendo una cosa leggera fa presto a volar via,
procurando un cattivo affare a chi à incautamente operato un prestito atteso
che spesso sparisce un oggetto prestato
a taluni che per solito non
restituiscono ciò che ànno ottenuto in prestito.
miéttele nomme letteralmente mettigli nome e cioè chiamalo
id est: ritienilo; miéttele= metti a lui, poni+gli voce verbale (2ª pers. sing. imperativo)
dell’infinito mettere=disporre,
collocare, porre con etimo dal lat. mittere
'mandare' e successivamente 'porre, mettere'; nomme = nome;
elemento linguistico che indica esseri viventi, oggetti, idee, fatti
o sentimenti; denominazione, con etimo dal lat. nomen e tipico raddoppiamento
espressivo della labiale m come avviene ad es. in ommo←hominem,
ammore←amore(m), cammisa←camisia(m)
etc.
Rammento che un tempo con la voce penna (dal lat. penna(m)
'ala' e pinna(m) 'penna, piuma', confluite in un'unica voce) a
Napoli si indicò, oltre che la piuma d’un uccello, anche una vilissima
moneta (dal valore irrisorio di mezzo e poi un ventesimo di grano. corrispondente a circa 2,1825→02,18
lire italiane) , moneta che veniva spesa facilmente,
senza alcuna remora o pentimento; tale moneta che valeva appena un sol carlino
(nap. carrino) prese il nome di penna dal fatto che su di una faccia di tale
moneta (davanti ) v’era raffigurata l’intiera scena dell’annunciazione a Maria Ss. mentre sul
rovescio v’era raffigurato il
particolare dell’arcangelo con un’ala (penna) dispiegata; ora sia che la penna in epigrafe indichi la piuma d’uccello, sia
indichi la vilissima moneta, la sostanza dell’espressione non cambia,
trattandosi di due cose: piuma o monetina che con facilità posson volar via e/o
perdersi. Brak
Nessun commento:
Posta un commento